Come sta andando la battaglia di Kobane?
La città siriana al confine con la Turchia sta diventando una "bandiera" da conquistare, sia per l'IS che per i curdi siriani: e ci sono delle novità
Da diverse settimane i miliziani dello Stato Islamico (IS), il gruppo estremista sunnita che controlla ampie zone di territorio a cavallo di Siria e Iraq, stanno combattendo contro i curdi siriani a Kobane, città della Siria settentrionale al confine con la Turchia. La battaglia per il controllo di Kobane è diventata progressivamente sempre più importante: col passare dei giorni ha acquisito una notevole importanza simbolica – prima ne aveva poca – ed è diventata una specie di terreno di prova per la strategia americana contro lo Stato Islamico e per la tenuta della coalizione internazionale che è stata messa in piedi il mese scorso. A Kobane sono anche venute fuori chiaramente le differenze strategiche che esistono tra Stati Uniti e Turchia (paesi NATO), e la difficoltà del governo turco di schierarsi contro lo Stato Islamico nella misura in cui questo indebolisce la sua posizione nei confronti della comunità curda. Due avvenimenti successi negli ultimi giorni, comunque, potrebbero condizionare definitivamente l’esito della battaglia a Kobane. A favore dei curdi, e a sfavore dell’IS.
Chi sta vincendo a Kobane?
La situazione militare a Kobane è molto confusa: alcune zone della città conquistate dall’IS nelle ultime settimane sono state riprese dai miliziani curdi siriani, mentre in altre sembra che siano stati i miliziani dell’IS ad avanzare. Un’accurata mappa interattiva del Wall Street Journal (che si può vedere qui) mostra i punti di più grande interesse strategico di Kobane: per esempio la strada che collega la parte orientale della città a Raqqa, considerata la capitale del Califfato islamico, è la via di rifornimento più importante usata dai miliziani dell’IS. Finora, per quanto se ne sa, nessuna delle due forze sembra poter prevalere nel breve periodo senza un qualche tipo di intervento o decisione esterni che potrebbero diventare una specie di “game changer”. E ora sembrano potercene essere due, recenti di pochi giorni.
La gestione del confine da parte della Turchia
Il 20 ottobre il governo turco ha annunciato di voler cambiare la sua politica di gestione del confine con la Siria, nell’area di Kobane. Per diverso tempo la Turchia aveva impedito ai curdi iracheni di oltrepassare il confine tra Turchia e Siria e andare a combattere a fianco dei curdi siriani, riducendo significativamente l’efficacia degli attacchi aerei statunitensi contro le postazioni dell’IS a Kobane. La decisione del governo è apparsa come un “capovolgimento inaspettato delle politiche turche”. Il Parlamento del Kurdistan iracheno ha approvato mercoledì 22 ottobre la decisione del presidente Mas’ud Barzani di mandare i peshmerga, le milizie del Kurdistan iracheno, a combattere a Kobane a fianco dei curdi siriani.
Secondo il sito al-Monitor, specializzato di cose di Medio Oriente, il primo ministro turco Ahmet Davutoglu ha dato l’impressione di essere favorevole ad “aprire” il confine e a permettere il passaggio di uomini e rifornimenti verso Kobane. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha invece detto più volte che i curdi siriani che stanno combattendo a Kobane – soprattutto il Partito di Unione Democratica (PYD) e il suo braccio armato (YPG) – sono organizzazioni terroristiche (e sono legate al PKK, gruppo che per anni ha compiuto attentati in Turchia per ottenere l’indipendenza da Ankara). Date queste divisioni e il ruolo predominante di Erdogan nella politica turca, non è ancora troppo chiaro cosa abbia spinto la Turchia a cambiare idea (sembra comunque che un ruolo rilevant ece l’abbiano avuto le pressioni internazionali).
Il cambio di atteggiamento dell’amministrazione americana
Il Wall Street Journal racconta che negli ultimi giorni l’atteggiamento dell’amministrazione americana nei confronti della battaglia di Kobane è cambiato. La città continua a essere considerata strategicamente poco importante (a differenza per esempio della provincia irachena di Anbar) ma di recente le viene riconosciuta grande importanza simbolica. I comandanti militari americani e curdi siriani hanno cominciato a coordinare le operazioni di aria e di terra in maniera molto più intensa e domenica 19 ottobre gli aerei americani hanno effettuato il primo lancio di armi ai combattenti curdi (non è andata benissimo: almeno uno dei pacchi lanciati sembra sia finito in mano ai miliziani dell’IS). La battaglia di Kobane, in pratica, sta diventando una cosa un po’ a se stante rispetto al resto della guerra. Scrive il Wall Street Journal:
«Dopo che lo Stato Islamico ha fatto di Kobane un test per misurare la sua abilità nell’azzerare il potere aereo americano, il governo di Washington è intervenuto più duramente di quanto avesse inizialmente messo in conto, cercando di annullare il momento favorevole dell’IS. Gli Stati Uniti hanno superato il Rubicone, e nel farlo potrebbero avere preannunciato una loro maggiore partecipazione in altre città sotto assedio dello Stato Islamico, in un momento in cui alcuni membri del Congresso si interrogano sulla direzione della strategia americana e della missione in atto.»
Kobane è diventata una guerra di bandiere, ha detto un funzionario americano. Per questo è diventata di importanza simbolica, e una priorità per gli Stati Uniti e il resto della coalizione.