La seconda notte di proteste a Ferguson
Ci sono stati nuovi scontri tra manifestanti e polizia, e decine di nuovi arresti: anche nel resto degli Stati Uniti sono state organizzate marce a sostegno della famiglia Brown
Nella notte tra martedì e mercoledì ci sono state nuove proteste e scontri a Ferguson tra i manifestanti, per lo più appartenenti alla comunità nera, e gli agenti di polizia. Molte persone da due giorni protestano contro la decisione del gran giurì che ha stabilito di non incriminare Darren Wilson, il poliziotto che il 9 agosto scorso sparò al diciottenne nero Michael Brown uccidendolo in una delle strade della città, che si trova vicino a St Louis nel Missouri (Stati Uniti). Manifestazioni a sostegno della famiglia Brown e contro la decisione della giuria sono state organizzate in molte altre città degli Stati Uniti, con marce pacifiche cui hanno partecipato migliaia di persone.
Dopo gli scontri di lunedì sera, nella giornata di martedì la situazione è stata piuttosto tranquilla, con solo alcuni casi di scontri tra singoli manifestanti e la polizia. A St Louis alcuni gruppi di persone hanno temporaneamente chiuso una delle strade principali della città, mentre in seguito è stata organizzata una manifestazione davanti alla sede del tribunale federale che si è occupato del caso Brown.
Le cose sono peggiorate quando ha iniziato a fare buio, nonostante la presenza di centinaia di forze dell’ordine impegnate a Ferguson. Alcuni manifestanti hanno ribaltato un’auto della polizia. Gli agenti sono intervenuti in diversi punti della città con lanci di lacrimogeni e cariche per disperdere i manifestanti. Sono state arrestate decine di persone, che si aggiungono alle circa 80 già fermate martedì. Polizia e Guardia Nazionale, presente con circa 2.200 uomini, hanno provato a sgomberare alcune aree della città dove si sono concentrati i manifestanti, minacciando nuovi arresti.
Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha invitato la popolazione a manifestare pacificamente e ha ricordato che le violenze per strada sono imperdonabili e che chi le compie deve essere perseguito. Parlando a Chicago, Obama ha poi ammesso che la decisione del gran giurì ha avuto un profondo impatto “in molte comunità nere dove c’è la sensazione che le nostre leggi non siano applicate in maniera uniforme ed equa”. Ha infine assicurato che il suo governo farà in modo di riottenere la fiducia di queste comunità, assicurandosi che la legge sia applicata più equamente se necessario.
Dall’annuncio della decisione della giuria, in decine di città negli Stati Uniti sono state organizzate manifestazioni di vario tipo. A New York un gruppo di manifestanti ha causato la chiusura temporanea del ponte di Brooklyn e di alcune strade adiacenti. A Cleveland, in Ohio, centinaia di persone hanno bloccato il traffico in alcuni punti della città, manifestando contro la decisione sul caso Brown e per chiedere giustizia dopo la morte di un ragazzino di 12 anni, ucciso per errore da un poliziotto nei giorni scorsi. Altre manifestazioni sono state organizzate a Chicago, Boston, Los Angeles, Atlanta e diverse altre città: a parte Ferguson, la situazione più delicata dal punto di vista degli scontri c’è stata a Oakland, in California.
In molti casi i manifestanti hanno sfilato per le strade con cartelli a sostegno della famiglia Brown e urlando slogan come “Mani in alto, non sparare”, perché secondo la versione di alcuni testimoni Michael Brown aveva le mani alzate quando il poliziotto sparò uccidendolo a Ferguson. Altri manifestanti hanno mostrato cartelli con la scritta “Anche le vite dei neri contano”.
Il poliziotto Darren Wilson intanto ha dato la sua prima intervista ad ABC News. Ha detto che ripensando a come andarono le cose in agosto, ancora oggi non farebbe nulla di diverso. Wilson ha spiegato di avere svolto il suo lavoro, di averlo fatto nel modo giusto e di essere a posto con la propria coscienza. Ha poi detto che Michael Brown era un “uomo molto forte” e che a un certo punto si sentì come “un bambino di 5 anni che si confronta con Hulk Hogan”. Wilson ha smentito la versione di diversi testimoni, secondo i quali Brown alzò le mani poco prima di essere ucciso.
Secondo una prima ricostruzione, circolata poco dopo la sua morte, Brown stava camminando con un amico in mezzo alla strada, dopo avere rubato alcuni sigarilli in un negozio nei dintorni. Senza essere a conoscenza del furto, Wilson chiese ai due ragazzi di spostarsi sul marciapiede e – per motivi poco chiari – nacque una rissa tra Brown e l’agente di polizia. Pochi minuti dopo, Wilson sparò sei colpi contro Brown, che risultò essere disarmato.
Nei mesi seguenti la ricostruzione si è arricchita di particolari e dettagli che hanno permesso di capire meglio l’incidente. Stando al rapporto del medico legale – che ha mostrato la presenza nel corpo di Brown dell’ingrediente attivo della marijuana – e a una serie di testimonianze dirette, al momento del primo sparo Brown non era con le mani alzate in segno di resa, come si pensava, e aveva appena lottato con il poliziotto cercando di prendergli la pistola.
Il Washington Post – che si è occupato estesamente della ricostruzione – ha raccolto diverse testimonianze che sembrano confermare la versione del poliziotto accolta dal gran giurì: Darren Wilson avrebbe accostato il SUV di servizio e avrebbe aperto la porta per parlare con Brown. Brown a quel punto avrebbe usato entrambe le mani per sbattere la porta del veicolo, di fatto intrappolando nella sua macchina Wilson. A quel punto Brown avrebbe cominciato a colpire in faccia il poliziotto, che a sua volta avrebbe cercato di raggiungere la pistola per difendersi. Brown avrebbe cercato di sottrarre l’arma e Wilson avrebbe poi sparato.