In Grecia si vota tra 10 giorni
Manca poco a un voto che riguarda un po' tutti, soprattutto in Europa: le cose da sapere
Il prossimo 25 gennaio in Grecia si voterà per il rinnovo del Parlamento. Si tratta di elezioni anticipate dopo che – come prevede la Costituzione – lo scorso 29 dicembre anche il terzo tentativo per eleggere il nuovo presidente della Repubblica era andato a vuoto. Alexis Tsipras, leader del partito di estrema sinistra Syriza, continua a essere considerato il favorito per la vittoria; ma i consensi che gli attribuiscono i sondaggi in questi giorni non gli permetterebbero di formare un governo senza fare delle alleanze.
I sondaggi
I sondaggi mostrano da tempo tre cose: il vantaggio di Syriza sugli altri partiti; il maggior gradimento dell’opinione pubblica dell’attuale primo ministro Antonis Samaras rispetto a Alexis Tsipras; la concentrazione dei voti sui due principali partiti (Syriza e Nea Dimokratia, il partito di centrodestra di Samaras che ha governato negli ultimi anni la Grecia) rispetto agli altri, che sono ai loro minimi storici.
Uno degli ultimi sondaggi disponibili è stato condotto dall’istituto Rass tra l’11 e il 12 gennaio: le intenzioni di voto dei greci mostrano che Syriza è al 30,2 per cento, in vantaggio di tre punti percentuali su Nea Dimokratia al 27,2. To Potami (nuova formazione politica creata da un giornalista televisivo di successo e che raccoglie gli scontenti dei vecchi partiti tradizionali) è al 5,8; Alba Dorata (partito neofascista i cui leader sono in carcere in attesa di processo) è al 4,8 e i comunisti del KKE al 4,4; il PASOK (il partito socialista del vicepremier Evangelos Venizelos che fa parte della maggioranza al governo) è al 3,6; ANEL (Greci indipendenti), il partito populista di destra contro l’austerità guidato da Panos Kamenos, è al 2,7; il Movimento dei socialisti democratici di George Papandreou (nuovo progetto politico fondato dall’ex primo ministro socialista con una scissione del PASOK) è al 2,3; altri partiti minori raccolgono complessivamente il 3,8 e gli indecisi sono il 13,2. Lo scenario politico è quindi molto frammentato.
Dallo stesso sondaggio risulta un altro dato interessante. La domanda era: se Tsipras vincesse le elezioni come cambierebbero i negoziati e i rapporti con l’Unione Europea? Risulta che il 34,2 per cento abbia risposto “come adesso”, il 30,8 “in meglio”, il 29,8 “in peggio”. Insomma tre percentuali molto simili.
Per quanto riguarda il gradimento dei vari leader:
Di cosa si parla in campagna elettorale
La campagna elettorale è di fatto iniziata la scorsa settimana, dopo che i diversi partiti hanno concluso la composizione delle liste elettorali. In Grecia tradizionalmente i partiti non pubblicano programmi politici dettagliati ma le informazioni ai cittadini e ai media vengono date attraverso le interviste, i discorsi pubblici, i dibattiti televisivi e gli spot pubblicitari dei diversi leader. Ci sono due principali questioni che circolano sulla stampa greca a proposito della campagna elettorale: l’uso e il nuovo ruolo dei social media in queste ultime elezioni e il fatto che circa 100 mila nuovi elettori (le persone che hanno compiuto da poco diciotto anni e che secondo la legge greca hanno il diritto di voto) non sono ancora stati aggiunti ai registri elettorali da parte del ministero dell’Interno. C’è dunque il rischio che si vedano negare un diritto fondamentale e che la loro assenza abbia un impatto piuttosto rilevante anche sul risultato finale, visto che la maggior parte dei voti è concentrata su due partiti: 100 mila voti in più o in meno potrebbero influire sulla rappresentanza e i nuovi equilibri in Parlamento.
