I nuovi colloqui sul nucleare iraniano
I paesi del “5+1″ si stanno incontrando a Vienna con i delegati iraniani: si discute di sanzioni economiche e Stato Islamico, lunedì scade il termine per un accordo
Martedì 18 novembre, a Vienna (Austria), sono ricominciati i negoziati sul programma nucleare iraniano. I paesi del “5+1″ – cioè i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU col potere di veto (Stati Uniti, Cina, Regno Unito, Francia, Russia) più la Germania – chiedono all’Iran di limitare il suo programma di sviluppo nucleare in cambio di una riduzione delle sanzioni che negli ultimi anni sono state imposte sull’economia del paese. L’obiettivo è evitare che l’Iran si possa dotare di una bomba atomica, una possibilità che i leader iraniani smentiscono da anni, sostenendo che il loro programma nucleare sia puramente pacifico. Per conto dell’Unione Europea, i negoziati – almeno per questo round – continueranno ad essere condotti da Catherine Ashton, l’ex Alto Rappresentate dell’Unione Europea che è stata di recente sostituita da Federica Mogherini.
I tempi per concludere un accordo sono molto stretti: stando a quanto deciso un anno fa, l’intesa dovrebbe essere raggiunta entro lunedì 24 novembre: in questo modo si renderebbe definitiva una serie di accordi preliminari risalenti al novembre 2013 e al gennaio 2014. Secondo un delegato iraniano intervistato da BBC, i negoziatori potrebbero riuscire a raggiungere una bozza di accordo entro lunedì: gli esperti da entrambe le parti potrebbero poi riuscire a specificare i dettagli dell’intesa nel giro di una decina di giorni. Le prospettive per il raggiungimento di un accordo esteso, comunque, non sono particolarmente buone e i colloqui non sono cominciati nei migliori dei modi. Venerdì il capo-negoziatore iraniano aveva annunciato di dover ritornare in Iran per consultarsi con il governo. La decisione, che non era chiaro se fosse un grosso successo oppure un fallimento dei colloqui, è stata poi ritirata, ma l’annuncio ha mostrato quanto le negoziazioni stiano proseguendo in condizioni molto precarie.
I punti di disaccordo rimangono sostanzialmente due. Primo: gli Stati Uniti vorrebbero che l’Iran limitasse la sua capacità nucleare al punto che, se decidesse di ignorare gli accordi, gli occorrerebbe almeno un anno di tempo per mettere insieme abbastanza materiale fissile per creare una bomba nucleare. Gli iraniani sostengono però che la richiesta americana limiti eccessivamente lo sviluppo del loro programma nucleare civile. Secondo: i negoziatori iraniani chiedono che le sanzioni approvate dalle Nazioni Unite contro l’Iran dal 1979 siano cancellate e non semplicemente sospese, come hanno proposto gli Stati Uniti. Nonostante quasi tutti i ministri e i negoziatori coinvolti nell’incontro abbiano definito i colloqui “costruttivi”, resta ancora una “grande distanza” da chiudere prima della scadenza di lunedì, come ha detto il ministro degli Esteri tedesco. Secondo le ultime indiscrezioni fino ad ora non ci sono stati grandi progressi.
#BREAKING: Still 'no significant progress' in Iran talks: European source
— Agence France-Presse (@AFP) November 22, 2014
La questione del nucleare iraniano sta creando molte tensioni nelle relazioni tra gli Stati Uniti e il loro principale alleato in Medio Oriente, Israele (che è il principale nemico dell’Iran). Secondo il governo israeliano, gli Stati Uniti non si stanno impegnando a sufficienza per bloccare il programma nucleare iraniano. Un’altra questione di cui si sta parlando è quella dello Stato Islamico (IS), il gruppo estremista sunnita che controlla un’ampia parte del territorio tra Iraq nord-occidentale e Siria orientale. Negli ultimi round di negoziati, si era ipotizzato che gli Stati Uniti potessero ammorbidire le loro richieste all’Iran in cambio di un aiuto nella guerra contro l’IS. L’Iran è infatti un regime sciita che, oltre a sostenere il governo iracheno (a sua volta a maggioranza sciita), finanzia milizie religiose irachene sciite ed è alleato al regime siriano di Bashar al Assad (che è alauita, una setta molto vicina agli sciiti). L’ipotesi di un simile accordo, che per il momento non è stato sottoscritto, è una delle principali preoccupazioni del governo israeliano.