Storia di una foto famosissima e falsa
L'immagine dell'abbraccio tra un bambino israeliano e uno palestinese fu costruita ad arte su richiesta di una rivista canadese: e i bambini erano entrambi ebrei
Aggiornamento 14 dicembre – Ricki Rosen, l’autrice della fotografia, ha scritto un articolo sul quotidiano israeliano Haaretz per rispondere alle accuse che gli sono state rivolte. Rosen, in particolare, ha scritto che esiste una grande differenza tra una fotografia falsa e «un’illustrazione fotografica che serve a veicolare un concetto». La sua foto, ha spiegato, appartiene alla seconda categoria, perché non pretende di descrivere una situazione che si è effettivamente verificata, ma piuttosto mostrare una scena simbolica.
Rosen spiega che l’idea non fu sua, ma del direttore del settimanale canadese Maclean’s, che gli chiese di scattare una fotografia con quelle caratteristiche. Rosen ha anche aggiunto di essere molto offesa per i dubbi che sono stati insinuati a proposito della sua professionalità e ha specificato che negli ultimi 30 anni il suo lavoro era costituito in gran parte da foto documentarie ed è stato pubblicato su Time, sul New York Magazine e su molte altre importanti riviste.
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Un articolo del giornale ebraico americano di sinistra The Jewish Daily Forward – ripreso anche da Haaretz – ha ricostruito la vera storia di una foto molto nota che circola più o meno regolarmente da diversi anni – sui siti internet e sui social network, principalmente – ogni volta che si parla del conflitto israelo-palestinese. La foto mostra due bambini ripresi di spalle a mezzobusto mentre si abbracciano rivolti verso una città con caratteristiche urbane tipicamente mediorientali: uno dei due bambini indossa una kefiah (il copricapo tradizionale della cultura araba) e l’altro una kippah (il copricapo rituale usato dagli ebrei nei luoghi di culto). L’estate scorsa questa foto ha avuto una diffusione ancora più estesa, e in ambiti anche meno circoscritti del solito, dopo esser stata pubblicata su Twitter dalla cantante pop statunitense Rihanna insieme a un messaggio di augurio di pace (se ne parlò molto perché seguiva un precedente tweet di Rihanna, subito cancellato, in cui c’era scritto #FreePalestine).
Let’s pray for peace and a swift end to the Israeli-Palestinian conflict! Is there any hope?…. pic.twitter.com/jHD56KXkcu
— Rihanna (@rihanna) 15 Luglio 2014
Più che per la sua presunta autenticità, già in passato oggetto di alcuni sospetti, questa foto è da anni comunemente citata nell’ambito della “questione palestinese” per il suo valore simbolico: il più delle volte è usata per indicare la possibilità e l’auspicio di una convivenza pacifica tra israeliani e palestinesi. In verità i bambini della foto erano due ebrei israeliani: Zvi Shapiro (quello con la kippah), che all’epoca aveva 11 anni, e Zemer Aloni, che invece ne aveva 12. La foto artefatta è del 1993 e fu scattata dalla fotografa americana Ricki Rosen per la rivista settimanale canadese Maclean’s ad Abu Tor, un quartiere di Gerusalemme abitato anche da molti arabi israeliani, oltre che dalle famiglie di Shapiro e Aloni.
All’epoca Rosen si trovava a Gerusalemme per un servizio fotografico in vista delle trattative di pace per il conflitto arabo-israeliano che avrebbero portato poco più tardi agli accordi di Oslo, nell’agosto 1993, tra l’allora leader palestinese Yasser Arafat – in nome dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) – e il primo ministro israeliano Ytzhak Rabin. In base agli accordi per la prima volta gli israeliani riconobbero l’OLP come interlocutore ufficiale per conto del popolo palestinese e gli riconobbero il diritto di governare su alcuni dei territori occupati. Rosen ha raccontato di aver ricevuto istruzioni precise dall’art director del giornale, che le fece anche un disegno per dirle che foto voleva: un ragazzino con la kefiah, un altro con la kippah, fotografati di spalle abbracciati con una lunga strada davanti, che simboleggiasse la strada verso la pace. Non gli importava che i ragazzini fossero israeliani o palestinesi.
