Dopo Iguala, il presidente del Messico vuole cambiare la polizia
A due mesi dalla sparizione di 43 studenti, mentre continuano le proteste, Peña Nieto ha detto di voler sciogliere le polizie locali
A due mesi dalla sparizione di 43 studenti a Iguala, nello stato di Guerrero, in Messico la situazione non sembra essere risolta. I ragazzi sono stati dati per morti, il sindaco di Iguala e sua moglie sono stati arrestati, ma ancora non si conoscono molte cose né si sono trovati i cadaveri; continuano a susseguirsi manifestazioni e proteste durante le quali ci sono spesso scontri con la polizia; sono stati scoperti nuovi corpi in una fossa comune e il presidente del paese ha parlato alla nazione annunciando grandi riforme su polizia e legalità.
Cosa dice il governo sugli studenti
La scomparsa degli studenti messicani risale al 26 settembre scorso: la polizia li aveva fermati su una strada di Iguala, c’era stata una sparatoria, alcuni erano stati uccisi sul posto, altri erano riusciti a fuggire. In 43 erano stati arrestati dalla polizia e da allora di loro non si era più saputo nulla. Fin dalle prime fasi delle indagini era emerso il coinvolgimento di una banda criminale locale molto potente, i Guerreros Unidos. Lo scorso 8 novembre tre membri della banda hanno confessato di averli uccisi: hanno detto che i 43 studenti erano stati consegnati loro dalla polizia locale, che a sua volta li aveva fermati mentre su alcuni autobus erano diretti verso un evento organizzato dal sindaco di Iguala José Luis Abarca, e sua moglie, María de los Ángeles Pineda, per contestarli. Entrambi sono stati arrestati il 5 novembre dopo un breve periodo di latitanza: sono accusati di essere i mandanti del sequestro degli studenti e di avere legami stretti con Guerreros Unidos.
Sempre secondo la confessione dei tre membri criminali, almeno quindici studenti erano già morti per asfissia prima che la polizia li consegnasse. Gli uomini di Guerreros Unidos avrebbero sparato agli altri e poi avrebbero bruciato i corpi in una discarica per quattordici ore consecutive. I familiari degli studenti scomparsi hanno detto in diverse occasioni di non credere alla ricostruzione ufficiale data dal governo o comunque di voler aspettare i risultati degli esami del DNA per sapere se i resti umani ritrovati appartengano davvero agli studenti scomparsi. Gli esami non sono ancora conclusi. Comunque sia da tutta questa storia è piuttosto evidente il legame tra forze di polizia, bande criminali e politica, almeno a livello locale.
Il messaggio del presidente
Di fronte alle proteste dei cittadini e degli studenti che non si sono fermate, e si sono anzi diffuse anche al di fuori del paese, giovedì 27 novembre il presidente messicano Enrique Peña Nieto ha parlato alla nazione e ha detto di voler fare diverse riforme costituzionali che hanno a che fare con polizia e legalità: l’obiettivo sarebbe contrastare “l’infiltrazione del crimine organizzato”.
Le riforme saranno presentate lunedì prossimo al parlamento e prevedono che i gruppi della polizia locale vengano sciolti e siano sostituiti da gruppi controllati a livello nazionale. I primi esperimenti si svolgeranno nel Michoacán, a Jalisco, nel Tamaulipas a Guerrero, quattro città considerate roccaforti del narcotraffico. Il governo federale manterrà inoltre il diritto di sciogliere i corpi di polizia «nel caso in cui ci siano indizi sufficienti che ci siano coinvolgimenti con il crimine organizzato»: l’idea è passare da «più di 1.800 piccole forze di polizia municipale, che possono essere facilmente danneggiate dai criminali, a una forza di sicurezza regionale composta da 32 solide corporazioni».
Le fosse comuni
Poche ore prima del messaggio del presidente sono stati ritrovati undici corpi di ragazzi tra i 20 e i 25 anni, alcuni dei quali decapitati, con segni di ustioni e fori di proiettile, vicino a Ayahualulco, nel comune di Chilapa sempre nello stato di Guerrero e a 40 chilometri dal luogo dove sono stati trovati i corpi che dovrebbero appartenere a quelli degli studenti. Secondo i media locali sarebbe stato ritrovato anche un messaggio attribuito al gruppo criminale Las Ardillas in cui c’era scritto: «Ecco la vostra spazzatura».
Dalla presidenza di Felipe Calderón, tra il 2006 e il 2012, in Messico più di 80 mila persone sono morte a causa della violenza dei cartelli della droga, e altre 20 mila sono sparite. Nel corso di questo stesso periodo sono state scoperte centinaia di tombe clandestine e fosse comuni. Il 97 per cento delle denunce per omicidi in Messico non si conclude con la cattura del colpevole e dal 2006, secondo Human Rights Watch, non c’è stata alcuna condanna per le varie sparizioni. Secondo uno degli ultimi sondaggi fatti nel paese, il 90 per cento della popolazione considera la polizia come una delle istituzioni più corrotte.