Juncker deve dimettersi?
Un editoriale di Bloomberg dice che il nuovo presidente della Commissione europea dovrebbe farsi da parte, dopo le rivelazioni sugli accordi fiscali segreti del Lussemburgo
di Editoriale – Bloomberg
Jean-Claude Juncker, il nuovo presidente della Commissione europea, è sempre stato la scelta sbagliata per l’incarico, imposto sui 28 governi dell’Unione Europea da un Parlamento desideroso di ampliare i propri poteri. Ora sta già diventando chiaro che pessima decisione sia stata la sua nomina.
Juncker è stato il primo ministro del Lussemburgo – una piccola nazione con un diciassettesimo della popolazione di Londra – per quasi vent’anni. Durante quegli anni, l’industria finanziaria del paese è cresciuta al punto da diventare la sede di almeno 340 grandi aziende globali, per non parlare di fondi di investimento con asset da quasi tre migliaia di miliardi di euro, secondo solo agli Stati Uniti.
Un po’ per via delle norme sul segreto bancario simili a quelle svizzere, un po’ per i grandi capitali attratti dalla possibilità di eludere le tasse, gli abitanti del Lussemburgo sono diventati i più ricchi del mondo dopo quelli del Qatar. Questi accordi fiscali segreti, descritti nei documenti riservati diffusi dall’International Consortium of Investigative Journalists, avrebbero permesso a varie aziende multinazionali, tra cui Apple e la Deutsche Bank, di pagare meno tasse sui loro profitti realizzati in altri paesi. L’aliquota effettiva in Lussemburgo è risultata essere più o meno lo 0,25 per cento. I paesi dove quei ricavi erano stati realizzati non hanno ricevuto nulla.
La cosa eloquente è che questi accordi per moltissimo tempo sono rimasti segreti (soltanto il mese scorso il governo del Lussemburgo ha deciso di non opporsi più alle nuove regole dell’Unione Europea sulla trasparenza bancaria). Si potrebbe dire che Juncker ha reso ricco il suo paese rubando dalle tasche degli altri paesi, compresi i paesi dell’Unione Europea di cui adesso dovrebbe essere leader e servitore.
La commissione sta già investigando sulle pratiche fiscali del Lussemburgo. Juncker ha detto che non interferirà con l’inchiesta, ma non intende farsi da parte. Anzi il suo portavoce ha detto che è “sereno”. Non dovrebbe esserlo. A questo punto, la cosa migliore che potrebbe fare per servire il progetto europeo sarebbe dimettersi.
La posizione di Juncker al vertice dell’organismo che indaga le pratiche fiscali di cui lui stesso era responsabile, in quanto primo ministro, è un chiaro conflitto di interessi. È possibile che l’inchiesta non trovi nulla di illecito nelle pratiche da paradiso fiscale del Lussemburgo: l’Unione Europea permette ai suoi governi grande autonomia nella politica fiscale, finché non discriminano tra un’azienda e un’altra. Ma finché Juncker resta al vertice di chi conduce l’inchiesta, sarà difficile per l’opinione pubblica fidarsi di un’eventuale assoluzione.
Il problema è che in questo momento recuperare la fiducia dell’opinione pubblica nell’Unione Europea non potrebbe essere più importante. L’Unione sta faticosamente riemergendo dalla crisi finanziaria ed è vista sempre di più come un organismo elitista, impiccione e incapace di produrre né equità né crescita. Questi sforzi di certo non saranno resi più facili dalla presenza di un uomo che ha passato gli ultimi vent’anni a negoziare accordi politici sottobanco mentre costruiva un paradiso fiscale internazionale ai danni del resto d’Europa.
È poco ma sicuro che queste cose – quasi tutte, se non tutte – erano note prima che Juncker venisse nominato, e che il Parlamento europeo è in primo luogo responsabile di avere insistito sul suo nome. Ma le rivelazioni sulle tasse hanno aperto una questione che mette alla prova la credibilità dell’Unione Europea come non era mai accaduto prima. Juncker non ha fatto niente di illegale e non rischia di essere rimosso dall’incarico. Ma per l’Unione Europea sarebbe meglio se si dimettesse.
© Bloomberg 2014