6 cose sulla nuova stagione NBA
Il ritorno di LeBron James a Cleveland, il draft più promettente da tempo e le prospettive degli italiani: una breve guida del campionato di basket che comincia martedì notte
di Elena Zacchetti – @elenazacchetti
Nella notte tra martedì 28 e mercoledì 29 ottobre comincerà la 69esima stagione del campionato di basket della NBA (National Basketball Association, la lega professionistica degli Stati Uniti e del Canada), il torneo più ambito in assoluto per un giocatore di pallacanestro e tra i più popolari e seguiti al mondo. L’attesa per la stagione 2014-2015 è molto alta anche per una serie di interessanti novità: il ritorno di LeBron James a Cleveland dopo i successi ottenuti a Miami; l’arrivo dell’italiano Ettore Messina come vice-allenatore a San Antonio, la squadra vincitrice del torneo lo scorso anno; il ritorno in campo di Kobe Bryant dopo un lungo infortunio che l’ha tenuto fermo un anno; e uno dei “draft” più interessanti di sempre, che ha portato nel campionato NBA dei giocatori giovani di grande talento e su cui ci sono già grandi aspettative.
Le prime partite della nuova stagione si giocheranno all’una di martedì notte: saranno Orlando Magic-New Orleans Pelicans e Dallas Mavericks-San Antonio Spurs (qui il calendario completo della stagione).
1. Il ritorno di LeBron James a Cleveland
LeBron James ha collezionato diversi soprannomi nel corso della sua carriera NBA: “King James” e “The Chosen One” (“Il prescelto”), per citare i due più famosi, sintetizzano cosa si pensa di lui come giocatore di basket. È considerato da molti il più forte giocatore dell’ultimo decennio. Ha vinto due titoli NBA consecutivi con i Miami Heat, quattro premi di miglior giocatore per la stagione regolare e due per le finali playoff, due medaglie d’oro olimpiche con la nazionale statunitense e il premio di miglior rookie dell’anno (migliore esordiente della NBA). Ma soprattutto è il giocatore che ha segnato di più nella storia dei Cleveland Cavaliers, la squadra che l’ha fatto esordire in NBA e che poi ha lasciato per andare a vincere qualcosa a Miami.
La “Decisione” con cui LeBron James disse di voler portare “il suo talento a South Beach” – parole sue, pronunciate durante una trasmissione televisiva – è diventato uno dei momenti più noti della storia recente della NBA. E in effetti James ha vinto molto con Miami, anche se allo stesso tempo è diventato uno degli sportivi meno apprezzati negli Stati Uniti (è stato molto criticato per non avere provato a vincere con la sua squadra). Lo scorso luglio ha annunciato il suo ritorno a Cleveland: i tifosi dell’Ohio – che nel 2010 avevano bruciato le maglie col suo nome e l’avevano chiamato “traditore” – l’hanno accolto di nuovo a braccia aperte (come mostra anche la prima pagina del Plain Dealer, il quotidiano più diffuso in Ohio, dedicata a lui). James ha detto di essere tornato a Cleveland – squadra piuttosto scarsa nelle scorse stagioni – per vincere il titolo. In una partita di pre-season Cleveland ha giocato contro Miami e James ha fatto una cosa piuttosto bizzarra: ha fatto un blocco durante un’azione di attacco della sua squadra, ma invece che farlo all’avversario l’ha fatto a un suo compagno di squadra (in pratica ha favorito i suoi avversari). Molti, prendendolo in giro, si sono chiesti se si sia accorto di avere lasciato Miami.
2. I San Antonio Spurs: la squadra dei 17 playoff consecutivi
Negli ultimi anni gli Spurs sono diventati una squadra quasi “leggendaria” per gli appassionati di basket americano. Hanno vinto il torneo la scorsa stagione, giocando il più bel basket dell’intero torneo. Hanno lo stesso allenatore dal 1996 – Gregg Popovich, 65 anni, nato a East Chicago (Indiana) da madre croata e padre serbo – e da allora hanno partecipato 17 volte consecutive ai playoff NBA: un numero notevole. Popovich, noto per le sue vittorie e per il suo carattere burbero, è l’allenatore che tra le più importanti leghe sportive professionistiche americane – baseball, basket, football e hockey – allena consecutivamente da più anni la stessa squadra.
