La consultazione ufficiosa della Catalogna
Oggi nella Comunità Autonoma spagnola si tiene una specie di referendum sull'indipendenza, che però non è riconosciuto dal governo di Madrid
Oggi, dalle 9 alle 20, si terrà nella Comunità Autonoma spagnola della Catalogna una votazione informale riguardo l’indipendenza catalana dal governo centrale di Madrid. Potranno votare tutti i residenti della Catalogna con più di 16 anni, e il quesito della votazione – comunemente abbreviata in 9N dai giornali spagnoli – sarà: «Volete che la Catalogna sia uno Stato?». In caso affermativo, bisognerà rispondere alla seconda domanda: «Volete che questo Stato sia indipendente?».
La consultazione non sarà riconosciuta dal governo spagnolo: la Corte Costituzionale della Spagna ha già sospeso due volte le votazioni, nonostante i tentativi del governo catalano di aggirare la Costituzione dapprima utilizzando la parola “consultazione” al posto di referendum – l’articolo 22 della Costituzione non permette che si tengano referendum se non si includono tutti i cittadini del paese – quindi parlando di un “processo di partecipazione per conoscere l’opinione dei cittadini” (sospeso, quest’ultimo, il 5 novembre dalla Corte Costituzionale). Il governo catalano ha scelto di tenere comunque le votazioni, sebbene in via non ufficiale. Il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy ha definito la votazione «né un referendum, né una consultazione, né nulla di simile», aggiungendo che «di certo non avrà alcun effetto».
Secondo alcuni dati ottenuti da El País, il governo catalano ha istituito 1317 seggi per votare e reclutato per l’organizzazione dell’evento più di 40mila volontari (alcuni seggi sono stati istituiti anche all’estero: in Italia, l’unico seggio è presente a Milano). Non è chiaro quante persone potranno votare: secondo il governo sono circa 5,4 milioni, sebbene lo stesso governo abbia ammesso che ci sono circa un altro milione di persone che ne avrebbe la possibilità (prevalentemente stranieri che hanno la residenza in Catalogna). I dati sull’affluenza dovrebbero arrivare attorno alle 22.30, mentre il risultato del voto sarà resto noto lunedì 10 (anche se BBC ha avanzato qualche perplessità sull’indipendenza delle pratiche di scrutinio: molti dei volontari fanno parte di associazioni pro-indipendenza).
Non è chiaro se il governo spagnolo proverà ad ostacolare o meno la votazione. La procura generale della Catalogna ha ordinato alla polizia catalana di segnalare i locali pubblici che verranno utilizzati per ospitare le urne (a causa della sospensione della Corte Costituzionale non possono essere usati i luoghi che ospitano i seggi durante le elezioni ufficiali). Ieri sera il governo catalano ha diffuso un comunicato nel quale afferma di essere «l’unico responsabile» ad avere autorizzato l’accesso ad alcuni locali pubblici, chiedendo per questo motivo di non fare rapporto sui volontari che saranno presenti ai seggi. Il Guardian riporta che a Girona, una città di 97mila abitanti nei pressi di Barcellona, sono stati istituiti sette seggi diversi da quelli ufficiali – non è chiaro se in locali pubblici o meno – e che i volontari locali hanno affittato sei pullmini per trasportare la gente ai seggi, oltre ad aver istituito sei punti informazione e due linee telefoniche di supporto.
Da molti anni diversi partiti politici della regione sostengono la causa indipendentista: la ragione principale addotta dai sostenitori dell’indipendenza è che la Catalogna – una regione più ricca e moderna di altre – versi troppi soldi al governo centrale: secondo un calcolo del governo catalano, per ogni euro pagato di tasse dai cittadini catalani 43 vengono utilizzati altrove dal governo centrale (la stima del governo di Madrid è più bassa). Di recente il consenso attorno alla causa indipendentista è aumentato in maniera notevole: nel 2010, secondo un rapporto di un centro studi catalano, i cittadini che sostenevano l’indipendenza erano il 20 per cento, mentre nel 2013 erano diventati circa il 50 per cento. Oggi, secondo un sondaggio citato dal Guardian, il 70 per cento dei catalani desidera che la questione venga affrontata con una votazione.
Un referendum sull’indipendenza della Catalogna era stato annunciato dal parlamento catalano alla fine del 2013, in base a una dichiarazione di sovranità che la Corte Costituzionale aveva però dichiarato illegittima. Lo scorso 19 settembre, il giorno in cui erano arrivati i risultati del referendum fallito sull’indipendenza della Scozia, il parlamento della Catalogna in una sessione straordinaria aveva approvato a grande maggioranza una legge «sulle consultazioni popolari non referendarie e sulla partecipazione dei cittadini». Il governo centrale aveva fatto ricorso, accolto dalla Corte Costituzionale il 30 settembre, che aveva quindi sospeso la “consultazione”. Un secondo tentativo di istituzionalizzare la votazione è stato poi sospeso quattro giorni fa poiché il governo catalano, secondo la Corte Costituzionale, la stava promuovendo alla pari di un referendum ufficiale.
La Catalogna è una regione nordorientale della Spagna di quasi otto milioni di abitanti (circa il 19 per cento della popolazione del paese, che produce il 19 per cento del suo PIL): ha come capitale Barcellona e possiede una propria fortissima identità culturale e storica, a cominciare dalla lingua, il catalano. Dispone già di un proprio parlamento nell’ambito di un complesso sistema di autonomie, alla pari di altre regioni spagnole come i Paesi Baschi.