I Kouachi, Coulibaly e gli altri
Secondo fonti della polizia francese ci potrebbero essere altre sei persone in libertà appartenenti a una cellula terroristica riconducibile agli attacchi a Parigi
A quattro giorni dall’uccisione dei fratelli Kouachi e di Amedy Coulibaly, rispettivamente i responsabili della strage a Charlie Hebdo e dell’uccisione di una poliziotta a Parigi e di 4 persone durante il sequestro a Porte de Vincennes, fonti della polizia francese hanno confermato ad Associated Press che in Francia potrebbero esserci fino a sei persone appartenenti a una cellula terroristica ancora attiva. Una di queste potrebbe essere un uomo visto alla guida di un’automobile registrata a nome di Hayat Boumeddiene, la compagna di Coulibaly ancora ricercata dalle autorità francesi e che si pensa abbia trovato rifugio in Siria lo scorso 8 gennaio, quindi prima dei fatti di Porte de Vincennes. L’automobile, una Mini Cooper, non è ancora stata trovata; la sua ricerca sta coinvolgendo numerosi agenti a Parigi e nell’area intorno alla città, dicono sempre le fonti consultate da Associated Press.
La cellula terroristica
Le informazioni sulla cellula terroristica disponibili per ora sono ancora generiche. Sembra che inizialmente fosse formata da una decina di persone e che “cinque o sei di queste possano essere ancora latitanti” ha detto un funzionario di polizia ad Associated Press, senza indicare i nomi degli individui che potrebbero essere coinvolti. Un altro funzionario ha invece detto che la cellula era probabilmente costituita da non più di otto persone, compresa Boumeddiene. Uno dei membri del gruppo terroristico sarebbe l’uomo visto alla guida della Mini Cooper nei dintorni di Parigi negli ultimi giorni, ma non è chiaro quale ruolo possa avere all’interno della cellula questa persona e se possa costituire oggettivamente un pericolo per la sicurezza nazionale.
Associated Press ha chiesto conferme sulle informazioni ricevute, in forma anonima, dai funzionari di polizia che ha consultato, ma il ministero dell’Interno francese ha preferito non commentare la notizia. Dopo i fatti di venerdì, il primo ministro Manuel Valls aveva spiegato che la ricerca di altre persone potenzialmente coinvolte nelle attività criminali portate avanti dai Kouachi e da Coulibaly era e continua a essere una priorità, ricordando che “la minaccia è ancora presente”. Valls non aveva escluso la possibilità che ci potessero essere altri complici ancora in libertà.
Dov’è Hayat Boumeddiene
Alcune telecamere di sicurezza avrebbero ripreso Hayat Boumeddiene in Turchia insieme a un compagno di viaggio e, secondo le autorità turche, l’8 gennaio avrebbe passato il confine entrando in Siria. Se la ricostruzione dei suoi spostamenti è accurata, significa che Boumeddiene non si trovava più in Francia il giorno in cui Coulibaly uccise l’agente di polizia prima di uccidere quattro persone e tenerne sotto sequestro altre all’interno di un supermarket a Porte de Vincennes.
Una foto di Hayat Boumeddiene al checkpoint dell’aeroporto Sabiha Gökçen, in Turchia, 2 gennaio 2015.
(REUTERS/Haberturk Newspaper via Reuters TV)
Stando ai media turchi, Boumeddiene sarebbe arrivata in Turchia il 2 gennaio all’aeroporto internazionale di Istanbul-Sabiha Gökçen. Le autorità avrebbero poi ricostruito i suoi spostamenti, scoprendo che sarebbe rimasta con un’altra persona in un albergo di Istanbul per un paio di giorni, allontanandosi poi dalla città per raggiungerne una più piccola al confine tra la Turchia e la Siria. Avevano entrambi un biglietto aereo di ritorno, verso Madrid, per il 9 gennaio che non risulta essere stato utilizzato.
Nelle ultime settimane diversi paesi, a partire dalla Germania, hanno criticato il governo turco accusandolo di non esercitare controlli sufficientemente approfonditi sulle persone che attraversano il confine tra Turchia e Siria. In più occasioni è stato chiesto di verificare con più attenzione l’identità e gli eventuali precedenti di chi entra in territorio siriano o arriva in quello turco, in modo da evitare che ci possano essere sconfinamenti da parte di persone sospette di terrorismo. Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan respinge da tempo questo tipo di critiche e, dopo i fatti di Parigi, ha chiesto polemicamente perché gli autori degli attacchi non fossero tenuti sotto controllo dalla polizia, considerato che avevano alcuni precedenti.
I fratelli Kouachi e Coulibaly
Da mercoledì scorso, il giorno dell’assalto alla redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo in cui sono state uccise 12 persone, l’intelligence francese è al lavoro per ricostruire la vita dei fratelli Kouachi e di Coulibaly. Secondo alcuni testimoni i Kouachi avrebbero detto di appartenere alla divisione yemenita di al Qaida, mentre Coulibaly aveva detto di essere solidale con lo Stato Islamico e di essersi coordinato direttamente con gli autori della strage a Charlie Hebdo.
