Perché si riparla del caso dei marinai in India
Federica Mogherini ha attaccato di nuovo i ritardi dell'inchiesta: gli avvocati difensori hanno presentato ricorso contro le indagini della NIA e si discute ancora della giurisdizione
Nelle ultime settimane su diversi giornali italiani si è tornato a parlare di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due fucilieri di marina accusati in India di aver ucciso due pescatori mentre si trovavano a bordo della petroliera Enrica Lexie. Oggi Repubblica ha pubblicato un’intervista in cui Federica Mogherini, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione Europea, ha criticato l’India per i tempi lunghissimi dell’inchiesta e ha ribadito che l’attuale situazione mette a rischio i rapporti tra Unione Europea e governo indiano (la questione dei marinai ha creato anche in passato diverse tensioni tra il governo italiano e quello indiano).
Le ultime novità
Lo sviluppo di cui si è parlato di più negli ultimi giorni è stata la decisione della Corte Suprema indiana di respingere la richiesta di Latorre di rimanere in Italia per ragioni mediche. Latorre si trova in Italia dallo scorso 16 settembre, in seguito a un’ischemia, e il permesso per la convalescenza scadrà il 13 gennaio 2015. La Corte ha anche respinto la richiesta di Girone che chiedeva di poter rientrare in Italia per tre mesi per trascorrere un periodo, fra cui le festività natalizie, con la famiglia. La decisione indiana ha causato reazioni molto dure del governo italiano e lo scorso 17 dicembre l’ambasciatore italiano in India è stato richiamato a Roma per tenere dei colloqui con il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni. Ieri Mogherini ha criticato di nuovo l’India, ma già in passato aveva preso posizioni piuttosto dure sulla questione dei ritardi subiti dall’inchiesta indiana.
The issue of two italian #marò has the potential to impact overall EU-India relations. We call for a swift solution http://t.co/DO98OufDZ5…
— Federica Mogherini (@FedericaMog) 16 Dicembre 2014
A che punto siamo?
Dall’incidente sono oramai passati circa tre anni, ma il processo ai due marinai italiani non è ancora cominciato. Al momento la Corte Suprema indiana sta valutando un ricorso presentato dai due marinai contro le indagini, compiute dalla National Indian Agency (NIA), l’agenzia investigativa del governo federale indiano specializzata nei casi di terrorismo. Secondo i difensori di Latorre e Girone, la giurisdizione sulle indagini non apparteneva alla NIA e quindi i marinai non possono essere processati sulla base delle indagini compiute dall’agenzia. La Corte Suprema indiana deve ancora prendere una decisione definitiva sulla questione.
Un’altra richiesta inserita nel ricorso dagli avvocati difensori dei marinai è legata alla giurisdizione più in generale del caso. Esiste infatti una complicata questione legale che riguarda chi, tra Italia e India, abbia il dovere di processare i due marinai. Si tratta di un problema che per essere risolto richiede il parere di un tribunale internazionale “autorevole”, come per esempio la Corte internazionale di giustizia. Il governo italiano rivendica il diritto a processare i marinai, e negli ultimi mesi si è detto disposto a sottoporre il caso a un arbitrato internazionale, cioè a un tribunale neutrale che dovrebbe decidere a chi effettivamente appartiene la giurisdizione sul caso.
Il caso
Latorre e Girone il 15 febbraio 2012 si trovavano sulla petroliera Enrica Lexie, battente bandiera italiana, al largo delle coste del Kerala, nel sudovest dell’India. Enrica Lexie incrociò la rotta del peschereccio indiano St. Antony. I due fucilieri aprirono il fuoco verso il peschereccio uccidendo due pescatori indiani di 45 e 26 anni. Secondo gli italiani i colpi sarebbero stati sparati in seguito a una manovra sospetta del peschereccio, scambiato per una nave pirata. Secondo gli indiani, invece, la manovra della St. Antony nei confronti della Enrica Lexie sarebbe stata pacifica, per dare la precedenza alla petroliera italiana. La reazione dei militari italiani sarebbe stata esagerata e non aderente alle normali procedure, soprattutto perché i marinai della St. Antony non erano armati.