Le elezioni presidenziali in Sri Lanka
Il presidente Rajapaksa – che ha vinto una lunghissima guerra civile con metodi molto controversi – cerca la rielezione per un terzo mandato e spera che il Papa gli dia una mano
Giovedì 8 gennaio si svolgeranno in Sri Lanka le elezioni anticipate per il rinnovo del presidente. I due candidati principali (su 19 in totale) sono Percy Mahinda Rajapaksa, presidente uscente già eletto per due mandati consecutivi nel 2005 e nel 2010, e Maithripala Sirisena, ex membro del governo guidato dallo stesso Rajapaksa. Entrambi i candidati, in un comunicato congiunto, hanno fatto sapere che sperano che il voto sarà «trasparente e libero da ogni violenza». In Sri Lanka il presidente è capo di Stato, capo del governo e comandante delle forze armate.
Le elezioni anticipate e il Papa
Le elezioni presidenziali sono state fissate con due anni di anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato di Rajapaksa, grazie a un cambiamento della Costituzione che ha abolito l’emendamento che imponeva il limite dei due mandati. Uno dei motivi per cui il voto è stato anticipato è secondo molti il timore dell’attuale presidente – che cerca quindi una storica rielezione a un terzo mandato – di una perdita di consensi, come è già successo alle elezioni provinciali del 2013. I suoi oppositori lo hanno anche accusato di voler sfruttare per la sua campagna elettorale la visita di Papa Francesco nel paese, che è stata confermata nonostante diverse richieste di annullamento e si terrà dal 13 al 15 gennaio. Rajapaksa ha esposto nelle principali città dello Sri Lanka dei cartelloni elettorali che lo ritraggono insieme al Papa.
La situazione sull’esito delle elezioni non è comunque così scontata: per la prima volta da anni, infatti, diversi fattori potrebbero mettere in difficoltà Rajapaksa. Il suo principale rivale, Sirisena, è infatti visto dalle opposizioni come la persona che potrebbe mettere fine a quella che viene definita una dittatura dinastica (il figlio di Rajapaksa e tre dei suoi fratelli hanno importanti ruoli di governo) e come colui che potrebbe compiere un primo passo verso una riconciliazione nazionale dopo anni di violenza e guerra civile.
Mahinda Rajapaksa
Fino al 2009 si è combattuta in Sri Lanka una violenta guerra civile, durata quasi trent’anni, che ha causato la morte di almeno centomila persone. Sono stati particolarmente cruenti gli ultimi mesi della guerra, in cui l’esercito governativo (il presidente era Rajapaksa) aveva stroncato l’ultima resistenza militare delle cosiddette Tigri Tamil (LTTE), un movimento che nel 1983 aveva iniziato una rivolta per ottenere l’indipendenza nel nord del paese. In queste operazioni finali erano morti moltissimi civili: il numero non è mai stato definito con certezza e le stime variano tra i 9 mila morti ammessi dal governo fino a ben oltre i 40 mila stimati da un’indagine delle Nazioni Unite. Dalla fine del conflitto le province del nord e dell’est del paese sono sotto il diretto controllo militare, la popolazione subisce gravi restrizioni della libertà e molti vivono ancora in campi per rifugiati.
Dalla fine della guerra, dunque, il tema dei diritti civili della minoranza Tamil rappresenta uno dei problemi principali che si trova ad affrontare lo Sri Lanka, che però il governo di Rajapaksa sembra non aver affrontato in modo soddisfacente: ha fatto scarsi passi avanti nelle indagini sui casi di sparizioni ed esecuzioni sommarie avvenute in tutto il paese, ha sempre respinto la richiesta di istituire una commissione indipendente di indagine sui crimini di guerra, ed è stato anzi accusato di portare avanti una politica violenta, volta a reprimere le critiche e a non permettere lo sviluppo integrale delle comunità tamil. Diverse ONG hanno detto che, dalla fine della guerra, i militari hanno confiscato molti ettari di terra agli abitanti della zona colpiti dalla guerra e hanno cominciato a gestire autonomamente diverse imprese agricole.
(La vita dei Tamil dopo la guerra – foto)
Nel paese è grave anche la situazione della censura: negli ultimi anni molti giornalisti sono rimasti vittime di sequestri, omicidi e aggressioni di vario genere. Negli ultimi cinque anni, dunque, l’immagine di Mahinda Rajapaksa (che per il terzo mandato ha promesso sviluppo, occupazione e crescita) ha subito diversi colpi. A tutto questo si deve aggiungere il fatto che molti suoi ex alleati hanno tolto il loro sostegno al presidente iniziando a criticarlo apertamente e a definirlo «autoritario e clientelare». Altri invece apprezzano il modo risoluto con cui ha risolto, pur a un grosso prezzo, una guerra civile che si trascinava da decenni.
Maithripala Sirisena
Sirisena ha 63 anni, è di sei anni più giovane rispetto a Rajapaksa e ha ricoperto diversi incarichi di governo negli ultimi anni. Si definisce un contadino, parla solo singalese (una delle due lingue ufficiali, l’altra è il tamil) ed è molto popolare nelle zone rurali e tra i singalesi buddisti che sono anche la maggioranza nel paese. Sirisena ha promesso cambiamenti radicali nei primi cento giorni del suo governo, comprese diverse modifiche costituzionali: ha detto che metterà fine alla corruzione, che lavorerà per una società senza droghe, alcolici o sigarette e che darà sostegno ai più poveri.
Sirisena si è guadagnato il sostegno di personaggi politici rilevanti e di circa 40 partiti e gruppi politici: c’è per esempio il principale partito di opposizione United National Party; c’è il Jathika Hela Urumaya, partito guidato dai monaci buddisti, e c’è lo Sri Lanka Muslim Congress che riunisce i voti della comunità musulmana del paese; c’è la Tamil National Alliance che rappresenta la minoranza induista e di lingua tamil (musulmani e tamil insieme costituiscono quasi un quarto della popolazione con diritto di voto). Con Sirisena c’è, soprattutto, anche una parte della United People’s Freedom Alliance (coalizione attualmente al governo) a cui appartiene anche lo Sri Lanka Freedom Party, il partito dell’attuale presidente. Dei 161 parlamentari che fanno parte dell’alleanza, 23 hanno dichiarato il loro sostegno a Sirisena. L’Economist scrive che il tasso di defezione nei confronti di Rajapaksa in questa campagna elettorale è tra i più alti che si siano mai visti in Sri Lanka e costituisce anche la più importante novità degli ultimi anni.