Stando alle ricostruzioni effettuate fino a ora, Coulibaly conosceva Cherif Kouachi – uno dei due fratelli – almeno dal 2005, anno in cui si erano incontrati in carcere. Cherif Kouachi era stato accusato, insieme ad altre persone, di avere partecipato a una rete jihadista che si occupava di inviare miliziani per la lotta contro i soldati statunitensi in Iraq. Said Kouachi, l’altro fratello, avrebbe invece ricevuto il suo addestramento in un campo di al Qaida nello Yemen.
Il New York Times ha raccolto altri dettagli soprattutto sulla vita di Cherif Kouachi e di Coulibaly prima dei fatti della scorsa settimana. La loro storia sarebbe iniziata all’interno del gruppo Buttes-Chaumont, chiamato così dalla polizia francese per indicare un gruppo di persone di origini arabe che si incontravano regolarmente nel parco Buttes-Chaumont, nella zona nord-est di Parigi e che avevano tra i loro punti di riferimento un uomo che più volte aveva rivendicato l’importanza del jihad. Il gruppo non era considerato molto pericoloso dalle autorità francesi, ma a distanza di anni ora si sa che ne fecero parte diverse persone diventate una minaccia per la sicurezza della Francia e non solo.
Nel 2005 una prima operazione di polizia portò allo smantellamento del gruppo originario di Buttes-Chaumont. Cherif Kouachi nel 2005, quindi mentre era in carcere, entrò in contatto con le idee radicali di un franco-algerino, accusato di avere organizzato un attacco esplosivo contro l’ambasciata degli Stati Uniti nel 2001. Nello stesso periodo Cherif Kouachi conobbe Coulibaly e, stando agli avvocati che si erano occupati del suo caso, nel 2008 Kouachi era molto più radicalizzato rispetto a tre anni prima, quando era stato arrestato.
Prima dell’arresto, Cherif Kouachi aveva conosciuto, sempre nella zona di Buttes-Chaumont, Farid Benyettou, un inserviente franco-algerino nato nel 1981 e con legami con alcune persone accusate di terrorismo per avere progettato un attacco contro i Mondiali di calcio del 1998 in Francia. Benyettou si era autoproclamato imam, sembra che fosse molto carismatico e che esercitasse una notevole influenza su chi aveva deciso di seguirlo, Cherif Kouachi compreso. Nel 2004 Benyettou aveva iniziato a criticare duramente l’intervento militare degli Stati Uniti in Iraq, invitando i giovani francesi di origini arabe a raggiungere il confine iracheno per combattere contro i soldati statunitensi.
Alcune persone coinvolte o vicine al gruppo Buttes-Chaumont partirono per l’Iraq e diverse di queste morirono combattendo. Cherif Kouachi fu arrestato dalle autorità francesi nel 2005 poco prima della sua partenza con un amico d’infanzia. Tre anni dopo Benyettou fu condannato a sei anni di carcere, mentre Cherif Kouachi e il suo amico furono scarcerati perché la pena non superava gli anni che i due avevano già trascorso in carcere in attesa di giudizio. Durante il processo, Benyettou aveva riferito che Kouachi aveva espresso in più occasioni il suo odio antisemita e che diceva di volere “bruciare sinagoghe”, “saccheggiare negozi di ebrei a Parigi” e terrorizzare la popolazione ebraica. Disse anche di essere riuscito a dissuaderlo, ricordandogli che la guerra santa si stava combattendo in Iraq e non in Francia, e che per questo sarebbe dovuto partire.
Stando alle carte del processo e alla ricostruzione del New York Times, Cherif Kouachi ammise di avere progettato la sua partenza per l’Iraq per combattere la guerra ma negò di essere antisemita. Ammise di avere detto alcune cose contro gli ebrei, ma per fare lo spaccone; disse di non avere mai creduto fino in fondo a quel tipo di cose. In aula si rifiutò di alzarsi in piedi davanti al giudice, perché era una donna e perché rappresentava la giustizia francese, verso cui evidentemente non aveva molto rispetto.
È probabile che Cherif Kouachi avesse ricevuto parte della propria formazione da islamista militante nel periodo della sua incarcerazione. Conobbe Djamel Beghal, un jihadista franco-algerino attraverso il quale entrò in contatto con Coulibaly. Beghal fu liberato nel 2009 e rimase sorvegliato dalla polizia, cosa che permise di scoprire che in più occasioni Cherif Kouachi e Coulibaly gli avevano fatto visita per portargli denaro, cibo e vestiti. Coulibaly l’anno seguente entrò a far parte del vecchio gruppo di Buttes-Chaumont. La polizia tornò a occuparsene poco dopo, quando fu scoperto grazie ad alcune intercettazioni ambientali un piano per liberare dal carcere un jihadista coinvolto in un attentato alla metropolitana di Parigi nel 1995. Coulibaly era tra gli accusati, Kouachi fu collegato alla vicenda, ma non si trovarono prove a sufficienza per incriminarlo. Coulibaly in quel caso era stato incaricato di procurarsi le armi per eseguire l’assalto. Fu incarcerato e tornò in libertà lo scorso anno.