L’IS ha perso sul monte Sinjar
Milizie curde e attacchi aerei americani hanno rotto l'isolamento dei profughi siriani nell'Iraq nord-occidentale: ma è un modello d'attacco che altrove non sta funzionando
Negli ultimi giorni i miliziani curdi sono riusciti a riconquistare un’ampia zona di territorio dell’Iraq settentrionale allo Stato Islamico (IS): grazie anche all’appoggio degli attacchi aerei della coalizione guidata dagli Stati Uniti, i curdi sono riusciti ad aprire una linea di passaggio che collega il monte Sinjar – di cui si è parlato molto nell’agosto di quest’anno per la vicenda dell’”assedio degli yazidi” – con il Kurdistan Iracheno, la regione autonoma curda che si trova nel nord-est dell’Iraq. Il capo del Consiglio per la Sicurezza del Kurdistan ha definito l’operazione militare «l’offensiva più grande contro l’ISIS finora, e quella che ha avuto più successo».
L’assedio degli yazidi sul monte Sinjar, cominciato all’inizio di agosto di quest’anno, era stato l’evento scatenante la decisione dell’amministrazione di Barack Obama di avviare una campagna militare contro l’IS in Iraq. Gli Stati Uniti erano anche preoccupati che la rapida avanzata dei miliziani dell’IS potesse minacciare la sicurezza e l’integrità territoriale del Kurdistan Iracheno. L’intervento delle forze di terra curde e delle forze aeree statunitensi aveva permesso di rompere l’assedio degli yazidi ma poi le cose erano cambiate di nuovo. Alcuni funzionari curdi hanno raccontato che molti dei profughi siriani che negli ultimi mesi sono stati costretti a lasciare la Siria per l’avanzata dell’IS si sono rifugiati di nuovo sul monte Sinjar.
L’operazione vera e propria è durata due giorni e ha coinvolto circa 8mila combattenti curdi, i peshmerga. Gli attacchi aerei della coalizione guidata dagli americani sono stati 53, ha detto il tenente generale James Terry durante una conferenza stampa. Il dipartimento della Difesa statunitense ha detto che gli attacchi hanno distrutto magazzini, bulldozer, torrette di guardia, veicoli e tre ponti. John Kirby, retroammiraglio e portavoce del dipartimento della Difesa, ha inoltre confermato una notizia che circolava da diversi giorni: nelle ultime settimane gli attacchi aerei americani hanno ucciso diversi leader di alto e medio livello dell’IS, tra cui Abd al-Basit, capo delle operazioni militari in Iraq, e Haji Mutazz (conosciuto anche come Abu Muslim al-Turkmani), un collaboratore stretto del califfo Abu Bakr al-Baghdadi. Charles Lister, analista ed esperto dell’IS per il Brookings Doha Center, ha scritto che queste operazioni dimostrano una capacità maggiore rispetto al passato dell’intelligence americana di ottenere informazioni sul gruppo. Lister ha però aggiunto che l’IS ha sviluppato una struttura molto articolata e diffusa sul territorio: eliminarne i vertici sarà quindi un processo molto lungo.
L’operazione congiunta attacchi aerei americani-assalto di terra dei curdi ha dimostrato di poter funzionare piuttosto bene nell’Iraq settentrionale, ma non altrove. Il problema per l’amministrazione Obama sembra essere lo stesso da qualche mese a questa parte: ad eccezione delle milizie curde, il cui raggio di azione è comunque limitato al nord dell’Iraq, non ci sono altre forze di terra considerate affidabili dagli americani. L’esercito iracheno è debole e molto frammentato, mentre le tribù sunnite concentrate principalmente nell’Iraq occidentale – nel governatorato di Anbar, anch’esso sotto attacco dell’IS da diversi mesi – non sembrano per ora voler passare dalla parte degli americani e del governo di Baghdad. Le uniche vittorie significative recenti riportate contro l’IS sono state ottenute nella provincia di Diyala e a Jurf al-Sakr, rispettivamente a est e a sud di Baghdad.