Cosa dice il direttore del Tempo
L'abbozzo di spiegazione di Gian Marco Chiocci sulle cose che dice di lui e del suo giornale l'ordinanza del GIP sulla corruzione a Roma
Il direttore del Tempo Gian Marco Chiocci ha pubblicato venerdì una specie di spiegazione della notizia dei contatti tra il suo giornale – e lui stesso – e i principali arrestati nell’inchiesta sulla corruzione a Roma. Si tratta di due temi, indicati dalle indagini del ROS e dall’ordinanza del GIP Flavia Costantini: gli articoli che il Tempo avrebbe scritto per orientare una sentenza del TAR del Lazio in modo favorevole agli accusati, e l’incontro personale del direttore con Massimo Carminati, di cui i dettagli contenuti in 25 pagine dell’informativa del ROS non sono stati finora diffusi pubblicamente. In un primo tempo Chiocci aveva scritto alcune righe senza dare di fatto alcuna spiegazione sul primo tema e sulle prove che sembrano indicare la natura strumentale degli articoli: “ci siamo occupati anche…”. E sul secondo tema si era limitato ad ammettere l’incontro con Carminati suggerendo un’intenzione precedente di intervistarlo, che però non avrebbe avuto alcun risultato, malgrado l’incontro: incontro che comunque Chiocci non attribuisce a una richiesta di intervista (“chi vi scrive ha avuto l’occasione di parlare con Massimo Carminati”, corsivo nostro) e non spiega di più.
Nel commento di venerdì Chiocci dà più estese ma sempre molto generiche informazioni sull’intenzione strumentale di quegli articoli, privilegiando una maggior parte di considerazioni personali accessorie e dettagli meno rilevanti, e “confessando” che l’allora sindaco di Roma Alemanno chiese al giornale di incontrare Salvatore Buzzi: “lo abbiamo incontrato”. “Dire che lo abbiamo facilitato è un controsenso e una bestemmia”, scrive Chiocci di quanto è scritto nell’ordinanza (per la quale un articolo del Tempo era “volto a promuovere da parte del BUZZI e del CARMINATI, una campagna mediatica favorevole al primo e volta ad ingenerare dubbi sull’imparzialità dell’autorità giudiziaria amministrativa”). Chiocci dice anche che il Tempo avrebbe “contattato la controparte” (ovvero i concorrenti di Buzzi), ma di questo contatto non c’è nessuna traccia negli articoli pubblicati, che citano sempre e solo le versioni e le accuse della cooperativa di Buzzi.
E sull’incontro con Carminati, Chiocci insiste ancora con i lettori di averlo usato “anche” per ottenere un’intervista tornando molto su questa opportunità, ma evita accuratamente di mettere per iscritto che fosse quella la ragione per cui si è tenuto l’incontro: ragione che quindi non è per ora spiegata (“quando ce lo siamo trovati davanti abbiamo provato anche a strappargli un’intervista”).
Mi scuso con i lettori de Il Tempo se per la seconda volta in pochi giorni abusiamo della loro pazienza per spiegare la stessa cosa. Lo facciamo perché in queste ore c’è qualcuno che alla solita maniera, subdola e infame, sta lasciando intendere come questo giornale abbia aiutato personaggi coinvolti nell’inchiesta sulla mafia Capitale. Confessiamo come un giorno l’ex sindaco Alemanno ci ha chiesto di ascoltare quanto aveva da dire un personaggio a noi sconosciuto ma – scopriremo presto – in realtà notissimo nella Capitale, con referenze negli ambienti istituzionali e politici.
Il personaggio, anche simpatico, è Salvatore Buzzi, presidente della coop 29 giugno, poi arrestato. Prima di incontrarlo ci siamo informati sull’«uomo di Veltroni» – così ci veniva presentato – scoprendo che lavorava con le giunte di destra e sinistra, inclusa quella in corso. Dopodiché lo abbiamo incontrato, ci siamo fatti spiegare la storia di un centro per rifugiati (tema caldo come sanno bene i lettori de Il Tempo) e visti i documenti abbiamo pubblicato tutto contattando anche la controparte. Questa è la storia di cui si accenna nelle carte, e di cui abbiamo già parlato il giorno degli arresti. Da quel momento, di tanto in tanto, abbiamo contattato Buzzi sia per ottenere notizie sulle politiche sociali (che a lui non è che piacesse tanto trattare) sia per altro, tipo intervistare un suo dipendente, Pino Pelosi, per il caso Pasolini.Buzzi è stato sempre gentile ma ha potuto poco di fronte alle nostre inchieste sullo spreco dei soldi per le emergenze rom, clandestini, rifiuti e occupazioni, cominciate prima della sua conoscenza e continuate anche dopo, fino ai giorni nostri. Ci ha dato notizie dimostrandosi, però, spesso inaffidabile nell’esposizione di ben precisi episodi e millantando fatti e conoscenze di persone di cui in realtà – abbiamo riscontrato facilmente – era all’oscuro. Dire che lo abbiamo facilitato quando, su sollecitazione dei lettori, abbiamo scritto centinaia di articoli e decine di inchieste su nomadi, immigrati, rifiuti (di cui Buzzi era il monopolista assoluto) è un controsenso e una bestemmia. Rispetto poi al faccia a faccia con Carminati, mai conosciuto o incontrato prima, abbiamo già dato conto il primo giorno di quest’inchiesta (pagina 9) sviluppata quotidianamente da Il Tempo su decine e decine di pagine. Quando il «Nero» ce lo siamo trovati davanti abbiamo provato anche a strappargli un’intervista, come da anni tentano di fare decine di giornalisti. L’interessato, però, non ne ha voluto sapere.