Fermeremo ebola coi cellulari?
La storia complicata dei ricercatori che vorrebbero provarci, ma non riescono a superare le diffidenze dei governi e delle compagnie telefoniche
Da mesi l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), insieme con operatori sanitari di diverse istituzioni e di organizzazioni non governative, è al lavoro per contenere l’epidemia da virus ebola nell’Africa occidentale, che ha fino a ora causato la morte di quasi 5mila persone. Nonostante gli sforzi la malattia continua a diffondersi a ritmi sostenuti, soprattutto in Liberia, Sierra Leone e Guinea, dove è più difficile tenere sotto controllo la popolazione ed evitare i nuovi contagi, soprattutto nei villaggi lontani dai grandi centri urbani. Per tenere traccia dei movimenti delle popolazioni coinvolte, spiegano sull’ultimo numero dell’Economist, si potrebbero usare i dati delle reti cellulari: a causa di problemi burocratici e di alcune reticenze da parte degli operatori, però, tutti gli sforzi in questo senso non hanno portato finora a qualcosa di concreto, se non alla perdita di tempo prezioso.
Le compagnie telefoniche utilizzano regolarmente i dati registrati sulle loro reti (CDR: call-data records) per gestire i servizi e, tra le altre cose, calcolare traffico e altri parametri al momento dell’emissione delle bollette per i loro clienti. Tra i dati tracciati di continuo e in forma automatica ci sono quelli sulla posizione geografica di ogni singolo cellulare: il telefono per essere raggiungibile si mette periodicamente in contatto con i ripetitori cellulari nelle vicinanze, che registrano la sua richiesta. Incrociando questi dati, le compagnie telefoniche ricavano la posizione del telefono, i numeri che ha chiamato, la durata delle chiamate e altri dati. Il sistema è anche in grado di rilevare quando un telefono diventa inattivo e sparisce dalla rete, registrando l’ultima sua posizione geografica nota.
I CDR sono molto importanti per le compagnie telefoniche, perché servono per esempio per capire con che frequenza e in che quantità si spostano le persone e in quali ore della giornata o periodi dell’anno. Sulla base di queste informazioni, gli operatori pianificano la costruzione di nuovi ripetitori e potenziamenti della linea dove necessari. Ma i CDR possono rivelarsi utili non solo per scopi commerciali: gli epidemiologi esaminando quel tipo di informazioni possono per esempio capire l’andamento negli spostamenti di grandi masse di persone, ricostruendo come si diffondono particolari malattie infettive, proprio come ebola.
L’Economist cita diversi esempi a tal proposito. Uno studio condotto dal Karolinska Institute di Stoccolma, Svezia, utilizzò i CDR legati a circa 2 milioni di persone che utilizzarono i loro cellulari nei mesi successivi all’inizio dell’epidemia di colera ad Haiti nel 2010. Grazie a registri di circa 200 giorni, fu possibile ricostruire in modo più preciso gli spostamenti della popolazione per evitare il contagio, con un livello di approssimazione minore rispetto a quello utilizzato dalle autorità locali. Nel 2012 uno studio pubblicato su Science dimostrò grazie all’analisi di un anno di CDR, raccolti da 15 milioni di keniani, che un recente picco nella diffusione della malaria non era partito da Nairobi come era stato ipotizzato, ma da altre città più piccole, fornendo informazioni importanti alle autorità sanitarie locali per organizzare gli interventi contro la malattia.
Nei due casi citati e nei diversi altri studi fino a ora pubblicati, i CDR sono stati utilizzati in un secondo momento e non in diretta concomitanza con l’epidemia, ma dal punto di vista tecnico non ci sarebbero molti impedimenti per utilizzarli in tempo reale, o quasi. Nel caso di ebola, in paesi dove è difficile tenere traccia dei movimenti della popolazione, questa soluzione potrebbe fare una grande differenza.
Il gruppo di epidemiologi di Flowminder – un’organizzazione che raccoglie diversi istituti di ricerca, Karolinska Institute compreso – da mesi sta cercando di ottenere dagli operatori mobili dei paesi africani interessati i CDR per creare mappe più dettagliate di dove si trovano le persone nelle aree coinvolte dai contagi, dove si spostano di solito e gli effetti delle politiche attuate dai governi per contenere l’epidemia, come i divieti di lasciare la propria casa o di non spostarsi dal proprio villaggio di residenza. Anche la GSMA, l’associazione delle società attive nel settore della telefonia cellulare, si è mossa per aiutare i ricercatori a ottenere qualcosa dagli stati africani coinvolti, e altri sforzi sono stati profusi dalle Nazioni Unite.
Come spiegano sempre sull’Economist, finora questi sforzi non hanno portato a niente. Lo scorso settembre le parti hanno discusso un piano per ottenere la diffusione dei CDR, ma non si è arrivati a nulla di concreto: la GSMA ha fallito nel fare leva sui suoi associati, l’ONU ha rapidamente perso interesse e i ricercatori sono rimasti con l’amara considerazione che i dati certamente esistono, ma non possono essere utilizzati.
Il problema non è naturalmente legato ai soli operatori telefonici, di mezzo c’è anche la burocrazia. I CDR contengono molte informazioni personali, e per questo motivo per poterli utilizzare sono necessari permessi da parte dei governi, che hanno il compito di tutelare la privacy dei loro cittadini. Ogni governo africano interessato dovrebbe quindi permettere l’accesso ai dati a singoli istituti di ricerca, che a loro volto dovrebbero impegnarsi a usare i dati solo in forma aggregata e per lo studio di particolari pattern. Non si tratta comunque di qualcosa di insormontabile, come dimostra la letteratura scientifica degli ultimi anni, cose di questo tipo sono già state fatte in passato, grazie alla collaborazione tra alcuni operatori telefonici e gli stati in cui sono attivi.
Secondo l’Economist, comunque, oltre alla burocrazia africana che spesso ci mette del suo, il principale colpevole è il forte elemento di novità di una ricerca in tempo reale basata sui CDR per un’epidemia come ebola. Uno studio di questo tipo non avrebbe precedenti e quindi governi e aziende si vogliono muovere con grandi cautele. Oltre ai timori sulla privacy, ci sono preoccupazioni sul fatto che i dati rivelino particolari segreti industriali sul livello di utilizzo e sullo stato delle reti mobili nei paesi coinvolti. Se ne discuterà nella prima settimana di novembre durante un meeting a Busan, in Corea del Sud, organizzato dall’International Telecommunications Union, l’agenzia dell’ONU che si occupa dello sviluppo e del mantenimento degli standard per le telecomunicazioni. Ma per il tema specifico dell’analisi in tempo reale del CDR è previsto un solo incontro e in molti dubitano che si potrà arrivare a qualcosa di concreto.
In Liberia, intanto, le autorità sanitarie degli Stati Uniti hanno dato alcuni consigli al governo locale per analizzare i dati raccolti dalla sua linea telefonica di aiuto contro ebola. Analizzando in forma aggregata i dati ottenibili dalle telefonate, a partire dalla posizione geografica dei chiamanti, si potrebbero ottenere dati preziosi per capire dove sono più frequenti i casi di contagio. Il governo liberiano ha iniziato ad analizzare i dati con un proprio team di esperti, ma le informazioni non sono state rese pubbliche per altre ricerche simili, cosa che riduce molto l’utilità dell’iniziativa per fermare i contagi.