Un’idea di sinistra
Peggio di quella spericolata che ha Renzi, scrive Francesco Piccolo, è quella reazionaria di chi gli si oppone
Sul Corriere della Sera di oggi, lo scrittore, sceneggiatore e autore televisivo Francesco Piccolo – autore tra le molte cose dell’apprezzato libro Il desiderio di essere come tutti – scrive del “bivio” a cui si trova la sinistra italiana alle prese con Matteo Renzi: se scegliere una strada spericolata o una reazionaria.
La sinistra italiana è a un bivio. Seguire per strade sconosciute Renzi e il suo gruppo nato e cresciuto alla Leopolda, oppure restare ancorata al vecchio gruppo che sa difendere tanti diritti fondamentali ma non sa pensare niente di innovativo?
La sinistra italiana degli ultimi venti, anzi trenta anni, è stata reazionaria e ha inseguito il mito della purezza, e cioè degli ideali da difendere senza nessuno sconto. Questi due elementi sono stati fondamentali per godere in modo masochistico del terzo, e cioè la propensione alla sconfitta. Soltanto con la sconfitta la purezza è difendibile, soltanto con la sconfitta non si mettono alla prova le idee e quindi si conservano intatte, come sotto i ghiacciai. Quindi, la sconfitta è stata salvifica per questo, ed è stato il punto di identificazione di varie generazioni.
Secondo questi canoni, Renzi non è di sinistra: cerca di applicare al suo governo i caratteri del riformismo e quindi è disposto a rinunciare alla purezza; con questo intento ha avuto risposte elettorali vincenti. Un inciso però va fatto: il riformismo progressista e in collaborazione con altre forze politiche è stata l’ultima grande strategia politica di questo Paese, e l’ha immaginata Berlinguer. Fanfani ne era il più fiero oppositore ed è grazie a lui che la sinistra è stata allontanata per decenni dalla governabilità del Paese; e poi, sia altrettanto chiaro, Berlinguer non avrebbe governato con chi è dalla parte opposta del Parlamento. Quindi anche i giovani della Leopolda fanno un po’ di confusione.
Per essere di sinistra bisognerebbe essere progressisti, bisognerebbe accogliere il presente e avere voglia di prendersi la responsabilità di guidare il Paese — e questo comporta sia cadere in errore sia collaborare con chi ci sta. Di conseguenza, per essere di sinistra, bisognerebbe non essere come è stata la sinistra negli ultimi 30 anni.