Google dovrà pagare per le anteprime degli articoli in Spagna
Il parlamento ha approvato una nuova discussa legge sul diritto d'autore che riguarda anche motori di ricerca e aggregatori online
Il parlamento della Spagna ha approvato una nuova legge sul diritto d’autore, che tra le altre cose prevede che i giornali possano chiedere il pagamento del diritto d’autore ai motori di ricerca e agli aggregatori che mostrano le anteprime dei loro articoli online. Il nuovo regolamento entrerà in vigore il prossimo 1 gennaio 2015 e sta facendo molto discutere, perché potrebbe complicare seriamente le cose ai motori di ricerca che indicizzano e mettono insieme gli articoli su uno stesso argomento, come fa Google con il suo servizio Google News.
La legge parla genericamente del pagamento di una cifra per i diritti d’autore, ma non specifica gli importi per ogni anteprima selezionata. Probabilmente entro l’inizio del 2015 il governo spagnolo chiarirà con una serie di norme aggiuntive come funzionerà il sistema. Per ora le autorità spagnole si sono limitate a dire che le nuove regole saranno applicate ai motori di ricerca e agli aggregatori, ma non ai social network come Facebook e Twitter, dove i contenuti in anteprima sono segnalati dai singoli utenti, con meccanismi e visibilità non comparabili con quelle delle pagine dei risultati di Google, Yahoo e gli altri.
Per mesi l’associazione spagnola degli editori – Asociación de Editores de Diarios Españoles (AEDE) – ha fatto pressioni sul governo e sul parlamento per inserire nella nuova legge sul copyright anche delle regole specifiche sul trattamento delle notizie da parte dei motori di ricerca. Google aveva più volte annunciato di non essere d’accordo con le nuove regole e, in seguito alla loro approvazione, ha diffuso un comunicato in cui annuncia che “continueremo a lavorare con gli editori spagnoli per aiutarli ad aumentare i loro ricavi, mentre esaminiamo le opzioni che ci restano con le nuove regole”.
Negli ultimi anni Google ha dovuto affrontare problemi simili in altri paesi europei, dove gli editori hanno provato con cause legali o facendo pressioni sui governi a ottenere il pagamento dei diritti d’autore da parte della società statunitense. Secondo gli editori, la pubblicazione delle anteprime degli articoli costituisce un utilizzo parziale degli articoli stessi e quindi deve essere pagato, anche perché Google e altri motori di ricerca mostrano pubblicità accanto alle anteprime degli articoli, dalle quali ottengono ricavi cospicui. Google ha sempre respinto questo tipo di richieste, ricordando che le anteprime servono solo per dare un’idea di ciò che il lettore troverà se cliccherà sul link nella pagina dei risultati. La segnalazione con anteprime, spiega Google, è inoltre una risorsa importante per portare più traffico sui siti dei giornali.
In Germania, Google ha di recente ottenuto dagli editori tedeschi la possibilità di pubblicare le anteprime senza pagare dei diritti. Il permesso è arrivato alla fine di un duro confronto e a una sorta di ultimatum da parte del motore di ricerca: disse di non essere disposto a pagare per le anteprime, cosa che avrebbe costituito un pericolo precedente per altri paesi, e che non le avrebbe più pubblicate per i giornali che non gli avessero dato il permesso di farlo. Davanti alla concreta possibilità di perdere molti lettori a causa della minore evidenza dei loro articoli nelle pagine dei risultati, anche gli editori più critici nei confronti di Google hanno ceduto, confidando comunque in un futuro pronunciamento della magistratura tedesca sul caso.
Nel 2012 la società trovò un accordo con gli editori del Belgio, dopo un lungo contenzioso che aveva portato alla rimozione di alcuni siti dai risultati delle ricerche. In Francia Google ha seguito un approccio diverso: con la mediazione del governo francese, ha stretto un accordo per fornire alle società editrici dei giornali 60 milioni di euro per modernizzarsi, ottenendo in cambio la fine dei contenziosi. Questa soluzione ha permesso di non arrivare a casi estremi come quello tedesco e, al tempo stesso, ha consentito a Google di non creare un precedente perché di fatto non sono stati pagati diritti d’autore per la pubblicazione delle anteprime degli articoli.