La Cina e gli organi dei condannati a morte
Il governo cinese ha detto che dal 2015 non verranno più trapiantati organi dei prigionieri uccisi nelle esecuzioni: ed è una grossa novità
Il governo cinese ha detto che dal primo gennaio 2015 entrerà in vigore in Cina il divieto di espiantare gli organi dei prigionieri uccisi dopo un’esecuzione di condanna a morte. La decisione è stata annunciata venerdì dal capo della commissione per la donazione degli organi. Il governo cinese aveva ammesso ufficialmente la pratica soltanto nel 2009 (anche se alcuni funzionari ne avevano già parlato pubblicamente nel 2006) e aveva annunciato la decisione di interromperla nel 2012. Secondo alcune stime, gli organi espiantati dai condannati a morte vengono utilizzati nei due terzi dei trapianti che avvengono in tutta la Cina.
In teoria già oggi in Cina è impossibile che avvenga una donazione di organi senza il consenso del donatore o della sua famiglia. Diverse organizzazioni umanitarie hanno però accusato il governo di fare spesso pressione sulle famiglie e sui condannati a morte affinché acconsentano alle pratiche di trapianto. Secondo alcune di queste organizzazioni, l’elevata domanda di organi è arrivata anche a influenzare il numero e la rapidità delle esecuzioni.
Secondo alcune stime, in Cina sono circa 10mila le persone che ogni anno subiscono un trapianto d’organi, su un totale di 300mila richieste. Solo una persona ogni trenta riesce quindi ad ottenere un trapianto: è un rapporto molto basso, soprattutto se confrontato con quello degli Stati Uniti, dove una persona ogni sei riesce a sottoporsi a un trapianto (nel 2013 in Italia su circa 9mila persone in lista d’attesa 3mila hanno ottenuto un trapianto). In Cina circa il 65 per cento degli organi proviene da donatori morti, il 90 per cento dei quali sono stati condannati a morte. Funzionari del governo cinese hanno ammesso che uno dei problemi principali per l’industria degli organi nel paese è la credenza tradizionale secondo cui un corpo deve rimanere integro dopo la morte.
Secondo alcune organizzazioni per la difesa dei diritti umani, ogni anno in Cina si verificano più esecuzioni di prigionieri che in tutto il resto del mondo messo insieme (si parla di circa 2.400 persone, dicono le stime relative al 2013). Secondo il governo, utilizzare organi prelevati da condannati a morte era un modo per combattere il traffico di organi illegale, un reato molto diffuso nel paese. Una delle ragione dell’ampia diffusione di questo traffico è un sistema sanitario ritenuto spesso corrotto e poco trasparente. Secondo un sondaggio fatto nel 2012, l’81 per cento degli intervistati era preoccupato che acconsentire alla donazione degli organi avrebbe alimentato il mercato illegale.