Federica Mogherini e la Russia, di nuovo
Il capo della diplomazia europea è stata accusata (ancora) di essere troppo conciliante con il governo russo, a causa di un discusso documento circolato in settimana
Da qualche giorno diversi importanti giornali esteri hanno cominciato a occuparsi di nuovo di alcune discusse posizioni in politica estera – in particolare sulla Russia – di Federica Mogherini, già ministro degli Esteri italiano, oggi capo della diplomazia dell’Unione Europea (il suo incarico formale è “Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza”). Questa settimana Mogherini ha fatto circolare un documento di cinque pagine (PDF) sulle relazioni che l’Europa dovrebbe tenere (o cambiare) con la Russia del presidente Vladimir Putin, accusato da circa un anno di interferire pesantemente negli affari di politica interna dell’Ucraina (prima con l’annessione della Crimea e poi con la guerra nell’est del paese). Il documento è stato giudicato da alcuni troppo conciliante con la Russia e ha riaperto una vecchia polemica tra Mogherini e soprattutto i paesi dell’Europa orientale nell’UE, che sostengono invece la necessità di una posizione più dura e netta verso il governo russo.
Il documento è stato fatto circolare in vista dalla riunione con i ministri degli Esteri dei paesi membri fissata per lunedì 19 gennaio: come scrive Mogherini stessa si tratta di “food-for-thought”, cioè cose su cui ragionare, e naturalmente non posizioni imposte. Il documento sta provocando comunque molta agitazione, perché nel testo Mogherini sostiene che l’Unione Europea dovrebbe riaprire il dialogo con la Russia su diverse questioni e dovrebbe rivedere le sue politiche punitive verso il governo di Mosca, nonostante la crisi ucraina e nonostante la Russia non abbia mostrato di voler cambiare approccio rispetto al momento in cui le sanzioni furono imposte. La domanda chiave contenuta nel documento, come scrive il Financial Times, è questa:
«L’UE dovrebbe considerare di riaprire il dialogo politico adottando una visione che assicuri un atteggiamento più cooperativo con la Russia nelle maggiori sfide regionali, promuovendo gli interessi dell’Unione Europea inclusi i diritti umani?»
La domanda posta da Mogherini non è solo un tema di discussione in burocratese interno alla diplomazia europea. Nel giro di pochi mesi i paesi membri dovranno decidere cosa fare delle sanzioni contro la Russia che l’UE ha adottato a partire da un anno fa: a marzo scadrà la validità del primo giro di sanzioni e i paesi membri dovranno decidere se rinnovarle o meno (per rinnovarle ci vuole un voto all’unanimità). Altre sanzioni, più dure delle prime, scadranno a giugno e luglio. Nel frattempo l’Unione Europea deve confrontarsi con due situazioni: da una parte la grave crisi economica russa, che potrebbe spingere il governo di Mosca ad adottare un atteggiamento più cauto e cooperativo con i paesi europei per evitare altre sanzioni (ma ancora non è accaduto); dall’altro lato le resistenze della Russia a tirarsi indietro dalla guerra in Ucraina, che nonostante la tregua formale si continua a combattere nell’est del paese.
Cosa c’è e cosa si dice del documento di Mogherini
Mogherini chiede anzitutto se non sia il caso di considerare separatamente le sanzioni per l’annessione della Crimea e quelle legate alla crisi in Ucraina orientale. Le prime si riferiscono a una situazione per la quale non ci si aspetta grossi cambiamenti nel breve periodo e per questo le sanzioni dovrebbero essere rinnovate. Nel secondo caso, dice Mogherini, le sanzioni andrebbero legate al rispetto degli accordi di Minsk: gli accordi raggiunti in Bielorussia nel settembre 2014 che stabilivano alcuni criteri per far funzionare la tregua in Ucraina orientale. Quindi le sanzioni andrebbero rinnovate se la Russia non li rispetta, gradualmente tolte se la Russia comincia a rispettarli (e questo è uno dei punti discussi: una proposta definita da alcuni “troppo conciliatoria”). Riaprire il dialogo con la Russia, dice Mogherini, produrrebbe benefici in diversi campi: per esempio permetterebbe di alleggerire la pressione russa sui paesi dell’Europa orientale e tentare una cooperazione su altre questioni di politica estera (come la Siria e l’Iraq).
