Gli attentati di Parigi potevano essere evitati?
Si comincia a discutere di cosa è andato storto: l'intelligence francese aveva messo sotto sorveglianza i fratelli che hanno attaccato Charlie Hebdo e poi aveva lasciato perdere
La sera di venerdì 9 gennaio il primo ministro francese Manuel Valls ha detto in tv: «Qualcuno ha sbagliato. Quando 17 persone muoiono è chiaro che ci sono delle crepe». Valls ha parlato poche ore dopo le operazioni di polizia che hanno portato all’uccisione dei fratelli Kouachi e di Amédy Coulibaly, i tre responsabili degli attacchi terroristici compiuti a Parigi negli ultimi giorni in cui sono morte 17 persone. Diversi giornalisti e analisti, dopo l’attacco a Charlie Hebdo, la sparatoria a Montrouge e l’uccisione di quattro ostaggi al supermercato kosher nell’est di Parigi, hanno cominciato a scrivere del “fallimento dei servizi di intelligence francesi”.
Cosa si sapeva?
In passato i fratelli Kouachi, autori della strage al settimanale satirico Charlie Hebdo, erano stati entrambi sottoposti a sorveglianza dalle autorità francesi, in quanto potenzialmente pericolosi. Chérif, il più giovane, era stato arrestato nel 2005 e poi condannato per aver fatto parte di un gruppo che inviava volontari a combattere in Iraq. In prigione Chérif strinse amicizia con un certo Djamel Beghal, condannato per aver progettato un attacco contro l’ambasciata americana a Parigi e sospettato di avere legami con al Qaida. I servizi di intelligence francesi, dato il rapporto tra i due, negli anni successivi fecero diverse perquisizioni a casa di Chérif: trovarono testi religiosi usati spesso dai predicatori estremisti. E su un computer nell’abitazione trovarono alcuni video di al Qaida e prove della frequentazione di siti jihadisti.
Anche su Saïd, il fratello più grande, c’erano diversi sospetti. Tra il 2009 e il 2012 Saïd viaggiò diverse volte in Yemen, oggi la destinazione principale dei giovani musulmani che vogliono ricevere addestramento jihadista. La stampa francese ha scritto che in Yemen Saïd trascorse del tempo a studiare in una scuola coranica, dove conobbe diversi personaggi collegati ad al Qaida nella penisola arabica (“AQAP”, detta anche “al Qaida in Yemen”), l’organizzazione terroristica che ha rivendicato gli attacchi. Entrambi i fratelli cominciarono a essere monitorati dai servizi segreti francesi dopo il ritorno di Saïd dallo Yemen: a quanto pare, però, la sorveglianza fu abbandonata nel giugno del 2014 poiché i due fratelli non sembravano più bersagli “prioritari”.
Il profilo di Coulibaly, il sequestratore del supermercato kosher di Port de Vincennes, nell’est di Parigi, era considerato di spessore inferiore rispetto a quello dei due fratelli. Coulibaly aveva una serie di precedenti penali per rapina a mano armata e traffico di droga. Conobbe Chérif in prigione e lì probabilmente divenne un estremista religioso. Nel 2010 fu condannato per complicità in un tentativo di evasione di alcuni altri estremisti islamici. Nel 2014 la sua compagna, Hayat Boumeddiene, telefonò centinaia di volte alla moglie di Chérif. Domenica è poi cominciato a circolare un video diffuso dallo Stato Islamico (IS) che mostra Coulibaly giurare fedeltà a Abu Bakr al-Baghdadi, il Califfo e leader dell’IS (ci sono due considerazioni da fare a riguardo: primo, al Qaida è considerata avversaria e rivale dello Stato Islamico; secondo, non è ancora certo che il video non sia stato in qualche modo montato dopo gli attacchi di Parigi).
Cosa è successo?
Secondo Shashank Joshi, ricercatore presso il Royal United Services Institute, uno dei più prestigiosi centri studi sulla sicurezza del Regno Unito, uno dei problemi potrebbe essere stato lo scarso coordinamento tra l’agenzia di intelligence francesi e quelle di altri paesi, in particolare le agenzie statunitensi. Uno degli elementi che avrebbero spinto i francesi ad abbandonare la sorveglianza sui due fratelli – dice BBC – è che lo Yemen è uno dei luoghi più sorvegliati e controllati dai servizi di intelligence americani. Gli americani, a loro volta, sembra che non abbiano sorvegliato Saïd perché era un cittadino francese. A questo proposito, Joshi ricorda che la Francia non fa parte dell’alleanza “Five eyes”, un accordo tra le agenzie di intelligence di Stati Uniti, Canada, Australia, Regno Unito e Nuova Zelanda per lo scambio di informazioni. Un altro problema sembrano essere state le armi. I fratelli Kouachi e Coulibaly erano riusciti a mettere insieme una discreta quantità di armi, tra cui fucili d’assalto AK-47 e un lanciarazzi. Joshi scrive che non si tratta di armi facili da procurarsi in Europa: non è ben chiaro come l’intelligence non sia riuscita a intercettare l’acquisizione di armi da parte dei terroristi.
È davvero colpa dei servizi di intelligence?
È difficile dirlo, almeno per ora, anche perché il numero delle persone che vengono considerate sufficientemente pericolose da essere messe sotto sorveglianza non è insignificante: secondo il New York Times circa 2.000 cittadini francesi sono andati a combattere in Siria o in Iraq negli ultimi anni di guerra e almeno 200 hanno fatto ritorno in Francia. A questo gruppo vanno aggiunti i migliaia di cittadini francesi che sono andati in Yemen, Afghanistan e Pakistan per ragioni di studio e di addestramento. Quasi nessun servizio di intelligence al mondo ha le risorse umane e i mezzi legali per condurre una sorveglianza estesa di un numero così alto di sospetti.
Inoltre non è ancora chiaro quanto forti fossero i legami tra i due fratelli e AQAP: gli attacchi terroristici organizzati con una forte partecipazione dei vertici sono quelli più facili da scoprire per le forze di sicurezza. Quando la leadership comunica spesso con gli esecutori materiali degli attacchi per coordinarsi, aiutare nella realizzazione del piano e consegnare armi e munizioni, si creano molte possibilità di intercettazione che facilitano il lavoro della polizia e delle agenzie di intelligence. Se invece gli unici collegamenti tra i mandanti e gli esecutori sono un generico “via libera” all’attacco, come è accaduto sempre più di frequente negli ultimi anni, diventa molto più difficile trovare una traccia dell’attacco prima del suo inizio.