I 130 anni del meridiano zero
Il primo novembre del 1884 si chiuse a Washington la conferenza che stabiliva il "tempo universale" e che portò alla nascita dei moderni fusi orari
Il primo novembre del 1884 si concluse a Washington, negli Stati Uniti, la Conferenza Internazionale sui Meridiani in cui venne ufficializzato il “meridiano zero”, che è quello che utilizziamo ancora oggi: ovvero il meridiano di Greenwich, quello che passa per l’Osservatorio di Greenwich, nel Regno Unito. Fu un momento storico perché per la prima volta fu stabilito un unico meridiano internazionale dal quale cominciare a contare la longitudine in tutte le mappe del mondo. Fu anche importante perché permise di cominciare a misurare il tempo in maniera “universale”, cioè partendo dalla stessa base in tutto il pianeta.
Che cos’è un meridiano?
Partiamo dalle basi: un meridiano è un arco immaginario lungo metà della circonferenza terrestre misurata a partire dal Polo Nord fino ad arrivare al Polo Sud. Tutti i meridiani hanno la stessa lunghezza. In pratica, su una cartina geografica i meridiani sono le linee verticali, mentre quelle orizzontali – con cui i meridiani si incontrano perpendicolarmente – sono i “paralleli”. Ogni singolo meridiano collega tutti i punti sulla terra che si trovano alla stessa “longitudine”. I paralleli, invece, collegano i punti che si trovano alla stessa “latitudine”. Incrociando longitudine e latitudine si può ottenere la posizione esatta di qualunque punto sulla terra.
Per utilizzare la longitudine in questa maniera, però, è necessario avere un meridiano “zero”, cioè uno da cui partire a contare gli altri meridiani. In altre parole, per dire che una serie di punti si trova a 130° di longitudine serve sapere dove si trova esattamente il meridiano “zero”, quello da cui si partono a contare i gradi (ci sono in tutto 180° di longitudine a est del meridiano zero e 180° a ovest, divisi a loro volta in diverse sotto-unità). Non si tratta di un problema da poco, visto che la longitudine è molto importante ad esempio nella navigazione e nella cartografia. Se la Francia decidesse di utilizzare un certo meridiano come meridiano zero e il Regno Unito decidesse di usarne un altro, le cartine fatte in un paese sarebbero molto difficili da utilizzare nell’altro. Ma oltre alla questione geografica, c’è anche la questione del tempo.
Il tempo
Fino al Diciannovesimo secolo sostanzialmente ogni singola cittadina che aveva una torre dell’orologio regolava il proprio orario osservando la posizione del sole. Non era un procedimento complicato: bastava osservare quando il sole era allo zenit e quindi fissare il mezzogiorno in quel momento. Il mezzogiorno, però, arriva prima ad est e poi ad ovest. Quindi paesi che si trovavano a longitudini diverse segnavano il mezzogiorno ad orari diversi. Non si trattava di un gran problema in un’epoca in cui ci si muoveva a piedi o al massimo a cavallo. Quando era necessaria un’intera giornata per percorrere qualche decina di chilometri, le differenze di orario tra una città e l’altra non erano un gran problema.
Quando però a metà dell’Ottocento gli stati europei cominciarono ad essere attraversati dalle linee ferroviarie, le cose si fecero più complicate. Se due città a cento chilometri di distanza utilizzavano due orari diversi, anche soltanto di una decina di minuti, era impossibile compilare un preciso orario dei treni. Il Regno Unito, il paese che aveva la rete ferroviaria più sviluppata, fu il primo a trovare una soluzione a questo problema. Nel 1848 si stabilì che in tutto il Regno Unito era valida l’ora di Greenwich: in tutto il paese era mezzogiorno nel momento in cui il sole era allo zenit sulla longitudine di quello che sarebbe divenuto il meridiano zero. Gli uffici delle poste ebbero il compito di comunicare via telegrafo quando avveniva questo evento, in modo che tutte le città potessero regolare i loro orologi pubblici.
La conferenza
Nel corso della seconda metà dell’Ottocento la diffusione delle navi a vapore e l’aumento dei trasporti marittimi, insieme a quella delle linee ferroviarie internazionali, mostrarono che c’era una necessità sempre più globale di trovare un meridiano zero su cui tutti fossero d’accordo. Questo “meridiano fondamentale” (come viene chiamato a volte) sarebbe stato utile non soltanto per unificare le carte nautiche, ma anche per avere un tempo universale di riferimento su cui calcolare tutti gli altri. Stabilendo un “tempo universale” – come lo chiamiamo oggi – sarebbe stato infatti possibile organizzare tutti quelli che oggi chiamiamo “fusi orari” semplicemente aggiungendo un certo numero di ore al tempo universale.
Stabilire quale dovesse essere questo meridiano era proprio l’obiettivo della Conferenza di Washington, promossa nell’ottobre del 1884 dall’amministrazione degli Stati Uniti. Durante la conferenza ci furono alcune polemiche tra i delegati francesi e quelli inglesi. I primi infatti insistevano affinché il meridiano zero fosse politicamente neutrale e quindi chiesero che venisse adottato quello che oggi corre a 180° di longitudine, cioè per gran parte in mezzo all’Oceano Pacifico, e non quello di Greenwich, che invece era associato al Regno Unito.
Le loro obiezioni però non vennero accolte. Di fatto la conferenza serviva soltanto a certificare un fatto compiuto, e cioè che gran parte del mondo considerava il meridiano di Greenwich quello fondamentale da cui partire per misurare tempo e longitudine. Circa tre quarti di tutte le carte nautiche che esistevano all’epoca utilizzavano già il meridiano di Greenwich, mentre sin dal 1848 diversi paesi avevano iniziato ad adottare un tempo locale basato sull’ora di Greenwich (i francesi comunque, si rifiutarono di adottarlo ufficialmente fino al 1911). Nel giro di circa cinquant’anni, quasi tutto il mondo passò ad adottare il tempo di Greenwich, o tempo universale, portando alla nascita dei moderni fusi orari.