Guida minima al G20 in Australia
È iniziato oggi a Brisbane, si parlerà di economia anche se c'è poco ottimismo (anche a causa delle numerose crisi internazionali), mentre in molti protestano per il cambiamento climatico
Sabato 15 e domenica 16 novembre a Brisbane, in Australia, i leader dei paesi con le venti economie più grandi del mondo si riuniscono nel G20 per discutere di economia e politiche per incentivare la crescita. Al G20 partecipano 19 stati, tra cui Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Germania e Italia, a cui si aggiunge un rappresentante per l’intera Unione Europea. È concesso inoltre a diversi paesi e istituzioni di assistere ai lavori con lo status di “osservatori”. In ordine, cinque cose essenziali da sapere per capire qualcosa di più di quello che succederà al G20.
1. Di che si parlerà?
Il G20 è una riunione principalmente economica, anche se in passato si è parlato di questioni di sicurezza e, più di recente, di cambiamenti climatici. L’agenda del G20 è stata preparata dal primo ministro australiano Tony Abbott, che presiede il meeting. Abbott ha deciso di non inserire nell’ordine del giorno una discussione riguardo il cambiamento climatico – un tema molto discusso in Australia – anche se ha lasciato aperta la possibilità di aggiungerlo a lavori iniziati. Il principale punto di dibattito riguarderà le misure uscite da un incontro dello scorso febbraio – anch’esso G20 – dei ministri delle Finanze e dei governatori delle banche centrali. Si tratta di un insieme di interventi piuttosto generici, tra cui investimenti in ricerca e sviluppo, abolizione delle tariffe doganali e lotta alla corruzione. Secondo il centro studi del G20, se i paesi membri dovessero rispettare questi obiettivi la crescita economica mondiale potrebbe aumentare del 2 per cento.
2. Che prospettive ci sono?
Basse, ha scritto il New York Times sull’edizione cartacea di venerdì. Già in passato i leader del G20 hanno fallito nel mantenere le promesse fatte durante i vertici. Nel 2010, ad esempio, i leader del G20 aveva preparato un piano ambizioso che, secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, avrebbe potuto portare a una crescita economica mondiale di diverse migliaia di miliardi di euro e alla creazione di decine di milioni di posti di lavoro. Ma l’agenda non venne implementata e la crescita fu inferiore a quella stima nello “scenario peggiore” preparato dal’FMI. Quest’anno non sembra che le cose andranno meglio: l’Europa continua ad essere in crisi, mentre diverse economie asiatiche stanno cominciando a rallentare in termini di crescita. A ciò si aggiungono una serie di tensioni politiche che non faciliteranno la discussione.
3. Problemi diplomatici
Il G20 è un incontro principalmente economico, dove in teoria non si discutono e tanto meno si risolvono le crisi diplomatiche. I colloqui, tuttavia, vengono inevitabilmente influenzati dalle crisi e tensioni in corso nel mondo. Ci sono due questioni in particolare che potrebbero essere un problema nella discussione. La prima è la politica russa in Europa orientale: negli ultimi giorni, la Russia ha inviato nuove armi ed equipaggiamenti e cosiddetti “volontari” ai separatisti filorussi che combattono in Ucraina orientale, mentre si sono moltiplicati i casi in cui aerei militari russi sono arrivati a poca distanza dallo spazio aereo di diversi paesi membri della NATO. La seconda riguarda le molte rivendicazioni territoriali della Cina nel Pacifico meridionale, come ad esempio la questione delle Senkaku, un piccolo arcipelago disabitato rivendicato sia dalla Cina che dal Giappone. Oppure la questione di James Shoal, una barriera corallina che si trova a cento chilometri dal Borneo e che la Cina rivendica come sua nonostante si trovi a mille chilometri dalle coste cinesi e ventidue metri sotto il mare.
4. Le proteste
Le riunioni del G20 causano molto spesso proteste e manifestazioni in giro per il mondo. Quest’anno i manifestanti si sono concentrati in particolare sul cambiamento climatico, un fenomeno che ritengono non venga tenuto in sufficiente considerazione da parte dei leader mondiali (anche se proprio negli ultimi giorni, Stati Uniti e Cina hanno raggiunto un insperato accordo per la riduzione delle emissioni inquinanti). Le proteste sono state causate in parte dal fatto che proprio nelle ultime settimane sono stati pubblicati nuovi studi e rapporti sulla pericolosità del cambiamento climatico e sulla necessità di decidere nuove misure per rallentarne gli effetti negativi. Il tema è particolarmente sentito in Australia, un paese dove il governo presieduto da Tony Abbott ha da poco abolito una tassa sul carbone (una delle fonti di energia più inquinanti) e ha tagliato una serie di sussidi alle energie rinnovabili. In tutto, 27 gruppi differenti sono stati autorizzati a manifestare nei giorni del vertice. Tra le varie manifestazioni, una delle più particolari è stata organizzata a Bondi Beach, a Sydney, dove centinaia di attivisti hanno sepolto la testa nella sabbia per simboleggiare quella che ritengono l’attitudine dei governi mondiali a ignorare il cambiamento climatico.
5. Quanto costa?
Proteste, manifestazioni e la presenza dei principali leader del mondo rendono il G20 uno degli eventi più sensibili al mondo dal punto di vista della sicurezza. A Brisbane circa 6 mila agenti saranno utilizzati per mantenere la sicurezza del vertice e nel corso del fine settimana la città sarà sostanzialmente bloccata, con strade chiuse e mezzi di trasporto pubblico fermi. In tutto, il vertice doverebbe costare al governo australiano circa 250 milioni di euro (400 milioni di dollari australiani). Anche il costo molto alto di questi incontri è uno dei punti su cui si concentrano i critici del G20, soprattutto visto che negli ultimi anni i vertici hanno fallito nel produrre risultati concreti.