La legalizzazione della marijuana in Uruguay va molto a rilento
È passato un anno dall'approvazione della legge: manca ancora la cosa più importante e potrebbero esserci nuovi problemi
La sera del 10 dicembre del 2013 il Senato dell’Uruguay ha approvato una legge per regolare la produzione, la distribuzione e la vendita della marijuana, confermando il voto favorevole della Camera di qualche mese prima. L’Uruguay è diventato così il primo paese di tutto il mondo ad approvare una norma del genere. È passato un anno dal voto finale e l’attuazione della legge è ancora in corso. Nel frattempo sono cambiate alcune cose: il presidente dell’Uruguay non è più José Mujica, grande sostenitore della legge, ma Tabaré Vazquez. E questo potrebbe avere delle conseguenze sulla legge stessa, un grande esperimento che potrebbe concludersi prima di essere completamente realizzato.
A che punto è l’attuazione della legge
I due aspetti principali della legge sono già entrati in vigore, quelli cioè che riguardano la produzione. Quattro mesi fa i privati cittadini sono stati autorizzati a coltivare un massimo di sei piante nelle loro case. La legge permette a tutti i maggiorenni di coltivare, con un limite di una produzione annuale che non può superare i 480 grammi a persona. La marijuana può essere fumata in qualsiasi luogo dove è già possibile fumare tabacco. Chi viene fermato alla guida sotto gli effetti della marijuana subisce le stesse sanzioni di chi ha bevuto alcol. Il mese scorso sono stati legalizzati anche i “club per la marijuana”, associazioni con un numero di soci compreso tra i 15 e i 45 per la coltivazione collettiva. In questo caso il limite del numero di piante di canapa consentito è 99.
Cosa manca
Manca però il passaggio più importante della legge, che è anche il più controverso: quello della vendita di marijuana controllata dallo Stato attraverso la registrazione dei compratori e una rete di distribuzione di punti autorizzati, cioè le farmacie. Secondo la legge, infatti, tutte le vendite dovranno passare attraverso il governo federale: ogni cliente dovrà registrarsi a un database gestito dal Ministero della Salute e potrà comprare al massimo 40 grammi al mese. Il prezzo è stato fissato a circa 1 dollaro al grammo, vicino al prezzo di strada della marijuana illegale importata soprattutto dal Paraguay.
Il governo sta ancora lavorando sulla creazione di tale rete di distribuzione e sul registro. Nel novembre del 2014, il Consiglio Nazionale delle droghe ha detto che sarebbe stato aperto il prossimo marzo. A rallentare su questo punto della riforma era stato nel luglio del 2014 lo stesso Mujica, che aveva detto che l’inizio della vendita legale di marijuana nel paese non sarebbe iniziata come previsto entro la fine del 2014 bensì nel 2015. Mujica aveva parlato in modo generico di alcune «difficoltà pratiche» non meglio specificate citando semplicemente la volontà di dotarsi di «strumenti tecnologici adatti» e che «funzionino».
I problemi
Mentre si attende l’attuazione completa della legge, non si sono avuti grandi risultati per quanto riguarda il principale obiettivo per cui era la legge stessa era stata approvata, e cioè cercare di ridurre il consumo delle droghe e combattere i profitti illeciti della criminalità organizzata. I consumatori che non vogliono passare attraverso tutti i problemi e le complicazioni della coltivazione hanno per ora due possibilità: sperare che la vendita controllata venga avviata al più presto o continuare ad acquistare dal mercato illegale.
I principali sostenitori della legge vorrebbero poi che le vendite passassero attraverso i produttori autorizzati in negozi specializzati, invece che dalle farmacie. «Non credo che una farmacia sia il posto giusto per vendere marijuana», ha detto per esempio Juan Vaz, uno dei principali promotori della lunga campagna per la legalizzazione della marijuana in Uruguay: «La marijuana dovrebbe essere venduta da persone che realmente conoscono la coltivazione».
Altri continuano a definire il modello di legalizzazione dell’Uruguay paternalistico, perché non va a favore della libertà e delle scelte personali ma viene trattato come un problema di salute e sicurezza pubblica che richiede l’azione costante del governo. E in tutto questo si inserisce un problema di fiducia: diversi attivisti per la legalizzazione temono che il database degli acquirenti possa essere utilizzato in futuro per altri fini. «Credo che gli unici che si iscriveranno saranno i giovani, quelli che non hanno mai vissuto sotto una dittatura», ha detto per esempio l’avvocato Alicia Castilla.
Ci sono infine problemi con i club visto che gestire la coltivazione collettiva richiede delle spese piuttosto alte e il limite imposto di 45 iscritti non è sufficiente a fare una suddivisione che risulti vantaggiosa per ognuno. Uno dei primi club aperti a Montevideo, per esempio, conta 40 membri: ognuno paga una tassa di iscrizione pari a 300 dollari e il costo dell’abbonamento mensile è di 65 dollari.
Il nuovo presidente e la marijuana
Potrebbe esserci infine un problema con il nuovo presidente. A dicembre Tabaré Vazquez, candidato di sinistra del Fronte Ampio, il partito del presidente uscente José Mujica, ha vinto il secondo turno delle elezioni presidenziali. Vazquez, che ha 74 anni ed è un oncologo, è stato il primo presidente di sinistra dell’Uruguay tra il 2005 e il 2010. Durante il suo precedente mandato promosse politiche molto dure nei confronti del consumo di tabacco come il divieto di fumare nei locali pubblici, di fare pubblicità e sponsorizzazioni da parte delle multinazionali. Gli analisti si aspettano ora che sarà altrettanto severo con la marijuana: non tanto che abrogherà la legge ma che troverà un compromesso per porvi dei limiti.
In quest’ultima campagna presidenziale Vazquez ha fatto dei problemi di salute una delle sue principali preoccupazioni e si è infatti dichiarato preoccupato per le implicazioni sulla salute che potrebbe avere la vendita di marijuana. «Prima di tutto, non si dovrebbe consumare droga», ha detto in una recente intervista televisiva in cui ha descritto la legge sulla legalizzazione come un «esperimento». «Questo percorso proposto dal presidente Mujica e con il quale sono d’accordo, potrebbe essere la soluzione, ma potrebbe anche non esserlo», ha aggiunto.