“Spunta il nome di”
Le cronache sulla grande inchiesta a Roma sono piene di informazioni laterali su persone che non c'entrano nulla, scrive il Foglio, per morbosità o per screditarle
Un breve commento pubblicato sul Foglio di oggi si occupa di come è stata raccontata in questi giorni dai giornali l’inchiesta “Mafia Capitale” a Roma. Nelle cronache e negli articoli non si è parlato solamente delle persone inquisite e arrestate ma anche di vicende laterali e spesso irrilevanti di altri personaggi più o meno famosi al solo scopo di screditarli o, nella migliore delle ipotesi, di soddisfare presunte curiosità sulla loro vita privata. Molti articoli degli ultimi giorni sono pieni di “spunta il nome di” riferiti a persone non coinvolte nell’operazione giudiziaria, per esempio. Il sensazionalismo giornalistico su informazioni di questo tipo ha talvolta complicato la comprensione stessa dell’inchiesta, dei suoi confini e dei presunti illeciti contestati.
Il metodo è collaudato e funziona così: prendi un’indagine, leggi le carte, fai una scrematura dei nomi, metti da una parte quelli che ti stanno simpatici e dall’altra quelli che ti stanno sulle palle, poi premi il pulsante “on” del frullatore, metti tutto insieme, aggiungi un po’ di cacca qua e là, versa in un recipiente il frullato, accendi il ventilatore e fai andare gli schizzi più lontano possibile: qualcosa succederà. Il circo mediatico-giudiziario, si sa, si è sempre mosso seguendo questo spartito. Ma la novità che emerge con chiarezza dai resoconti sull’inchiesta Mafia capitale è significativa. Un tempo, per buttare fango addosso a qualcuno, era necessaria la dichiarazione di un pentito, il contenuto di un’intercettazione, un avviso di garanzia.
Oggi, invece, per buttare fango serve ancora meno. E’ sufficiente una chiacchiera in cui Tizio e Caio parlano di Sempronio per lanciare letame addosso a Sempronio. Le cronache di questi giorni, a destra e a sinistra, sono esemplari.