Come sono andate le elezioni a Donetsk e Luhansk
Nelle regioni ucraine controllate dai separatisti sono stati eletti i leader dei ribelli, in un voto riconosciuto soltanto dalla Russia
Le regioni ucraine di Donetsk e Luhansk, ancora sotto il controllo dei secessionisti filo-russi, non hanno partecipato al voto delle elezioni presidenziali ucraine di domenica 26 ottobre, vinte dai partiti politici più vicini all’Unione Europea: hanno votato domenica 2 novembre per eleggere i presidenti e rinnovare i rispettivi parlamenti locali, in un’elezione riconosciuta solamente dalla Russia. Hanno vinto gli attuali leader dei ribelli: Aleksandr Zakharchenko a Donetsk con circa il 75 per cento dei voti, Igor Plotnitsky a Luhansk con circa il 63 per cento.
I risultati
Igor Plotnitsky, che ha vinto a Luhansk, era il presidente della repubblica popolare autoproclamatasi dopo l’indipendenza ottenuta con il referendum dello scorso maggio: ha ottenuto circa 445 mila voti, corrispondenti al 63,8 per cento. Aleksandr Zakharchenko, che ha vinto a Donetsk, è un separatista che si era già autodichiarato primo ministro. Roman Lyagin, capo della Commissione elettorale di Donetsk, nel comunicare i risultati finali ha detto che si è preferito fornire i dati non in percentuale, perché i numeri in termini assoluti potevano essere più chiari e precisi. Zakharchenko ha ottenuto quindi oltre 765.340 voti. A Donetsk erano stati aperti oltre 360 seggi e sono andate a votare 1.012.682 di persone, hanno detto gli organizzatori del voto; a Luhansk erano aperti 102 seggi e l’affluenza complessiva ha superato il 60 per cento, sempre secondo quanto riferito dai capi delle commissioni elettorali.
Gli osservatori internazionali
Le procedure di voto non sono state seguite dagli osservatori internazionali dell’OCSE, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, che non erano presenti nemmeno lo scorso maggio quando le due regioni votarono per rendersi indipendenti dall’Ucraina. Le votazioni sono state però seguite da un’organizzazione di recente formazione chiamata ASCE (Agency for Security and Cooperation in Europe) e composta principalmente da politici europei di destra ed estrema destra: gli osservatori erano in totale 70 e provenivano anche dall’Italia. Il loro parere sullo svolgimento delle elezioni è stato positivo: non ci sono stati disordini, dicono, e le votazioni hanno seguito gli standard democratici. A questo proposito, commenta il Guardian che il fatto che gli osservatori internazionali provenissero da un’organizzazione «inventata la notte prima del voto» è solo «uno dei tanti paradossi di questa situazione». E conclude dicendo che queste «non sono state elezioni normali».
Alla vigilia del voto erano stati infatti denunciati anche altri problemi: la stessa “commissione elettorale” dei ribelli aveva ammesso di non essere in possesso dei registri elettorali e in teoria questo può aver permesso a una stessa persona di votare più volte in seggi diversi. Le autorità filo-russe avrebbero inoltre impedito la registrazione di alcuni partiti che avrebbero potuto togliere consenso ai due leader separatisti, che poi sono stati confermati con il voto. Ai seggi elettorali, come denunciato dal governo di Kiev, erano presenti uomini armati.
Il valore delle elezioni
Il governo ucraino di Kiev, l’Unione Europea e gli Stati Uniti non hanno riconosciuto i risultati del voto. Il presidente Petro Poroshenko ha promesso una risposta «adeguata» a queste elezioni, che ha definito «una farsa sotto la minaccia dei carri armati». Ha anche fatto sapere che gli osservatori stranieri che si sono recati nelle regioni per monitorare le elezioni saranno dichiarati persone non grate in Ucraina. Federica Mogherini, rappresentante dell’Unione Europea per la politica estera e di sicurezza comune, ha definiti le elezioni «illegali» aggiungendo che rappresentano «un nuovo ostacolo» alla soluzione pacifica del conflitto.
L’unico ad aver riconosciuto il risultato – ufficializzando la notizia sull’agenzia di stampa Interfax – è il governo russo che negli scorsi mesi ha spesso appoggiato i ribelli anche militarmente: il ministro degli Esteri russo ha fatto sapere che i risultati vanno rispettati e accolti, ha detto che il «tasso di partecipazione» è stato molto alto e che «coloro che sono stati eletti hanno ottenuto un mandato per risolvere vari problemi pratici e ripristinare la normalità nelle due regioni».