Il caso Bengasi è chiuso?
Una commissione del Congresso a maggioranza repubblicana ha confermato infine la versione di Obama sulla notte in cui fu ucciso l'ambasciatore Christopher Stevens
Venerdì 21 novembre la commissione per l’intelligence della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti (la Camera bassa del Congresso) ha concluso un’indagine durata due anni sull’attacco al consolato americano di Bengasi, in Libia, dell’11 settembre del 2012. Nell’attacco furono uccisi l’ambasciatore americano Christopher Stevens e altri tre cittadini statunitensi. La commissione, a maggioranza repubblicana, ha concluso che CIA ed esercito risposero in maniera adeguata all’incidente e che le accuse rivolte all’amministrazione del presidente Barack Obama non stanno più in piedi. Obama e i suoi collaboratori erano stati accusati di aver bloccato i soccorsi durante l’attacco e di aver successivamente nascosto informazioni su quello che era accaduto. Negli ultimi due anni l’incidente è stato uno degli argomenti più usati da alcuni esponenti del partito repubblicano e dai media conservatori, come Fox News, per attaccare l’amministrazione Obama. Sull’incidente si erano sviluppate delle vere e proprie teorie del complotto secondo cui Obama aveva appositamente impedito ad alcune unità dell’esercito americano di intervenire per salvare Stevens.
Nella notte dell’11 settembre 2012 circa 150 uomini armati, identificati successivamente come membri di alcune milizie estremiste islamiche, attaccarono l’edificio dove risiedeva Stevens, che si trovava a Bengasi per esaminare di persona la situazione della sicurezza in città. L’edificio fu incendiato e Stevens fu ritrovato incosciente in una stanza piena di fumo. Alcuni cittadini libici lo portarono all’ospedale dove dopo qualche ora fu dichiarato morto. Le successive polemiche hanno riguardo ogni aspetto della vicenda: dalla preparazione della CIA, alle misure di sicurezza dell’edificio, fino ad arrivare alla reazione dell’amministrazione americana dopo la diffusione della notizia.
La commissione ha detto che sia la CIA che l’esercito operarono correttamente e senza interferenze. Sbagliarono invece a fornire il primo rapporto sull’accaduto, portando l’allora ambasciatrice degli Stati Uniti all’ONU, Susan Rice, ad affermare che l’attacco era iniziato come una manifestazione spontanea. Dopo le dichiarazioni di Rice, erano emerse prove che avevano dimostrato come l’attacco fosse stato attentamente pianificato. Il Washington Post, uno dei giornali americani che ha seguito meglio la vicenda, ha scritto che le conclusioni della commissione sono “ampiamente in linea” con le spiegazioni fornite dall’amministrazione Obama.
Negli ultimi anni diverse altre indagini portate avanti da varie agenzie federali avevano portato a conclusioni simili a quelle raggiunte dalla commissione per l’intelligence: in molti ritenevano che la versione ufficiale fosse oramai provata al di là di ogni ragionevole dubbio, senza però diminuire la convinzione di alcuni dei più severi critici di Obama, tra cui alcuni dei più importanti giornalisti di Fox News. La conclusione della commissione è particolarmente importante perché la maggioranza dei suoi componenti appartiene proprio al partito repubblicano. Adam B. Schiff, un membro repubblicano della commissione, ha detto di sperare che «questo rapporto metta fine a molte delle domande che continuano ad essere poste ancora oggi anche se hanno già avuto risposta».