Da dove è partita l’epidemia di ebola?
Un gruppo di ricercatori ipotizza che sia iniziato tutto con un bambino di due anni della Guinea che giocava vicino a un albero abitato da pipistrelli della frutta, forse i portatori del virus
Un gruppo di ricercatori della Charité – Universitätsmedizin Berlin, in Germania, dicono di avere identificato la fonte della prima infezione da virus ebola, che nell’ultimo anno ha portato a un’epidemia su larga scala in diversi paesi dell’Africa occidentale, causando la morte di quasi 8mila persone: il cosiddetto “paziente zero”. Tutto sarebbe partito da Emile Ouamouno, un bambino di due anni della Guinea che sarebbe stato infettato dal virus mentre giocava nei pressi di un albero nel quale viveva una colonia di pipistrelli. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica EMBO Molecular Medicine e dovranno essere approfonditi e confermati da altri studi.
Da tempo i ricercatori si confrontano, e raccolgono prove, sul fatto che il virus ebola sia trasmesso agli uomini da diverse specie di pipistrelli della frutta. Negli anni sono state condotte molte ricerche in merito, ottenendo però solo prove indirette su questa circostanza e senza riuscire a isolare almeno una delle varianti di ebola direttamente nei pipistrelli. Il contagio può anche avvenire in seguito a ripetuti contatti tra grandi scimmie, precedentemente infettate con il virus dopo essere venute in contatto con i pipistrelli, e gli esseri umani. Come in molte altre malattie virali, spesso basta che un solo individuo sia contagiato per rendere possibile una rapida diffusione della malattia, attraverso i contatti tra persona e persona.
I ricercatori guidati da Almudena Marí Saéz hanno trascorso mesi per ricostruire a ritroso le probabili dinamiche di diffusione del virus ebola, identificando infine un piccolo villaggio costituito da una trentina di case che si chiama Meliandou e che si trova in Guinea. Si trova in un’area boscosa nella quale sono state ricavate alcune piantagioni per ricavare l’olio di palma, che secondo i ricercatori avrebbero attirato negli anni grandi quantità di pipistrelli della frutta, che si nutrono dei frutti della pianta.
Le indagini nel villaggio e nei suoi dintorni sono state svolte lo scorso aprile. I ricercatori hanno intervistato la popolazione locale, analizzato le sue abitudini e infine hanno scoperto che nel dicembre del 2013, quindi nel momento in cui iniziava a diffondersi ebola, un bambino di due anni di nome Emile era morto per la malattia. Insieme con altri bambini, era stato visto più volte mentre giocava nei pressi del tronco cavo di un grande albero. Gli abitanti hanno anche spiegato di avere scoperto che all’interno della pianta c’erano i pipistrelli solo alla fine dello scorso marzo, quando il tronco si incendiò facendo scappare decine di quegli animali.
I pipistrelli della frutta sono spesso cacciati per mangiarne la loro carne, di conseguenza quando uscirono dal tronco disturbati dall’incendio ne furono catturati numerosi esemplari. Non furono però consumati, se non per una piccola parte, perché nei giorni seguenti le autorità misero al bando il consumo di pipistrelli in seguito alla notizie sulla progressiva diffusione di ebola. L’epidemia era comunque già iniziata e secondo i ricercatori a causa dell’esposizione di Emile ai pipistrelli alla fine del 2013 nei pressi dell’albero.
Il gruppo di ricerca ha raccolto diversi campioni dal tronco, trovando tracce di DNA compatibili con quelle dei pipistrelli della frutta. Hanno anche analizzato alcuni esemplari trovati nei paraggi, senza però riscontrare la presenza del virus. Non è stato invece possibile eseguire test sui pipistrelli cacciati a marzo, perché distrutti dalla popolazione quando fu emesso il bando sul consumo di carne di quel tipo.
L’impossibilità fino a ora di trovare un pipistrello portatore di ebola è dovuta al fatto che un numero estremamente limitato di questi animali porta con sé il virus. Fabian Leendertz, uno degli autori della ricerca, ha spiegato a BBC che “si tratta di qualcosa di ovvio quando pensi a quante tonnellate di carne di pipistrelli sono consumate ogni anno: se un numero più alto di pipistrelli fosse portatore del virus, avremmo epidemie tutte le volte”.
Secondo il gruppo di ricerca, la chiave per capire come iniziano le epidemie da virus ebola sta nello studiare con più attenzione i pipistrelli e le loro abitudini. Negli ultimi decenni sono diventati molto meno diffidenti nei confronti degli esseri umani: vivono intorno ai loro villaggi e in molti casi si raccolgono sotto ai tetti delle case e delle capanne. È possibile che il virus si trasmetta da una colonia all’altra di pipistrelli nel corso del tempo, ma avviare adesso campagne per abbatterle sarebbe prematuro e probabilmente pericoloso: oltre che delle sostanze zuccherine della frutta, i pipistrelli si nutrono di numerosi insetti e danno un importante contribuito a ridurre il numero di zanzare, il vettore con cui si diffondere la malaria.