Le scuole pakistane contro Malala Yousafzai
Un'associazione di 150mila istituti privati ha organizzato una giornata contro la 17enne premio Nobel, che nel resto del mondo è diventata simbolo della lotta per l'istruzione delle donne
Lunedì la Federazione delle scuole private pakistane – che rappresenta circa 150 mila scuole in tutto il paese – ha organizzato una giornata contro Malala Yousafzai, la 17enne pakistana che da tempo si batte per il diritto all’istruzione delle donne nei paesi musulmani, a cui i talebani spararono in testa nel 2012 e che lo scorso ottobre ha vinto il Nobel per la Pace. La giornata è stata chiamata “I am not Malala” (“Io non sono Malala”) in contrapposizione al titolo della biografia della ragazza, che si intitola appunto Io sono Malala. Il libro si chiama così perché l’uomo che tentò di ucciderla nel 2012 sapeva chi era ma non avrebbe saputo riconoscerla in viso, quindi salì sul bus dove Malala si trovava con altre studentesse e chiese: “Chi è Malala?”. Lei rispose “Io sono Malala” e lui le sparò.
L’associazione delle scuole private pakistane ha anche chiesto che la biografia di Malala venga vietata nel paese in quanto offensiva nei confronti dell’Islam e del Pakistan. Mirza Kashif Ali, presidente della federazione, ha spiegato infatti che «siamo tutti a favore dell’istruzione e dell’emancipazione delle donne, ma l’Occidente ha creato questo personaggio che è contro la costituzione e l’ideologia islamica del Pakistan».
Ali ha anche accusato Yousafzai di difendere e «far parte del club» di Salman Rushdie, lo scrittore indiano colpito da una fatwa, cioè una condanna a morte, emessa dall’ayatollah Ruhollah Khomeini nel 1989 per il romanzo I versetti satanici, tuttora vietato in Pakistan. In realtà nel libro è soltanto raccontato che il padre di Yousafzai aveva trovato il libro offensivo verso l’Islam, ma che secondo lui i musulmani dovrebbero leggerlo prima di giudicarlo. La ragazza viene anche criticata per aver indicato il presidente statunitense Barack Obama «come il suo modello», spiega Ali, «anche se è responsabile di migliaia di morti in Pakistan con i suoi droni». Inoltre, dice sempre Ali, nel libro Malala utilizza la parola “Dio” anziché “Allah”, e quando scrive il nome del profeta Maometto non lo accompagna con la tradizionale espressione “la pace sia con lui”. Il presidente dell’associazione ha promesso che l’evento verrà organizzato ogni 10 novembre, finché Yousafzai «si scuserà e rinnegherà la spazzatura anti-pakistana e anti-islamica che ha scritto». La federazione rappresenta circa due milioni di studenti, provenienti soprattutto dalle classi povere e medie del paese, e non comprende invece le istituzioni didattiche più prestigiose ed elitarie.
In Pakistan Malala Yousafzai è considerata un personaggio divisivo, guardata da alcuni come un eroe nazionale e da altri come una fantoccio dell’Occidente che minaccia l’Islam e i valori tradizionali. In Occidente invece è diventata un simbolo della lotta per l’emancipazione femminile da quando, nel 2012, è stata ferita alla testa e al collo da un colpo di pistola sparato da un talebano, mentre stava tornando a casa da scuola a Mingora, nella valle di Swat. Tre anni prima aveva scritto un testo raccontando il caos della città in cui viveva e i roghi delle scuole femminili da parte dei talebani. Il testo fu pubblicato sul sito della BBC e circolò molto in Pakistan. Malala ha ricevuto molti premi e riconoscimenti internazionali, e lo stesso primo ministro pakistano le consegnò il “Premio nazionale per la pace” e un assegno da circa 4000 euro. Al momento studia e vive con la sua famiglia in Regno Unito.
Foto: (AP Photo/Matt Rourke)