Cosa è successo sulla Stazione Spaziale Internazionale
Per diverse ore gli astronauti sono rimasti in isolamento nella parte russa della ISS per una fuga di sostanze pericolose nell'aria, ma pare fosse un falso allarme
Nella mattina di mercoledì 14 gennaio gli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) hanno dovuto abbandonare la sezione statunitense e spostarsi nella parte di proprietà dell’agenzia spaziale russa per un allarme dato dai sistemi di bordo, che segnalavano la presenza nell’aria di sostanze potenzialmente tossiche. Dopo avere trascorso diverse ore in isolamento nella parte russa, in orbita a 400 chilometri dalla Terra, gli astronauti sono potuti tornare nella sezione statunitense della ISS. Tutti i membri dell’equipaggio stanno bene e sono ancora in corso verifiche su che cosa sia andato storto e abbia causato un probabile falso allarme.
Isolamento
Al momento dell’evacuazione nell’area dove si è verificata l’emergenza erano presenti gli astronauti Barry Wilmore, Terry Virts e l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti. Il centro di comando sulla Terra ha chiesto ai tre di indossare le loro maschere protettive e di spostarsi rapidamente nella sezione russa, chiudendosi alle spalle il portello che mette in comunicazione le due parti della ISS, in modo da contenere l’eventuale fuga di sostanze tossiche.
Fino al momento dell’allarme dato dai sistemi di bordo, gli astronauti non avevano rilevato nulla di strano né percepito qualcosa di anomalo nell’aria che stavano respirando. Mentre hanno iniziato il loro spostamento nella parte russa della ISS, i computer di bordo hanno disattivato uno dei vari sistemi che regolano la temperatura sulla Stazione, considerato la probabile fonte della contaminazione.
Verifiche
Nelle ore seguenti, mentre gli astronauti erano al sicuro, sulla Terra sono state effettuate numerose verifiche sui dati inviati dai rilevatori di bordo per capire se a bordo ci fosse stata effettivamente una fuga di sostanze pericolose. Le analisi hanno permesso di identificare un difetto in un sistema, che dopo essere stato spento e riattivato ha smesso di segnalare l’anomalia che aveva portato all’allarme per una possibile contaminazione dell’aria.
Rientro
Dopo diverse ore, il centro di controllo ha permesso agli astronauti di tornare nella sezione dove si era verificato l’allarme, mantenendo comunque le maschere di protezione. Sono state eseguite ulteriori verifiche sulla qualità dell’aria e non è stata rilevata la presenza di ammoniaca. I controlli proseguiranno nella giornata di oggi per assicurarsi che tutto proceda normalmente: per ora non ci sono indicazioni di particolari pericoli.
Sicurezza
Ogni minima segnalazione di qualche anomalia nei sistemi che sulla ISS garantiscono la sopravvivenza degli astronauti viene presa molto seriamente dal centro di controllo a Terra, ed è naturalmente un bene che sia così: in orbita a circa 400 chilometri di distanza dal suolo, chiusi sigillati in un’enorme serie di moduli uniti tra loro come dei LEGO e col vuoto intorno, non ci si può permettere il minimo errore. A bordo della Stazione ci sono centinaia di sensori che verificano costantemente le condizioni dell’aria che respirano gli astronauti, regolando la percentuale di ossigeno e il ritmo di depurazione dall’anidride carbonica che producono respirando. I sistemi di analisi e di purificazione sono ridondanti, ce ne sono cioè più di uno che fanno praticamente le stesse cose: in questo modo nel caso di un malfunzionamento si può fare affidamento sul sistema gemello.
Nella loro lunga fase di addestramento prima di partite per la Stazione Spaziale Internazionale, gli astronauti eseguono diverse simulazioni per imparare come ci si deve comportare nel caso di un’emergenza legata alla contaminazione dell’aria. Una fuga di ammoniaca è il pericolo più probabile, perché la sostanza è presente nei sistemi di regolazione della temperatura a bordo. Nel 2013 sulla ISS si verificò proprio un problema con l’ammoniaca, che fu fortunatamente risolto con qualche ora di manutenzione straordinaria.