La scorsa stagione gli Spurs hanno vinto il torneo battendo nella serie finale i Miami Heat di LeBron James per 4-1. San Antonio non partiva favorita: era considerata una squadra di “vecchietti”, perché i tre suoi giocatori più forti – Tim Duncan, Manu Ginobili e Tony Parker – avevano già superato i trent’anni. Dopo avere giocato un’ottima stagione (anche se con qualche alto e basso), i “Big Three” di San Antonio non solo erano riusciti a battere i giocatori di Miami, molto più atletici, ma hanno anche deciso di giocare una nuova stagione. Assieme a loro, come lo scorso anno, ci saranno due tra le più grandi rivelazioni di tutto il torneo: l’ala Boris Diaw, che con la Francia nell’estate del 2013 ha vinto la medaglia d’oro agli Europei in Slovenia, e soprattutto Kahwi Leonard, guardia statunitense che ha vinto a sorpresa il premio di miglior giocatore della serie finale dei playoff della scorsa stagione.
3. Cosa ne è dei Los Angeles Lakers (ovvero: è tornato Kobe)?
Il 20 ottobre ESPN ha pubblicato un lungo articolo del giornalista sportivo Henry Abbott sul futuro dei Los Angeles Lakers e sul suo giocatore più importante e rappresentativo degli ultimi vent’anni: Kobe Bryant. Secondo Abbott, Bryant ha fatto la fortuna dei Lakers – cinque titoli NBA vinti dal 2000 al 2010 – ma sarà responsabile anche del suo declino: il problema sarebbe che nessun giocatore di talento e personalità vuole più giocare con Bryant, a causa della sua forte personalità e del suo ruolo “ingombrante” nella squadra. Bryant ha risposte alle critiche di ESPN con la sua consueta pacatezza: «Una cosa che ho capito negli anni è che avrete una brutta storia che esce un lunedì, che sembrerà la fine del mondo e per la quale tutti quanti ti prenderanno di mira. Ma poi passerà il tempo e riguarderai indietro. E non era altro che un lunedì». L’importanza di Bryant nel gioco dei Lakers è innegabile: nelle ultime due stagioni, con Bryant infortunato – prima al tallone d’achille e poi al piatto tibiale sinistro – i Lakers non sono nemmeno arrivati a playoff.
Bryant ha ricominciato a giocare nelle partite di pre-season, che anticipano l’inizio della stagione regolare. È sembrato in buona forma fisica, anche se con percentuali al tiro ancora non ottimali. Rispetto allo scorso anno il resto della squadra non sembra particolarmente rafforzato, e anzi ha perso il centro spagnolo Pau Gasol e il playmaker Steve Nash per un infortunio alla schiena che lo terrà fuori tutta la stagione (Nash, che è il terzo giocatore di sempre per numero di assist, potrebbe anche annunciare il ritiro). Molti analisti, scrive il Los Angeles Times, credono che nei Lakers non ci sia un livello di talento sufficiente a riportare la squadra ai vertici della NBA.
4. Le promesse uscite dal draft
Il draft 2014, ovvero quel meccanismo che permette a giocatori delle università americane o di squadre straniere di entrare in NBA, è stato considerato uno dei più promettenti degli ultimi decenni. Sports Illustrated ha selezionato dieci giocatori esordienti che potrebbero avere immediato impatto in NBA. Tra quelli che hanno giocato meglio durante la pre-season c’è sicuramente Jabari Parker, mormone, che arriva dalla prestigiosa università di Duke e che è stato scelto dai Milwaukee Bucks, una delle squadre peggiori dell’ultima stagione. Parker non è proprio una sorpresa: a maggio 2012 Sports Illustrated gli aveva dedicato una copertina molto impegnativa che diceva: «Il miglior giocatore dell’high school dai tempi di LeBron James». In pre-season Parker ha mantenuto una media di circa 11 punti a partita – piuttosto alta per uno al suo primo anno di NBA. In molti dicono che Parker potrebbe ottenere alla fine della stagione il riconoscimento di rookie dell’anno.
