I social media durante un attentato
Quello che le persone scrivevano su Facebook e Twitter durante gli attacchi di Parigi ha complicato le operazioni di polizia? Sta diventando una questione ricorrente
Tra mercoledì 7 e venerdì 9 gennaio, milioni di persone in tutto il mondo hanno seguito le notizie sull’assalto alla redazione del settimanale satirico francese Charlie Hebdo, a Parigi, e sulla ricerca degli assalitori nei dintorni della città fino al loro ritrovamento e alla loro uccisione, insieme con l’autore di un sequestro in un supermarket kosher parigino di Porte de Vincennes. Alle informazioni date da fonti più tradizionali, come le tv e i siti di news, si sono aggiunte le notizie comunicate direttamente sui social network da chi si trovava – spesso per caso – nei paraggi dei luoghi in cui sono avvenuti gli attacchi e i sequestri. Nelle ore dopo il primo assalto sono state diffuse informazioni di ogni tipo tramite Twitter, Facebook e YouTube: in alcuni casi sbagliate, in altri talmente sul punto e precise da costituire un pericolo per la polizia e chi stava cercando di gestire la situazione.
Come segnala il Wall Street Journal, la rapida diffusione di informazioni tramite i social network durante emergenze come la ricerca di criminali molto pericolosi sta diventando un problema che le forze di polizia devono affrontare sempre più di frequente, e che porta spesso alla censura temporanea di alcuni contenuti per non danneggiare le operazioni in corso. Poco dopo che si era diffusa la notizia del sequestro a Porte de Vincennes venerdì scorso, per esempio, la zona del supermarket è stata raggiunta da decine di televisioni e di curiosi che con i loro smartphone hanno scattato foto e video nei pressi del negozio. La polizia è dovuta intervenire creando un’area di sicurezza intorno al supermarket molto ampia e ordinando a tutte le televisioni di non diffondere alcuna immagine in diretta delle attività di polizia, perché Amedy Coulibaly – il sequestratore all’interno del negozio – avrebbe potuto ottenere informazioni importanti su che cosa stava accadendo all’esterno.
Il portavoce del ministro degli Interni francese ha spiegato che “i criminali possono facilmente accendere la tv o leggere i social network per sapere esattamente che intenzioni abbiamo. È un problema che si fa sentire sempre di più”. Le televisioni sono relativamente più facili da tenere sotto controllo in eventi come i fatti di Parigi, ma sui social network impedire che alcune informazioni siano diffuse in tempo reale è praticamente impossibile, come testimonia anche la vicenda del video dell’uccisione di Ahmed Merabet, l’agente di polizia ucciso brutalmente dagli assalitori di Charlie Hebdo su un marciapiede mentre stavano scappando. Quel video è circolato moltissimo online e anche dopo essere stato rimosso una prima volta era ormai stato copiato e ripubblicato centinaia di volte sui social media.
Uno dei giornalisti dell’emittente francese BFM TV ha spiegato al Wall Street Journal che in certe situazioni “è molto difficile: dobbiamo muoverci velocemente, ma rischiamo di compromettere le indagini? Rischiamo di essere manipolati? Sono domande che ci facciamo di continuo”. BFM TV venerdì aveva tra le mani lo scoop della giornata: gli assalitori di Charlie Hebdo, i fratelli Kouachi, e Coulibaly si erano messi in contatto telefonico con i suoi giornalisti durante i loro rispettivi sequestri a Dammartin-en-Goële e a Porte de Vincennes. Avevano spiegato brevemente chi erano, le ragioni per cui avevano condotto gli attacchi e le loro richieste.
I giornalisti di BFM TV avrebbero potuto diffondere le registrazioni delle telefonate in esclusiva prima di tutti, mentre le operazioni di polizia erano ancora in corso, ma saggiamente hanno preferito avvisare la polizia e collaborare dando informazioni e dettagli su ciò che avevano appreso. Le telefonate sono state diffuse solo a operazioni concluse, quando gli ostaggi vivi erano ormai in salvo e i tre autori dei sequestri erano stati uccisi dalle forze speciali.
Sui social network la vicenda è stata seguita in modo più caotico e di conseguenza più difficile da tenere sotto controllo. Mercoledì sera, per esempio, a poche ore dall’assalto a Charlie Hebdo in cui erano state uccise 12 persone, molti hanno pubblicato notizie su possibili avvistamenti dei due fratelli Kouachi a nord-est di Parigi verso Reims. In breve tempo nella zona sono arrivati i media con giornalisti, telecamere e fotografi, cosa che non si esclude possa avere compromesso parte delle ricerche dei due sospetti, che avrebbero cambiato il loro piano di fuga. In seguito alla fallita operazione nei paraggi di Reims, giovedì mattina il primo ministro francese Manuel Valls ha invitato i media e non solo a essere “più prudenti” nel diffondere notizie sulla ricerca degli assalitori.
Lo schema si è però ripetuto con modalità molto simili nella mattina del giorno seguente, venerdì, quando attraverso i social network e alcuni media locali si è diffusa la notizia che i Kouachi si fossero nascosti all’interno di uno stabilimento industriale a Dammartin-en-Goële, forse trattenendo un ostaggio. In meno di un’ora sul posto sono arrivate le televisioni, che hanno puntato le loro telecamere verso il capannone diventato il nascondiglio dei Kouachi. Poche ore dopo è avvenuta la stessa cosa a Porte de Vincennes.
Il timore delle autorità francesi era che i sequestratori potessero ottenere informazioni importanti sulle attività di polizia intorno a loro semplicemente accendendo la televisione, o consultando con uno smartphone i social network e i siti di informazione. Anche per questo motivo, intorno alle 15 di venerdì, l’ente francese che controlla le comunicazioni radiotelevisive ha invitato tutti gli operatori ad agire “con il massimo della discrezione” per non danneggiare le attività di polizia. A Porte de Vincennes, le autorità hanno espressamente chiesto alle televisioni e agli altri presenti di non trasmettere in diretta l’eventuale assalto degli agenti al supermarket, per non dare vantaggi a Coulibaly.
Infine, nel tardo pomeriggio di venerdì è successo tutto molto rapidamente. I Kouachi hanno deciso di affrontare gli agenti ed è iniziata una intensa sparatoria nel capannone industriale di Dammartin-en-Goële. I media, che riprendevano la scena in lontananza, hanno segnalato la presenza di spari e di fumo dal capannone quando l’operazione era già in corso. Pochi minuti dopo si è saputo che entrambi i fratelli erano stati uccisi.
A Porte de Vincennes l’attacco al supermarket è avvenuto quasi in contemporanea, per evitare che Coulibaly potesse scoprire che cosa stava accadendo a Dammartin-en-Goële e decidesse di uccidere altri ostaggi, come aveva minacciato di fare. Sui media e sui social network è circolata da subito la notizia di spari e di alcune esplosioni nei pressi del negozio, ma anche in questo caso le immagini dell’assalto vero e proprio con gli agenti speciali che entravano nel supermercato sono state diffuse a quasi un’ora dall’operazione, quando ormai tutti gli ostaggi erano in salvo e Coulibaly era stato ucciso.