Il racconto di Cristoforetti
Samantha Cristoforetti aveva raccontato efficacemente come funziona un’emergenza nel caso di fuga di ammoniaca, con moltissime analogie con l’evacuazione di ieri:
Visto che l’ammoniaca è altamente tossica, la prima azione è indossare una maschera a ossigeno. Lungo tutta la ISS abbiamo almeno una maschera, spesso due, in ogni modulo, pronta per essere utilizzata. Le maschere del segmento USA hanno un piccolo serbatoio contenente una riserva di 7 minuti di ossigeno. Potrebbe non sembrare molto, ma queste maschere vengono usate solo per la risposta iniziale, come vedrete.
Con le maschere indossate, quelli di noi che erano nel segmento USOS (moduli USA più Columbus e JEM) si sono spostati rapidamente a poppa verso il segmento russo—non solo perché i nostri veicoli Soyuz sono agganciati lì, ma anche per una importante differenza di progettazione: non ci sono condutture dell’ammoniaca nel segmento russo.
Assicurandoci di sapere dove si trovano tutti e sei i membri dell’equipaggio, chiudiamo il portello del Nodo 1, isolandoci così dal segmento USOS e dalla fonte della perdita. A quel punto ci liberiamo dello strato esterno di indumenti, potenzialmente contaminati, e li lasciamo nel PMA, il piccolo elemento adattatore fra il segmento USOS e quello russo, chiudendo il portello di poppa del PMA mentre ci ritiriamo verso il modulo russo FGB.
È il momento di recuperare le nostre maschere con respiratore e montarci sopra le cartucce rosa con i filtri per l’ammoniaca. Il passaggio dalle maschere O2 ai respiratori per l’ammoniaca deve essere fatto molto velocemente e attentamente, visto che non sappiamo quale sia la concentrazione dell’ammoniaca nell’atmosfera del segmento russo. Presupponendo che l’atmosfera contaminata, teniamo gli occhi chiusi e tratteniamo il respiro mentre togliamo le maschere O2. Una volta indossati i respiratori, facciamo un certo numero di respiri di purificazione per liberarci dell’eventuale ammoniaca all’interno del cappuccio. Solo allora riapriamo gli occhi.
Dopo che ciascuno è passato in sicurezza al respiratore, è tempo di capire quanta ammoniaca abbiamo nell’atmosfera del segmento russo. Per quello disponiamo di un sistema di misura con chip dedicato. Nello scenario peggiore, il segmento russo è contaminato a un livello tale che dobbiamo evacuare la stazione. Se la concentrazione dell’ammoniaca non è così alta, possiamo filtrare l’aria attraverso le nostre cartucce respiratore attraverso la respirazione. Poi rimaniamo per diverse ore, fino a quando le misure mostrano un’atmosfera sicura. Nel caso fortunato in cui l’aria nel segmento russo non fosse stata contaminata, potremmo togliere le maschere e respirare normalmente. Sicura, di certo, ma con il segmento USOS perduto, almeno per il momento.
Evacuazione
NASA, Agenzia Spaziale Europea e diverse altre istituzioni coinvolte nella gestione della ISS hanno pubblicato costanti aggiornamenti sulle condizioni a bordo, con messaggi rassicuranti sui social network per quanto riguarda la salute degli astronauti. La stessa Samantha Cristoforetti ha inviato un tweet per informare sulle condizioni dell’equipaggio:
(IT) Grazie a tutti, stiamo tutti bene qui nel segmento russo e siamo al sicuro. Per aggiornamenti seguite @NASA e @Space_Station
— Sam Cristoforetti (@AstroSamantha) January 14, 2015
Nel caso di una crisi irrisolvibile, la misura di sicurezza estrema prevede l’evacuazione della Stazione Spaziale Internazionale attraverso le Soyuz, le capsule spaziali russe che sono utilizzate dagli astronauti per raggiungere la ISS e per tornare sulla Terra quando la loro missione è finita. Dopo l’arrivo sulla Stazione, le Soyuz restano attraccate per tutto il tempo della missione, quindi possono essere usate in qualsiasi momento per abbandonare la ISS e tornare sulla Terra. La Stazione Spaziale Internazionale è abitata da sei astronauti, con missioni sfalsate in modo che almeno tre persone siano sempre a bordo: le Soyuz attraccate alla ISS per il ritorno sulla Terra sono quindi due e ognuna può trasportare tre astronauti. Nella storia della Stazione Spaziale Internazionale non si è mai resa necessaria un’evacuazione di emergenza.
Foto: Samantha Cristoforetti durante una delle simulazioni a Terra per affrontare una fuga di ammoniaca – (ESA/S.Corvaja)