Il referendum simbolico in Catalogna
Alla consultazione informale sull'indipendenza hanno votato due milioni di persone: l'80 per cento si è espresso a favore di una totale separazione dalla Spagna
Al referendum “informale” della Catalogna, che si è tenuto domenica nella regione autonoma spagnola, circa l’80 per cento dei votanti si è espresso a favore dell’indipendenza dal governo della Spagna. Gli organizzatori della consultazione hanno detto che hanno partecipato circa due milioni di persone, con un’affluenza stimata al 35,9 per cento. Il referendum proponeva due domande: “Volete che la Catalogna sia uno stato?” e, in caso di risposta affermativa, “Volete che che la Catalogna sia uno stato indipendente?”. Le risposte affermative a entrambi i quesiti sono state l’80,72 per cento, mentre il 10,11 per cento ha votato sì solo alla prima domanda. I voti negativi a entrambe le domande sono stati il 4,55 per cento.
La consultazione non ha nessun valore legale perché nelle settimane scorse la Corte Costituzionale spagnola aveva definito illegittimo un referendum di questo tipo. Il presidente della Catalogna, Artur Mas, ha commentato il risultato definendolo un “grande successo” soprattutto per il numero di votanti: «Abbiamo ottenuto il diritto a un referendum ufficiale. Ancora una volta la Catalogna ha dimostrato che vuole governarsi da sola. Chiedo a tutti i popoli del mondo, ai media e anche ai governi democratici di aiutare il popolo della Catalogna a decidere il suo futuro».
La Catalogna chiede da tempo ulteriore indipendenza dal governo centrale spagnolo, e secondo i sondaggi realizzati nelle ultime settimane circa l’80 per cento dei suoi abitanti vorrebbe votare a un referendum ufficiale. Circa la metà di questi ha dichiarato di essere d’accordo con una completa indipendenza dalla Spagna. Ai seggi della consultazione informale sono state anche raccolte firme da inviare alle Nazioni Unite e alla Commissione Europea per fare ulteriori pressioni e ottenere dal governo spagnolo l’autorizzazione a un referendum ufficiale.
Nonostante i vari tentativi del governo catalano di aggirare la Costituzione, parlando di “consultazione” e non di referendum e di “processo di partecipazione per conoscere l’opinione dei cittadini”, la Corte Costituzionale della Spagna ha già sospeso due volte le votazioni sul tema dell’indipendenza. Il governo spagnolo non è intervenuto domenica, evitando possibili tensioni ai seggi, ma il primo ministro Mariano Rajoy ha definito la votazione «né un referendum, né una consultazione, né nulla di simile» ricordando che «di certo non avrà alcun effetto».
I partiti a favore dell’indipendenza della Catalogna, una delle regioni più ricche e dinamiche della Spagna, motivano la loro richiesta con il fatto di dovere versare troppo denaro al governo centrale e di non ricevere in cambio servizi adeguati: ma c’è anche un’antica e sentita questione identitaria e culturale. Il consenso per l’indipendenza è aumentato considerevolmente negli ultimi anni: secondo uno studio nel 2010 a sostenerla era il 20 per cento dell’elettorato, mentre tre anni dopo la percentuale è arrivata al 50 per cento circa.
Il referendum sull’indipendenza della Catalogna era stato annunciato dal Parlamento catalano alla fine del 2013, in base a una dichiarazione di sovranità che la Corte Costituzionale aveva poi dichiarato illegittima. Lo scorso 19 settembre, il giorno in cui erano arrivati i risultati del referendum fallito sull’indipendenza della Scozia, il parlamento della Catalogna in una sessione straordinaria aveva approvato a grande maggioranza una legge «sulle consultazioni popolari non referendarie e sulla partecipazione dei cittadini». Il governo centrale aveva fatto ricorso, accolto dalla Corte Costituzionale il 30 settembre, che aveva quindi sospeso la “consultazione”. Un secondo tentativo di istituzionalizzare la votazione è stato poi sospeso quattro giorni fa poiché il governo catalano, secondo la Corte Costituzionale, la stava promuovendo alla pari di un referendum ufficiale.