Gucci se l’è presa con Report
Per un servizio sui laboratori in cui sono prodotte le sue borse in Toscana: secondo la trasmissione ci lavora personale sottopagato a fronte di alti ricarichi sui prodotti finiti
Nella sua ultima puntata del 2014 la trasmissione di RaiTre Report è tornata a occuparsi dei prodotti di lusso con una breve inchiesta dedicata a Gucci, una delle più grandi e famose case di moda italiane, dalla fine degli anni Novanta sotto il controllo della holding multinazionale francese Kering. Il servizio – realizzato da Sabrina Giannini, che già in passato si era occupata del settore (per esempio di Moncler) – ha mostrato le condizioni in cui lavorano alcuni laboratori in Toscana, dove sono cucite le borse che poi Gucci vende nei suoi negozi in tutto il mondo.
Una borsa che in negozio costa oltre 800 euro, ha mostrato Report, viene realizzata nei laboratori a meno di 30 euro: una cifra che in molti casi è appena sufficiente per coprire le spese degli imprenditori che ottengono quindi bassissimi margini di guadagno, almeno stando alla versione presentata da Giannini. L’inchiesta si è occupata in particolare di un laboratorio gestito da un imprenditore che ha deciso di autodenunciarsi, per fare conoscere le condizioni in cui lavora. Report ha seguito per circa cinque mesi il laboratorio, ottenendo informazioni da un suo “socio occulto” cinese che farebbe da intermediario per trovare manodopera dalla Cina a basso costo, facendo lavorare gli operai molte più ore di quelle che vengono segnate per i loro part-time in azienda.
Stando alle persone coinvolte intervistate da Giannini, Gucci esegue controlli sui laboratori cui affida la produzione dei suoi prodotti ma chi è incaricato di fare le verifiche non sarebbe particolarmente accurato. L’azienda controllerebbe solo la documentazione, senza fare domande o approfondire più di tanto i rapporti lavorativi all’interno dei laboratori.
In seguito alla trasmissione, Gucci ha diffuso un comunicato per respingere le accuse contenute nell’inchiesta di Sabrina Giannini e smentire le cose dette dalle persone intervistate. Secondo Gucci, Report “non ha mai posto a Gucci alcuna domanda pertinente su quanto da cinque mesi stava girando. Telecamere nascoste o utilizzate in maniera inappropriata, solo in aziende selezionate ad arte da Report (tre laboratori su 576), non sono una testimonianza della realtà Gucci”.
Gucci ha contestato le accuse sull’utilizzo di manodopera a costi più bassi di quelli di mercato, smentendo anche che siano tollerate condizioni in cui ci siano prestanome o intermediari “occulti” nei laboratori. L’azienda sostiene che produce il “100% della pelletteria in Italia, dando lavoro a oltre 7mila addetti tra fornitori di primo livello (1981) e fornitori di secondo livello”. Gucci ha anche contestato il modo in cui è stato presentato il rapporto tra costo di produzione delle borse e il loro prezzo di vendita presso i negozi della società. Una critica simile era stata mossa in passato anche da altre aziende del lusso nei confronti delle inchieste di Report: in questo settore i costi di produzione sono solo una piccola parte, perché le aziende devono sostenere spese molto più alte per quanto riguarda per esempio il marketing e la gestione dei negozi.
Nel comunicato Gucci ha anche annunciato che si impegnerà ulteriormente per “rendere sempre più efficaci le azioni conseguenti alle ispezioni, che saranno sempre più numerose”.