Alexis Tsipras ha aperto la campagna elettorale all’inizio di gennaio in uno stadio di Atene insieme con migliaia di militanti del partito: si trattava del cosiddetto “Congresso permanente di Syriza”, una grande riunione con i delegati dell’ultimo congresso del partito. Tsipras ha detto:
«Compagni e compagne, in questa sede non è solo attesa l’aspettativa della Grecia. È diffusa anche la speranza che l’Europa democratica ripone nel cambiamento. Perché il prossimo 25 gennaio sulla Grecia si basa anche l’Europa democratica. Si appoggia la maggioranza sociale che si contrappone all’austerità e che comprende come per l’Europa il vero pericolo non sia costituito dalla sinistra, ma dalla politica della Merkel, dal neoliberismo e dalle sue conseguenze; dal divario economico tra nord e sud, dall’aumento della disoccupazione e dal deterioramento di ampi strati sociali e della classe media. Dall’ascesa dell’estrema destra populista e fascista. Il 25 gennaio il necessario cambiamento in Europa inizia da qui, dalla Grecia. E la nostra vittoria elettorale anticiperà anche la vittoria del popolo spagnolo, alle elezioni verso la fine del 2015, con Podemos e Izquierda Unida al governo. E l’anno dopo anche del popolo irlandese con il Sinn Fein di Gerry Adams. E poco a poco sarà sempre una possibilità concreta per tanti ancora. Il popolo greco con il suo voto a Syriza farà della Grecia l’esempio positivo degli sviluppi progressisti in Europa».
Tsipras fin qui ha fatto campagna elettorale soprattutto online; ha dato la sua prima intervista televisiva solo all’inizio di questa settimana. Ha detto che Syriza non ha intenzione di aumentare le tasse e vuole incrementare le entrate attraverso il controllo dell’evasione fiscale; ha detto che il programma economico del partito – che era stato presentato a Salonicco lo scorso settembre – sarà «attuato senza negoziazione», compresa la delicata questione della proposta rinegoziazione del debito greco nei confronti dell’Unione Europea, del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Centrale Europea. Ha escluso la possibilità che parte del debito possa essere riscosso tramite pignoramenti – «Nessuna casa finirà nelle mani dei banchieri» – ma ha evitato di prendere una posizione netta sulle adozioni per le coppie gay e sul rapporto tra lo stato greco e la chiesa ortodossa. Sull’immigrazione Tsipras ha detto che i paesi europei dovrebbero condividere la responsabilità e affrontare il problema insieme.
Tsipras ha infine parlato di sanità pubblica dicendo che sono necessari dei miglioramenti e impegnandosi ad assumere più medici e infermieri. Negli ultimi anni solo ad Atene hanno chiuso otto ospedali; la spesa pubblica per la sanità in Grecia è stata ridotta del 25 per cento tra il 2008 e il 2012. Questo ha portato a forme di autorganizzazione sociale molto estese: è il caso per esempio di Solidarity4all, una rete indipendente – ma che Syriza ha finanziato e appoggiato – che ha aperto circa 400 strutture in tutta la Grecia tra cliniche, farmacie sociali, mense, mercati che noi chiameremmo “a chilometro zero” e spazi per il sostegno scolastico.
La campagna elettorale di Samaras è stata organizzata finora soprattutto attraverso la televisione. Samaras e il suo partito hanno puntato tutto sulla questione della stabilità del paese e sul fatto che il governo greco ha oggi il sostegno della comunità internazionale; insistono sul fatto che le assunzioni sono state, negli ultimi quattro mesi, superiori ai licenziamenti – e quindi sul fatto che i primi risultati dell’austerità si comincino a vedere – e sul fatto che un’eventuale vittoria di Syriza potrebbe portare la Grecia nel caos.
Il primo ministro conservatore spagnolo Mariano Rajoy ieri è stato ad Atene e ha incontrato Samaras. Durante la conferenza stampa successiva all’incontro, Rajoy ha detto varie volte di essere preoccupato dal risultato delle elezioni perché potrebbe condizionare la stabilità dei mercati internazionali. «Sono qui per sostenere una serie di politiche dure, difficili e complesse. Ma queste politiche sono state necessarie, indispensabili, e hanno dato i loro frutti. Ancora più importante, queste politiche sono una solida garanzia per il futuro».
