Il New Republic è scoppiato
I giornalisti di una storica e rispettata rivista americana si sono dimessi in massa e accusano l'editore Chris Hughes, cofondatore di Facebook, di voler fare "un altro Buzzfeed"
Fra giovedì 4 e venerdì 5 dicembre si sono dimessi moltissimi redattori e collaboratori di New Republic, uno storico e rispettato magazine cartaceo americano di sinistra – compresi il suo direttore Franklin Foer e il caporedattore della parte letteraria Leon Wieseltier – a causa di alcune polemiche con l’editore, il 31enne cofondatore di Facebook Chris Hughes, riguardo la nuova direzione della rivista. Le prime dimissioni, in ordine di tempo, sono state proprio quelle di Foer e Wieseltier: le hanno presentate a seguito della scoperta che Hughes aveva già assunto un altro giornalista per sostituire Foer. Solo due settimane fa New Republic aveva festeggiato i 100 anni dalla propria fondazione con un gala a cui aveva tenuto un discorso l’ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton. Fra i giornalisti che hanno dato le dimissioni ce ne sono di molto rispettati, come la collaboratrice di Slate e Washington Post Anne Applebaum e il giornalista politico del New Yorker Ryan Lizza.
Da tempo The New Republic, nei piani di Hughes, doveva cambiare l’approccio online avvicinandosi di più a testate meno “seriose” come Buzzfeed e lo Huffington Post: un progetto poco in linea con le pubblicazioni precedenti della rivista. New Republic ha infatti ospitato per decenni analisi politiche, lunghi e dettagliati reportage e argomentati editoriali: è stato fondato nel 1914 come rivista di arte, politica e letteratura, con un orientamento politico di sinistra, ma negli anni ha ospitato diversi redattori e collaboratori centristi o di destra. Ha spesso preso posizioni non scontate, almeno per un magazine considerato di sinistra: per esempio ha sostenuto le politiche anticomuniste di Ronald Reagan e l’invasione dell’Iraq da parte dell’esercito americano nel 2003. Alle elezioni presidenziali però ha appoggiato quasi sempre candidati democratici, con l’eccezione del candidato indipendente John B. Anderson alle elezioni del 1980 (quelle in cui il presidente uscente Jimmy Carter fu sconfitto da Reagan).
Negli anni sono passati da New Republic alcuni dei giornalisti americani più famosi e importanti degli ultimi anni: dal 1991 al 1996 è stato direttore della rivista Andrew Sullivan, che fu uno dei primi blogger americani di successo, mentre negli anni Ottanta ottenne lo stesso incarico Michael Kinsley, che nel 1996 fondò poi Slate. David Remnick, l’attuale direttore del New Yorker, ha iniziato la sua carriera di giornalista al New Republic. Negli anni però il giornale ha anche attraversato periodi di crisi e qualche guaio: alla fine degli anni Novanta ospitò diversi articoli di Stephen Glass, un giornalista che fu poi scoperto a inventare gran parte del materiale che finiva nei suoi articoli (la rivista dovette pubblicare un intero articolo di scuse e la sua reputazione ne risentì). Alla fine degli anni Duemila, poi, la rivista cambiò il formato cartaceo e aggiornò il suo sito internet nel tentativo di dare un taglio più fresco alla testata.
Nel 2012, dopo qualche guaio finanziario, New Republic fu acquistata da Chris Hughes, che allora aveva 29 anni ed era noto perlopiù per avere cofondato Facebook (ad Harvard era il compagno di stanza di Mark Zuckerberg) ed esserne stato per alcuni anni il portavoce. Come racconta il New York Times, dopo che Hughes ne è diventato l’editore New Republic ha raddoppiato le dimensioni della propria redazione e ha concentrato i propri sforzi sulla versione online della rivista, arrivando a ottenere circa 4 milioni di utenti unici al mese. Nel settembre del 2014 Hughes ha assunto per affiancarlo Guy Vidra, che in precedenza era stato a capo di Yahoo News. Negli scorsi mesi, riporta un lungo articolo del Daily Beast, Hughes aveva però litigato con alcuni redattori arrivando a definirne alcuni «dei discoli viziati».
All’inizio di ottobre Vidra – che secondo il Daily Beast aveva detto di trovare New Republic “noioso” e si era lamentato di non riuscire ad andare oltre le prime 500 parole di molti articoli – aveva annunciato bruscamente alla redazione che la rivista doveva cambiare direzione (con un discorso che una fonte del Daily Beast ha definito «pieno di espressioni da Silicon Valley»). La redazione, inoltre, si sarebbe dovuta trasferire da Washington a New York. Un mese dopo, durante un discorso del gala per i 100 anni della rivista, Vidra aveva parlato fondamentalmente di sé e dei nuovi obiettivi “numerici” che il sito avrebbe dovuto raggiungere. A un certo punto Vidra pronunciò persino in maniera sbagliata il nome di Franklin Foer, pronunciandolo “foyer”. Ryan Lizza ha paragonato il momento al cosiddetto red wedding della serie televisiva fantasy Game of Thrones, una scena molto violenta.
Per molto tempo Foer non sapeva del fatto che sarebbe stato presto sostituito (lo ha scoperto telefonando a Hughes dopo averlo letto su Gawker): poco dopo, cioè giovedì, lui e Wieseltier hanno presentato le proprie dimissioni con un discorso a tutta la redazione, che li ha applauditi a lungo: «la gente ha pianto tutto il pomeriggio», ha detto la redattrice Julia Ioffe, che ha poi presentato le proprie dimissioni a sua volta. Non è chiaro cosa diventerà adesso New Republic: si sa solo che uscirà 10 volte all’anno (dal 2007 le edizioni annuali erano 24) e che il nuovo direttore sarà Gabriel Snyder, un giornalista di Bloomberg che in precedenza ha lavorato per Gawker e l’Atlantic Wire. Hughes ha detto che la rivista deve iniziare ad immaginarsi come un «media di tecnologia digitale». Un ex redattore ha descritto il nuovo New Republic come «un altro clone di Buzzfeed»; un altro ex collaboratore della rivista ha detto a Politico che è come se Hughes avesse «comprato una villa vittoriana promettendo di conservarla, e poi invece l’avesse fatta a pezzi per ricavarne dei condomini».