Putin ha paura di Navalny
L'editoriale del Washington Post sulle grosse fragilità del regime russo, alla luce della recente condanna del suo oppositore più famoso
di Editoriale del Washington Post
Vladimir Putin sostiene di avere ancora il sostegno della stragrande maggioranza dei russi dopo che quest’anno ha invaso e annesso una parte dell’Ucraina, e posizionato il suo regime come il contraltare autocratico e omofobo dell’Occidente democratico. Se così fosse, perché Putin sembra terrorizzato da Alexei Navalny?
Navalny, famoso attivista russo anti-corruzione, si trova agli arresti domiciliari da mesi e la sentenza del nuovo processo farsa nei suoi confronti era stata fissata per il 15 gennaio. Ma dato che decine di migliaia di persone avevano scritto sui social network che quel giorno avrebbero partecipato a una protesta in suo favore, le autorità giudiziarie hanno improvvisamente spostato la data della sentenza a martedì 30 dicembre. In un’ulteriore manovra tattica, un giudice ha concesso a Navalny una condanna con la condizionale mentre ha condannato a tre anni e mezzo di carcere il fratello minore, che non ha mai avuto niente a che fare con la politica.
Questo “trucchetto sporco”, come l’ha definito Navalny, non ha funzionato del tutto. Martedì sera una folla di migliaia di persone si è comunque presentata in una piazza vicino al Cremlino, nonostante le barricate della polizia e il gran freddo. «Non potete mandarci tutti in carcere», urlavano i manifestanti.
Questo slogan potrebbe tormentare Putin nel 2015. La banca centrale russa ha previsto una notevole contrazione dell’economia russa nei prossimi mesi, dovuta al precipitare del costo del petrolio e alle sanzioni economiche occidentali. La decisione di restare in Crimea, la penisola ucraina che ha occupato, e di continuare a sostenere finti movimenti ribelli in altre zone dell’Ucraina, costerà cara a Putin sia in termini di rubli sia, molto probabilmente, in termini di vite russe.
La strategia di Putin per superare queste sfide sarà forse la stessa del 2012, quando Navalny aveva guidato grandi manifestazioni di massa contro di lui: aumentare la repressione interna e le spedizioni militari in Ucraina e altrove, e allo stesso tempo bombardare il paese di propaganda nazionalistica. Il costo delle spedizioni straniere sta però aumentando e gli oligarchi russi inizieranno a pressare il Cremlino per ritirarsi dall’Ucraina quanto basta per ottenere un indebolimento delle sanzioni.
Grazie in parte al monopolio dell’informazione, Putin viene fuori bene nei sondaggi di opinione. Ma i dissidenti russi sostengono che l’appoggio della popolazione è scarso e che probabilmente non riuscirà a reggere il crollo dell’economia e delle perdite militari. Finora le proteste a Mosca sono state contenute facilmente dalla polizia del regime in tenuta antisommossa, ma se davvero Putin non fosse preoccupato dall’opposizione il caso Navalny non sarebbe stato gestito con questa terrorizzata improvvisazione.
La crescita dell’opposizione al regime di Putin dipende anche in larga parte dalle politiche degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. Le sanzioni europee saranno sottoposte a una revisione a marzo. Difficilmente la Russia a quel punto si sarà ritirata dall’Ucraina ma sarà necessaria ugualmente molta determinazione da parte del presidente degli Stati Uniti Barack Obama e del cancelliere tedesco Angela Merkel per mantenerle.
È importante anche il sostegno ai dissidenti russi. Come accade spesso nel campo dei diritti umani, la reazione dell’amministrazione Obama alla condanna di Navalny è stata piuttosto debole: il Dipartimento di Stato l’ha semplicemente definita “controversa”. Lunedì, comunque, l’amministrazione ha sanzionato quattro funzionari russi, tra cui due alti funzionari ceceni coinvolti nell’arresto e nella tortura di un esponente dell’opposizione. Queste azioni possono rincuorare quelli che combattono per i diritti umani in Russia. Il giudice e gli avvocati coinvolti nel processo di Navalny saranno buoni candidati per il prossimo giro di sanzioni.
©Washington Post 2014
Foto: Alexei Navalny e il fratello Oleg in tribunale a Mosca, 30 dicembre 2014 (DMITRY SEREBRYAKOV/AFP/Getty Images)