Alleanze
La questione delle future alleanze sta diventando sempre più centrale: il dibattito insomma si sta spostando, come scrive l’Economist, da quanti consensi possa o no recuperare Samaras negli ultimi giorni a quali partiti potrebbero far parte della coalizione di Syriza dopo la sua vittoria. «La scelta potrebbe essere più difficile di quanto sembri», dice sempre l’Economist.
Il sistema elettorale della Grecia è proporzionale e il Parlamento ha una camera sola composta da 300 membri: è previsto un premio di maggioranza e una soglia di sbarramento fissata al 3 per cento calcolata per tutti i partiti a livello nazionale. Al partito (non alla coalizione) che a livello nazionale raccoglie più voti viene assegnato un premio di maggioranza di 50 seggi, grazie al quale è possibile ottenere la maggioranza assoluta (151 seggi su 300) con circa il 40,5 per cento dei voti. Questo significa che avere la maggioranza relativa non è sufficiente per governare: il partito che dovesse vincere senza ottenere almeno il 40 per cento dei voti sarebbe costretto a fare delle alleanze. Se non si dovesse riuscire a formare una coalizione in grado di controllare la maggioranza dei seggi, si dovrebbe tornare subito a nuove elezioni: è quello che è successo nel 2012, quando si votò sia a maggio che a giugno.
Almeno quattro piccoli partiti dovrebbero superare la soglia del 3 per cento. Alba Dorata, il partito comunista greco (KKE), To Potami e il Pasok. Un’alleanza tra la sinistra di Syriza e i neonazisti di Alba Dorata è considerata impossibile; nonostante sulla carta sia meno incomprensibile, anche la collaborazione con i comunisti del KKE è considerata molto improbabile e da escludere. Stavros Théodorakis, di To Potami, si è invece dichiarato favorevole a cooperare con un governo guidato da Syriza. Anche il Pasok di Evangelos Venizelos era dato come possibile alleato di Tsipras (nonostante Venizelos si sia detto piuttosto cauto, su questo).
Il ritorno dell’ex primo ministro Papandreou ha cambiato la situazione: il suo nuovo partito (Movimento dei socialisti democratici) nei sondaggi è dato sotto la soglia di sbarramento ma secondo diversi analisti politici potrebbe guadagnare velocemente consensi, prendendosi un pezzo degli elettori storici del Pasok. Le principali conseguenze sarebbero due: togliere voti al Pasok compromettendone l’entrata in Parlamento, trasformare Papandreou – e non più Venizelos – nel nuovo “ago della bilancia” della nuova coalizione guidata da Syriza. I rapporti tra l’attuale leader del Pasok, Venizelos, e l’ex leader Papandreou sono piuttosto tesi. Negli ultimi giorni ci sono state diverse accuse: Papandreou ha detto che una parte del Pasok ha lavorato contro di lui quando era primo ministro e che «la gente ne è pienamente consapevole», Venizelos ha accusato Papandreou di aver abbandonato il suo vecchio partito lasciandolo con il peso di una serie di indagini ancora in corso e di debiti finanziari.
Nel frattempo?
Nel frattempo, e in attesa di sapere l’esito delle elezioni, la situazione è piuttosto bloccata. Le trattative con la cosiddetta “troika” (Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale) hanno rallentato e i greci, dal giorno della mancata elezione del presidente della Repubblica e del conseguente scioglimento del Parlamento, hanno cominciato a ritardare i pagamenti delle imposte. Martedì 14 gennaio il ministero dell’Economia greco ha annunciato che l’avanzo primario (cioè la differenza tra le entrate e le uscite, esclusi gli interessi da pagare sul debito) nel 2014 è stato di 1,9 miliardi di euro. La cifra è decisamente inferiore all’obiettivo che era stato fissato con i creditori internazionali, cioè 4,9 miliardi. Le ragioni sono i ritardi dei versamenti da parte della Banca Centrale Europea ma anche quelli degli incassi dei tributi: si stima che oltre un terzo delle famiglie greche viva sotto la soglia di povertà.