Perché Wes Anderson non ha mai vinto un Oscar?
Perché racconta storie originali e fa film troppo "alla Wes Anderson", dice Slate: ma con "Gran Budapest Hotel" le cose potrebbero cambiare
di David Haglund – Slate
Fra le piacevoli sorprese degli Oscar di quest’anno, per i quali la competizione è insolitamente aperta, c’è anche la possibile nomination di Grand Budapest Hotel – probabilmente il più bel film di Wes Anderson, e il migliore che ho visto nell’anno passato – per il premio di miglior film dell’anno (la lista di tutti i film in gara sarà diffusa il 15 gennaio, mentre la cerimonia di premiazione si terrà il 22 febbraio).
È probabile che non siate sorpresi. Grand Budapest Hotel è un film elegante: è stato adorato dai critici ed è andato abbastanza bene nei cinema – ha ottenuto circa 60 milioni di dollari negli Stati Uniti e più o meno il doppio all’estero. Lo stesso, comunque, non si può dire per tutti gli altri film di Anderson: l’Academy, che organizza gli Oscar, li ha quasi sempre ignorati. In tutto gli otto lungometraggi di Anderson hanno ricevuto quattro nomination: due per la miglior sceneggiatura, uno per il miglior film d’animazione e uno per la migliore colonna sonora (queste ultime due erano entrambe per Fantastic Mr. Fox). Nessuno fra gli otto ha vinto un Oscar.
Lo scarso apprezzamento da parte dell’Academy dei film di Anderson evidenzia i limiti della stessa organizzazione. Io spero che Grand Budapest Hotel possa vincere: nel caso lo premiassero davvero, sarebbe una dimostrazione di quanto siano eccessivamente stretti i loro criteri – cioè la preferenza per film di ambito “storico” o tratti da un romanzo – per considerare un dato film meritevole dell’Oscar. Per come la vedo io, ci sono almeno quattro ragioni per le quali Wes Anderson non ha mai vinto un Oscar. Nessuna, di per sé, è decisiva: ma prese assieme sembrano spiegare come mai Andreson potrebbe rimanere fuori dalla lista ancora per un po’.
1. Wes Anderson non promuove i suoi film in funzione degli Oscar
Come ha notato David Ehrlich, «la corsa agli Oscar è uno sport, e come tutti gli sport viene vinta da chi ha più voglia di vincere (nel caso ciascun giocatore abbia risorse infinite, diciamo)». Tutti gli indizi indicano che Anderson non ha grande interesse a partecipare a questo gioco. Quando all’inizio del 2013 circolò qualche voce su Moonrise Kingdom in relazione a una nomination per gli Oscar, Entertainment Weekly chiese ad Anderson quale sarebbe stato il suo ruolo riguardo a “promuovere il film in vista della stagione dei premi”. Lui rispose: «alla fine ho già fatto il mio dovere in maggio [quando era uscito il film] in termini di promozione in giro per il mondo».
Probabilmente, se Anderson avesse voluto fare pressione per una data di uscita più opportuna per una nomination – per esempio, un giorno di fine autunno – avrebbe anche potuto farlo: invece i suoi due ultimi film sono usciti in primavera (e Anderson non è solito fare promozione in autunno). Il giornalista di Entertainment Weekly ha chiesto ad Anderson, a bruciapelo, se in fondo gliene importasse qualcosa, dei premi. Anderson, in maniera autoironica, gli ha risposto: «lo farei, se ne vincessi di più! Ma non ne ho mai avuto l’opportunità». E forse non l’avrà mai.
2. Wes Anderson racconta delle storie originali
Non in senso qualitativo – cioè “straordinarie, mai sentite” – bensì in senso letterale: Anderson non adatta romanzi, né racconta eventi storici (Fantastic Mr. Fox, il suo film più di successo in quanto a Oscar, è un’eccezione). Al contrario, a partire dal 1996 – data dell’uscita del primo lungometraggio di Anderson – la maggior parte dei film che hanno vinto l’Oscar come miglior film sono stati tratti da libri o basati su storie vere (occasionalmente, entrambe le cose). A volte il fatto che un film sia tratto da qualcos’altro non è un fattore vincente (mi viene in mente il caso di The Millionaire). Più spesso, però, la solidità di un film vincitore è data dall’avere una fonte rilevante, che sia storica o letteraria. Questa, per esempio, può essere la chiave per far sì che Grand Budaspest Hotel ottenga maggior riconoscimento dei film precedenti: in un modo molto “alla Wes Anderson” è infatti un film storico, più o meno.
3. Wes Anderson fa dei film divertenti
Durante i suoi quasi novant’anni di storia, è successo ben poche volte che l’Oscar al miglior film sia stato assegnato a una commedia. I film di Anderson non sono delle commedie al cento per cento – e uno potrebbe controbattere che alcuni film che hanno vinto recentemente hanno un simile grado di “comicità”: è il caso di The Artist, The Millionaire, e forse de Il discorso del Re. Eppure, anche l’umorismo leggero procura ad Anderson qualche problema, quando arriva la stagione dei premi.
4. Wes Anderson fa dei film alla Wes Anderson
Il vincitore dello scorso anno, 12 anni schiavo, presentava dei tratti stranamente “artistici” – o “artistoidi”, se siete meno buoni di me – dal punto di vista visivo (probabilmente ha superato l’ostacolo essendo di per sé un film molto serioso e tratto da un libro notevole). Tocchiamo un tema controverso, ma sembra che i registi che abbiano un approccio molto riconoscibile – è il caso di Quentin Tarantino, Paul Thomas Anderson, Terrence Malick, David Fincher – facciano più fatica a vincere un Oscar (sebbene di tanto in tanto ricevano qualche nomination per il miglior film). Ci sono voluti decenni prima che Martin Scorsese vincesse il suo primo Oscar per il miglior film (peraltro per un film più brutto di quelli che fa di solito, The Departed).
Potrei elencare altri fattori ancora: il mood generale dei film di Anderson, per esempio (dolcemente malinconico, non proprio il genere più apprezzato dall’Academy), o il fatto che non contengano dei messaggi forti (votare a favore di un film di Anderson non significa nulla, non trasmette nessun tipo di messaggio: tranne che ti è veramente piaciuto un suo film). Ma anche i precedenti contano parecchio: se Grand Budapest Hotel dovesse farcela, forse i giurati dell’Academy avranno un’opinione migliore di Anderson, in futuro.
foto: Tullio M. Puglia/Getty Images
©Slate