Esiste una soluzione per Cipro?
Un paese europeo è ancora spaccato in due – greci ciprioti a sud, turchi ciprioti a nord – e ha l'unica capitale divisa del mondo: i nuovi colloqui non stanno andando bene
Da qualche settimana alcuni dei più importanti giornali e siti di news internazionali hanno ricominciato a parlare di una delle più lunghe e complicate crisi degli ultimi cinquant’anni in Europa: la divisione di Cipro in due, tra nord turco-cipriota e sud greco-cipriota. Cipro è la terza isola più grande del Mar Mediterraneo e si trova in una posizione che molti analisti considerano di grande importanza strategica: in mezzo al Mediterraneo orientale, a sud della Turchia e a ovest del Libano e della Siria. La capitale di Cipro, Nicosia, è l’unica capitale del mondo ancora divisa in due zone (in maniera simile a Berlino durante gli anni del Muro). Da anni le Nazioni Unite stanno provando a trovare una soluzione federale che porti però alla riunificazione del paese. Nel 2014 è cominciato il settimo giro di colloqui. C’erano aspettative piuttosto alte, poi le cose si sono complicate e nelle ultime settimane, per un incidente sullo sfruttamento del gas, sembra che una soluzione sia di nuovo molto lontana.
Cos’è Cipro e perché è divisa
La storia di Cipro degli ultimi 50 anni è stata molto turbolenta. Cipro ottenne l’indipendenza dal Regno Unito nel 1960, ma quattro anni più tardi cominciarono dei violenti scontri tra i greci ciprioti (la maggioranza) e i turchi ciprioti. Gli scontri provocarono grosse tensioni tra Turchia e Grecia, risolte temporaneamente dalla mediazione dell’allora presidente statunitense Lyndon Johnson. Nel 1974 la Guardia Nazionale cipriota e la giunta militare al governo in Grecia (più conosciuta come il “regime dei colonnelli”) organizzarono un colpo di stato a Cipro: il presidente Makarios III – arcivescovo e capo della Chiesa ortodossa di Cipro – fu deposto. Il potere fu affidato al nazionalista filo-greco Nikos Sampson e fu proclamata la Repubblica Greca di Cipro.
In risposta al colpo di stato, il 20 luglio 1974 la Turchia invase Cipro. Il governo turco giustificò la sua azione militare sulla base del Trattato di Zurigo e Londra del 1960, che dava a Grecia, Regno Unito e Turchia il diritto di intervenire militarmente in caso di modifica della situazione di Cipro così come stabilita nel trattato. La Turchia prese il controllo del nord e l’isola fu divisa in due parti dalla cosiddetta “Linea verde” (che divide in due anche Nicosia). Sampson si dimise: la giunta militare greca che lo avevo nominato perse l’appoggio dell’esercito (da lì a poco sarebbe finito il regime dei colonnelli in Grecia) e Makarios ritornò al potere. I turchi ciprioti istituirono però un governo indipendente nel nord: nel 1983 fu proclamata la Repubblica Turca di Cipro del Nord, non riconosciuta da alcuno stato del mondo ad eccezione della Turchia. Oggi il sud dell’isola – circa il 60 per cento dell’intero territorio – si trova sotto il controllo della Repubblica di Cipro, stato membro dell’Unione europea dal primo maggio 2004: è diviso dal nord da una “zona cuscinetto” sotto il controllo internazionale delle Nazioni Unite.
A che punto sono i “colloqui su Cipro”?
Da anni le Nazioni Unite stanno cercando di mediare una soluzione per arrivare alla riunificazione di Cipro. Il piano più ambizioso elaborato finora è stato il Piano di Annan (2002-2004), che prevedeva la riformulazione della Repubblica di Cipro nella “Repubblica Unita di Cipro”, una federazione formata da due stati. Il piano fu votato in un referendum tenuto in tutta l’isola nel 2004: il 65 per cento dei votanti turchi ciprioti disse sì, ma tra i greci ciprioti i sì furono solo il 24 per cento. Il referendum non passò e il piano fu bocciato.
Da febbraio del 2014 è ricominciata un’altra serie di colloqui: le due parti si sono accordate di ragionare su una federazione di due entità con “eguaglianza politica”. Un nuovo inviato delle Nazioni Unite, Espen Barth Eide, ex ministro degli Esteri della Norvegia, è arrivato a Cipro a settembre per cercare di accelerare il raggiungimento di un accordo. Il piano di cui si sta discutendo è sostenuto anche dal presidente (greco-cipriota) Nicos Anastasiades, che era già stato uno dei sostenitori del piano di Annan. Ci sono alcune cose nuove nel giro di colloqui cominciati lo scorso febbraio, ha scritto l’esperto Hugh Pope su un blog del sito dell’organizzazione non governativa International Crisis Group: per esempio la posizione di Anastasiades, che ha proposto un approccio più realistico dei precedenti e che prevede una soluzione federale più “leggera”; oppure il ruolo più preminente degli Stati Uniti in veste di mediatori nei colloqui. Finora però le novità non sono bastate a superare le differenze tra le parti e sono emersi nuovi ostacoli.
Che prospettive ci sono?
Dalla fine di ottobre i colloqui mediati dalle Nazioni Unite sono stati sospesi per una disputa sullo sfruttamento delle riserve offshore cipriote di gas. Anastasiades aveva interrotto le negoziazioni dopo che la nave turca Barbaros aveva violato le acque territoriali cipriote per svolgere delle ricerche sul gas nell’area. Lo sfruttamento del gas è diventato per il governo cipriota ancora più importante dopo la crisi finanziaria dello scorso anno. Il portavoce del governo cipriota, Nicos Christodoulides, ha descritto la violazione come “la più seria” escalation della disputa sul gas dal 1983.
Diversi analisti, scrive l’Economist, sono molto scettici sulla sostenibilità della soluzione federale. Ergun Olgen, il capo negoziatore per il presidente turco cipriota Dervis Eroglu, ha detto che far funzionare una federazione sarebbe molto difficoltoso, soprattutto perché i greco-ciprioti sono circa l’80 per cento della popolazione dell’isola. Trovare altre soluzioni sembra però ancora più complicato, almeno per ora. Lo scorso marzo l’International Crisis Group si è espresso a favore di un’opzione che prevede due stati separati all’interno dell’Unione Europea. Il raggiungimento di un accordo potrebbe garantire, tra le altre cose, la riapertura del confine che ancora divide le due zone, permettere a molti greco-ciprioti di riappropriarsi delle loro proprietà e dei loro terreni, e metterebbe fine all’isolamento internazionale dei turchi ciprioti.