Abe ha stravinto le elezioni in Giappone
La coalizione di centrodestra guidata dal primo ministro ha ottenuto i due terzi dei seggi nella Camera bassa
Aggiornamento di lunedì 15 dicembre: la coalizione di Shinzo Abe ha ottenuto 325 seggi su 475 confermando il controllo dei due terzi della Camera Bassa. Secondo la televisione pubblica giapponese NHK, il partito liberal-democratico di centrodestra di Abe ha ottenuto 290 seggi, il partito alleato di Abe (Komeito), 35. Il principale partito di opposizione, il Partito Democratico di centrosinistra, ha ottenuto invece 73 seggi, con un incremento di 11 rispetto alle elezioni precedenti. L’affluenza alle urne è stata del 52,66 per cento, in calo di circa sette punti rispetto le politiche del 2012.
16.45 – Con la maggior parte dei voti contati, secondo la televisione pubblica giapponese NHK, la coalizione di Shinzo Abe ha ottenuto 310 seggi su 475, confermando il controllo di due terzi della Camera bassa che aveva ottenuto alle ultime elezioni.
Aggiornamento delle 12.10: secondo i primi exit poll dei media giapponesi il partito Liberal-democratico del primo ministro Shinzo Abe insieme ai suoi alleati ha vinto le elezioni ottenendo circa 300 seggi della Camera bassa, su un totale di 475.
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Si sono tenute oggi in Giappone le elezioni anticipate per nominare i nuovi membri della Camera bassa, sciolta dal primo ministro Shinzo Abe il 21 novembre dopo la notizia che il paese è entrato in recessione. I seggi sono stati aperti alle 7 ora locale e hanno chiuso alle 20 ora locale (in Italia erano le 12). In molti ritengono che quella delle elezioni anticipate sia stata una mossa di Shinzo Abe, che ha 60 anni ed è il capo del partito Liberal-democratico di centrodestra, per ottenere un consenso ancora più largo in vista di delicate riforme economiche da attuare nei prossimi anni. Secondo i sondaggi, Abe dovrebbero vincere: la sua popolarità è in calo ma è ancora piuttosto alta (a novembre era vicina al 40 per cento) e in generale i partiti dell’opposizione – fra cui il Partito Democratico, di centrosinistra, che ha governato fra il 2009 e il 2012 – sono ritenuti poco affidabili (il Guardian definisce Abe «l’unico giocatore in ballo»).
Alle 11 ora locale l’affluenza è stata dell’11,08 per cento, in calo del 2,95 per cento rispetto alle elezioni di due anni fa, che già avevano fatto registrare un’affluenza molto bassa, attorno al 59 per cento. L’affluenza, secondo il Wall Street Journal, potrebbe risultare ancora più bassa del previsto a causa delle basse temperature e delle nevicate previste per oggi, come già accaduto pochi mesi fa per le elezioni del governatore di Tokyo.
La legge elettorale giapponese prevede che i 475 membri della Camera bassa siano eletti con un sistema misto che permette di effettuare due voti per ogni elezione: il primo per un candidato del proprio distretto e il secondo per uno dei vari partiti, ciascuno dei quali presenta una lista di candidati per ognuna delle 11 circoscrizioni “regionali”. 295 parlamentari vengono eletti dai distretti, mentre 180 seggi vengono assegnati proporzionalmente a ciascun partito sulla base dei risultati ottenuti in ciascuna circoscrizione. I membri della Camera rimangono in carica quattro anni (i membri della Camera dei Consiglieri, che non può essere sciolta, rimangono invece in carica sei anni). Secondo gli ultimi sondaggi, il partito Liberal-democratico dovrebbe ottenere circa 300 seggi su 475: nel caso ne ottenesse 315, inoltre, potrebbe addirittura formare un nuovo governo senza Komeito, un piccolo partito di centrodestra con cui si trova attualmente in coalizione.
Abe, che era già stato primo ministro dal 2006 al 2007, è entrato in carica nel 2012 con la promessa di attuare importanti riforme economiche: il Giappone è attualmente il paese con la terza economia più grande al mondo ma da anni ha un tasso di crescita molto basso. Il suo piano, che i media hanno soprannominato Abenomics, prevede l’emissione di nuova moneta e un notevole aumento della spesa pubblica tramite programmi statali per stimolare l’economia, uniti ad alcune riforme strutturale pensate per favorire le aziende: le prime due iniziative avevano inizialmente dato buoni risultati, ma sono state vanificate dall’aumento della tassa sui consumi passata dal 5 all’8 per cento nell’aprile del 2014, in seguito a una legge approvata nel 2012 dal Partito Democratico, che allora era al governo, per ridurre l’enorme debito pubblico del paese. Fra maggio e giugno del 2014 l’economia si è però ridotta del 6,8 per cento: un dato altissimo, forse causato dal fatto che molte persone hanno “anticipato” molti acquisti a prima che entrasse in vigore l’aumento della tassa sui consumi. Tra luglio e settembre c’è stato un nuovo calo dell’1,6 per cento. In base alla stessa legge, fra l’altro, nell’ottobre del 2015 il governo avrebbe dovuto introdurre un nuovo aumento e fissarla al 10 per cento.
Abe, poco prima di sciogliere la Camera bassa, aveva dichiarato di voler rinviare al 2017 l’aumento al 10 per cento della tassa sui consumi: in molti pensano che la sua decisione di indire delle elezioni anticipate in questo momento – in cui la sua popolarità è ancora a buoni livelli – sia stata presa in modo da legittimarsi a proseguire Abenomics nei prossimi anni, evitando il rischio di tenere nuove elezioni in un periodo ancora peggiore per l’economia. In particolare, nel caso vincesse, Abe cercherà probabilmente di fare approvare riforme strutturali del sistema economico – la cosiddetta “terza fase” di Abenomics, dopo l’emissione di nuova moneta e i pacchetti di stimoli governativi per la crescita – come la nuova legge sul mercato del lavoro e nuove liberalizzazioni del mercato.
Nonostante lo stesso Abe abbia cercato di caratterizzare queste elezioni come una specie di referendum su Abenomics, negli ultimi mesi sono sorte nuove questioni politiche, sebbene non sia ancora chiaro quale peso avranno sui risultati elettorali. Per esempio, in luglio Abe ha annunciato che il suo governo ha deciso di “interpretare” il noto articolo 9 della Costituzione giapponese, che vieta il mantenimento di un corpo di forze armate nel paese e in generale il suo coinvolgimento in conflitti armati. Negli anni, l’articolo 9 è stato aggirato tramite la creazione del cosiddetto Jieitai, le forze armate di auto-difesa del paese, che formalmente si comportano come un esercito e sono stati coinvolte in limitate azioni di pace in diversi paesi del mondo. Secondo la nuova interpretazione di Abe, il Giappone può oggi decidere di inviare delle truppe a difesa di un paese alleato che subisce un attacco. La decisione ha provocato manifestazioni e proteste, e non è chiaro se la maggior parte dei cittadini giapponesi sia a favore della reinterpretazione. Ancora: le 48 centrali nucleari del Giappone sono attualmente fuori uso in seguito al disastro della centrale di Fukushima, avvenuto nel 2011. Nonostante molte pressioni per prendere una posizione in merito al tema, in campagna elettorale Abe non ha chiarito se intende riattivarle o meno.
foto: YOSHIKAZU TSUNO/AFP/Getty Images