A che punto sono i vaccini per ebola
I primi test sanitari hanno dato risultati "incoraggianti" negli Stati Uniti, l'OMS è ottimista ma è ancora presto per dire di avere trovato il modo di contrastare il virus
Un vaccino sperimentale contro il virus ebola realizzato dall’azienda farmaceutica GlaxoSmithKline ha dato i primi risultati “incoraggianti” in una serie di test clinici negli Stati Uniti. I risultati delle prime prove con volontari sono stati pubblicati sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine mercoledì 26 novembre, ma i ricercatori hanno spiegato che si tratta di dati preliminari e che è ancora presto per potere affermare di avere trovato il modo di rendere immuni le persone a ebola, la cui epidemia in Africa occidentale ha causato la morte di quasi 6mila persone secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
I test preliminari sul nuovo vaccino sono stati condotti a Bethesda, nel Maryland, presso il National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), uno dei centri di ricerca sulle malattie infettive del ministero della Salute statunitense. La sperimentazione è iniziata lo scorso 2 settembre e coinvolge 20 volontari, la cui salute sarà tenuta sotto controllo per un totale di 48 settimane. Come spesso avviene nella sperimentazione di nuovi medicinali, la prima fase dei test è soprattutto dedicata alla verifica della sicurezza sanitaria del vaccino, prima ancora che ai suoi effetti nel rendere immuni dal virus ebola. La risposta immunitaria dei volontari viene comunque tenuta sotto controllo ed è proprio grazie a queste verifiche che è stato possibile affermare che i risultati sono incoraggianti.
Anthony Fauci, responsabile del NIAID, ha spiegato che «la sicurezza del vaccino è incoraggiante, così come lo è la scoperta che una dose più alta di vaccino induce una risposta immunitaria quasi comparabile con quella che ha permesso di dare una totale protezione dal virus ebola nei test di laboratorio su animali».
I volontari che partecipano alla sperimentazione hanno un’età compresa tra i 18 e i 50 anni. Metà del campione ha ricevuto una dose più bassa del vaccino, mentre l’altra metà una dose più alta. Tutti i 20 volontari hanno sviluppato anticorpi che permettono al loro organismo di contrastare il virus. La concentrazione degli anticorpi è risultata più alta nella metà del campione che ha ricevuto una dose più alta di vaccino. Questo aspetto dovrà essere approfondito con ulteriori test, perché nel caso in cui fossero necessarie sempre dosi più alte di vaccino i costi per la produzione sarebbero molto più alti.
Il vaccino viene somministrato tramite una normale iniezione intramuscolare, come avviene per quello antinfluenzale. Il risultato è frutto di una collaborazione tra NIAID e Okairos, una società di biotecnologie che è stata acquisita da GlaxoSmithKline. Nel vaccino non è presente il virus ebola ma solo alcune parti del suo codice genetico, ritenute sufficienti per fare in modo che l’organismo in cui viene iniettato sviluppi una risposta immunitaria per contrastare il virus vero e proprio. Con questa soluzione si rende il vaccino molto più sicuro, senza mettere in pericolo la sua efficacia o la salute delle persone che vengono vaccinate.
Saranno necessarie nuove verifiche e studi prima di poter dichiarare funzionante il vaccino. Le conferme sulla sua sicurezza permetteranno comunque di proseguire con i test, che entro fine anno – o al massimo nelle prime settimane del 2015 – saranno avviati in alcune aree dell’Africa occidentale a più alto rischio di contagio. Con un comunicato piuttosto insolito la Casa Bianca si è congratulata con i responsabili del progetto per i risultati ottenuti finora, annunciando che nella prossima settimana il presidente Barack Obama visiterà i laboratori dove sono in corso le attività di ricerca.
GlaxoSmithKline non è comunque l’unica azienda farmaceutica che sta lavorando senza sosta per sviluppare un vaccino. NewLink Genetics, che da tempo lavora alla ricerca di un vaccino, ha trovato un accordo con l’azienda farmaceutica Merck, che finanzierà il progetto con 50 milioni di dollari per accelerarne lo sviluppo. Un primo programma di sperimentazione dovrebbe essere avviato negli Stati Uniti, in Europa e in Africa entro le prossime settimane. Johnson & Johnson è in ritardo ma sta comunque lavorando a un proprio vaccino, la cui sperimentazione dovrebbe essere avviata all’inizio del prossimo anno. L’Organizzazione Mondiale della Sanità confida in tempi stretti per potere testare almeno un vaccino in Africa occidentale sulle persone a più alto rischio di contagio.