Come riportato nell’articolo del Jewish Daily Forward, Rosen – che conosceva Shapiro, il bambino israeliano – non ha nemmeno provato a cercare un bambino palestinese per ottenere lo scatto con l’abbraccio reciproco con Shapiro, perché difficilmente avrebbe trovato qualcuno disposto a farsi fotografare mentre abbracciava un ebreo. «I rapporti si erano completamente interrotti dopo la prima Intifada e i palestinesi erano veramente spaventati a farsi vedere in giro con degli israeliani, perché i collaboratori venivano uccisi», ha spiegato. Allora Rosen avvicinò un amico di Shapiro – Aloni, un bambino israeliano di origini mediorientali – per chiedergli di indossare la kefiah e farsi fotografare mentre abbracciava il suo amico Shapiro. Il Jewish Daily Forward si è messo in contatto anche con Shapiro, che oggi ha 32 anni, mentre Aloni ne ha 33: hanno continuato a essere amici e a frequentarsi fino agli anni del servizio militare, prima di perdersi di vista. «Ricki ci disse di parlare l’uno con l’altro ed è anche buffo, perché non penso che ci saremmo necessariamente abbracciati in quel modo lì», ha detto Shapiro spiegando la posizione che la fotografa Rosen chiese a lui e ad Aloni di assumere per lo scatto fotografico.
Uno degli aspetti più inverosimili, e che nel corso degli anni hanno generato maggiori sospetti riguardo l’autenticità della foto, è il fatto che la kefiah indossata da Aloni è un copricapo tradizionalmente indossato daagli arabi adulti e non dai bambini. «Si trattava di una foto simbolica, non era mai stata pensata come una fotografia documentaria», ha spiegato Rosen al Jewish Daily Forward. Anche per Shapiro – che oggi vive negli Stati Uniti – fu sostanzialmente una messinscena, dato che la sua famiglia non era religiosa e lui non indossava la kippah.
Riguardo l’autenticità della fotografia, Rosen ha detto: «Penso che oggi sia probabilmente meno accettabile di quanto non lo fosse all’epoca. Una delle cose che provo oggi è solo una certa tristezza. C’è stato un breve periodo in cui questa foto non sembrava così inverosimile come appare oggi… penso che nella foto ci sia una sincera fiducia per una soluzione pacifica, la convinzione che ci possa essere non soltanto pace ma solidarietà e vera amicizia». Anche Aloni – che oggi vive con sua moglie a Nahalal, vicino Haifa – la pensa più o meno come Shapiro, e al Jewish Daily Forward ha detto che la fotografia oggi è un “wishful thinking”: «All’epoca era quasi una realtà, e ora è una visione».
La fotografia di Rosen fu digitalizzata nel 2002 come parte del portfolio della fotografa da parte della statunitense Corbis Images, un’azienda di Seattle che si occupa anche della gestione delle licenze. Nell’archivio Corbis la fotografia è indicizzata in modo molto generico – “Dicembre 1993: un bambino israeliano e uno palestinese camminano abbracciandosi” – e da nessuna parte viene scritto che si tratta di una foto creata ad arte. Come spiegato nell’articolo del Jewish Daily Forward, la maggior parte delle numerosissime riproduzioni di questa foto nel corso degli anni – compresa quella di Rihanna – sono avvenute senza che Rosen o l’azienda Corbis lo abbiano mai consentito o anche soltanto saputo. In certi casi la fotografia si trova su alcuni siti che la riportano come protetta da licenza Creative Commons e Rosen non ha mai autorizzato la concessione di una licenza di questo tipo.