La prima scelta del draft è stato Andrew Wiggins, università del Kansas. Wiggins è stato scelto da Cleveland e poi girato ai Minnesota Timberwolves, squadra di medio-basso livello che quest’anno ha perso il suo giocatore più forte: Kevin Love, passato ai Cleveland Cavaliers di LeBron James. Wiggins è stato scelto per il suo talento e potenziale, anche se non sembra ancora pronto per avere un impatto immediato in NBA (Sports Illustrated scrive che potrebbe diventare il più forte della sua annata, se migliorasse nella fase offensiva e nei giochi a difesa schierata). Altri giocatori interessanti sono Doug McDermott, scelto dai Chicago Bulls e buon tiratore da tre; Julius Randle, ala grande preso con la settima scelta assoluta dai Los Angeles Lakers; e Nerlens Noel che giocherà con i Philadelphia 76ers, un giocatore che di recente ha avuto dei problemi fisici piuttosto rilevanti ma che viene tenuto in considerazione soprattutto per il suo grande talento.
5. Gli italiani in NBA: e siamo a cinque
Quattro giocatori e un allenatore. La scorsa stagione Marco Belinelli, guardia dei San Antonio Spurs, è diventato il primo italiano a vincere un titolo NBA (e si è tatuato sul braccio sinistro la coppa). Belinelli – che in Italia ha giocato in entrambe le squadre di Bologna prima di essere scelto in NBA – arriva da una buona stagione giocata con gli Spurs: per diversi mesi è stato primo nella classifica dei migliori tiratori da tre del torneo e nel corso della stagione è riuscito a entrare nelle rotazioni dell’allenatore Popovich e ha mantenere un buon minutaggio e una buona media punti. L’altro italiano da cui ci si aspetta una buona stagione è Danilo Gallinari, ala dei Denver Nuggets che non gioca una partita ufficiale della NBA dall’aprile del 2013, a causa della rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro. Gallinari è rientrato in questa preseason, giocando piuttosto bene. Il 10 ottobre scorso, per esempio, ha segnato 17 punti in 14 minuti contro i Phoenix Suns.
Gli altri due giocatori italiani in NBA sono Andrea Bargnani e Gigi Datome. Il primo, che gioca per i New York Knicks, si è infortunato durante la pre-season: non è chiara la gravità del suo infortunio – Bargnani e la stessa società sono stati molto vaghi a riguardo – e finora si sa solo che si tratta di un problema muscolare. Il secondo, dei Detroit Pistons, sta continuando a giocare molto poco, nonostante l’arrivo del nuovo allenatore Stan Van Gundy. In questa pre-season Datome ha giocato per più di 10 minuti in una sola partita, Detroit contro Charlotte Hornets il 15 ottobre (Datome ha segnato 9 punti con 4 su 6 al tiro: una buona percentuale). L’ultimo italiano arrivato in NBA è l’allenatore Ettore Messina, uno dei più bravi in circolazione. Messina – che in carriera ha vinto 4 volte l’Eurolega e un argento con la nazionale italiana all’Europeo 1997 – era già stato in NBA come consultant coach dell’allenatore Mike Brown dei Lakers. Ai San Antonio ha ritrovato due giocatori che aveva già allenato in Italia: Belinelli e Ginobili.
6. Le squadre favorite e le altre storie
Le squadre che si dovranno tenere d’occhio saranno: i San Antonio Spurs, oltre che per i “Big Three” anche (e soprattutto) per i giocatori che sono emersi nella seconda parte della scorsa stagione, come Kahwi Leonard, Boris Diaw e Danny Green; i Cleveland Cavaliers, che oltre a LeBron James possono contare sulla forte ala grande Kevin Love (appena arrivato) e Kyrie Irving, il playmaker miglior giocatore della nazionale statunitense ai Mondiali in Spagna di quest’estate; e gli Oklahoma City Thunder, che l’anno scorso sono arrivati alle finali di Conference e dove gioca uno dei migliori giocatori della Lega, Kevin Durant. Tra le squadre che potrebbero fare comunque una buona stagione ci sono i Los Angeles Clippers, in cui gioca Chris Paul, considerato il più forte playmaker “vecchio stile” dell’intera NBA; i Chicago Bulls, dove quest’anno rientra il fortissimo playmaker Derrick Rose, che è rimasto a lungo infortunato; e gli Indiana Pacers, sui quali da ormai qualche anno ci scommettono in pochi, ma poi arrivano sempre molto in alto.