Il Financial Times – citando alcuni funzionari dell’UE che stanno discutendo del documento di Mogherini – dice che la versione iniziale del documento era ancora più conciliante verso la Russia rispetto a quella poi effettivamente fatta circolare. Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo ed ex primo ministro polacco, ci avrebbe messo le mani modificando in alcuni punti il testo di Mogherini. Diversi analisti dicono che in generale alcuni paesi dell’UE sono diventati più morbidi verso la Russia, rispetto a diversi mesi fa: per esempio la Francia, che all’inizio della crisi condivideva le posizioni piuttosto dure della Germania, sembra che si sia gradualmente spostata su quelle più concilianti già adottate dell’Italia. La grossa opposizione alle concessioni alla Russia continua ad arrivare dai paesi dell’Europa dell’est, che fin dall’inizio dello scorso anno hanno chiesto un maggiore intervento della NATO nella crisi ucraina.
C’è poi un’ultima questione da chiarire: da ieri circolano due notizie su Mogherini che però non sono vere. La prima riguarda un’obiezione scritta dalla giornalista polacca premio Pulitzer Anne Applebaum su Twitter: Applebaum, che è moglie dell’ex ministro degli Esteri polacco Radosław Sikorski, ha scritto che Mogherini dice di volersi opporre agli sforzi dell’UE di contrastare la propaganda russa. Nel tweet Applebaum non chiarisce se si stia riferendo al documento o un’altra circostanza: sembra comunque che si riferisse a un dibattito nel Parlamento europeo avvenuto martedì pomeriggio: Mogherini ha smentito su Twitter l’accusa: nel documento, comunque, Mogherini dice l’opposto – cioè di voler contrastare la propaganda russa. Inoltre alcuni siti – tra cui euobserver.com – hanno sostenuto in maniera non chiarissima che Mogherini ha chiesto di tornare ad avere rapporti con la Russia “come se niente fosse”. Anche in questo caso il documento dice l’opposto.
@anneapplebaum Never said anything like that!
— Federica Mogherini (@FedericaMog) January 14, 2015
Il “realismo” di Mogherini in politica estera
Prima di diventare capo della diplomazia europea, Mogherini è stata ministro degli Esteri del governo di Matteo Renzi (da febbraio a ottobre del 2014). Già prima della sua nomina ad Alto rappresentante diversi paesi si erano opposti alla candidatura di Mogherini, che era giudicata – oltre che inesperta – con posizioni vicine alla Russia. In una intervista al Foglio dell’aprile 2014, l’allora ministro degli Esteri Mogherini aveva parlato di alcune sue posizioni di politica estera: sulla questione ucraina, per esempio, Mogherini disse che “non si può ragionare solo parlando di buoni o cattivi”; sulla possibile soluzione della guerra civile in Siria disse che “bisogna coinvolgere ufficialmente l’Iran”, che è considerato nemico dell’Occidente e in particolare degli Stati Uniti. Il Foglio sintetizzava questa posizione scrivendo: «ieri la Farnesina [il ministero degli Esteri, ndr] si muoveva con passo tecnico, oggi alla Farnesina ci si muove con passo politico». Già allora Mogherini credeva che fosse necessario investire “sull’interesse comune degli interlocutori coinvolti”, “con lungimiranza e con un atteggiamento cooperativo”: solo così si ottiene qualcosa e le crisi rientrano.
Le posizioni di Mogherini, che si riflettono anche oggi sul suo approccio alle crisi internazionali da capo della diplomazia europea, si possono definire “realiste”. Mogherini sembra privilegiare l’opportunità politica alle valutazioni etiche, nel momento in cui esiste una possibilità di avere una situazione di “win-win” tra i vari partecipanti alla crisi: una situazione in cui a ottenere qualcosa sono un po’ tutti – basta che si ottenga qualcosa – e non ci sono “cappotti”, diciamo. Già da ministro degli Esteri, Mogherini aveva espresso posizioni piuttosto chiare su cosa fare con la Russia secondo lei: aveva detto al Foglio che Putin non andava combattuto ma convinto a dialogare, perché ogni strategia punitiva – comprese le sanzioni, “se utilizzate come unico strumento” – va considerata un passo indietro. Nella stessa intervista, comunque, Mogherini si era espressa chiaramente contro l’atteggiamento aggressivo della Russia, dicendo che il cambiamento dei confini sulla base di ragioni etnico-linguistiche è un precedente grave; altri fanno notare comunque che le sanzioni sono proprio un mezzo per convincere Putin a trattare, specie considerate le gravi conseguenze che stanno avendo sull’economia russa.
Nella foto: il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, e l’allora ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini, a Mosca il 9 luglio 2014. (AP Photo/Alexander Zemlianichenko)