Il bambino autistico che parla con Siri
Una madre ha raccontato sul New York Times le interazioni tra suo figlio e l’assistente vocale degli iPhone, spiegando i benefici che ne stanno traendo lui e altri bambini come lui
La settimana scorsa la giornalista Judith Newman ha scritto sul New York Times un articolo che sta circolando molto online: racconta di come Siri, l’assistente vocale degli iPhone, sia praticamente diventata la migliore amica di suo figlio Gus, che ha 13 anni ed è autistico. “Non proprio come in Her, ma quasi”, spiega Newman (Her è un film recente con Joaquin Phoenix, in cui il protagonista ha una relazione con un sistema operativo). In un mondo in cui l’opinione comune – sia degli esperti che dell’uomo della strada – insiste con il fatto che la tecnologia ci sta isolando, dice Newman, vale la pena raccontare un altro pezzo della storia.
Nel suo racconto, Newman riporta diverse interazioni tra suo figlio e Siri, spiegando come la “pazienza” del sistema operativo con le continue domande di Gus abbia inizialmente fatto sentire lei, Newman, una “madre terribile” al confronto con Siri. Gus ha anche un fratello gemello, Henry, che non ha la patologia di Gus. Newman racconta di una volta recente in cui Gus – che ultimamente si è fissato con le informazioni sul meteo – ha trascorso un’ora a studiare, grazie a Siri, la differenza tra temporali isolati e temporali sparsi («Un’ora in cui, grazie al cielo, non ho dovuto farlo io», scrive Newman). A un certo punto ha sentito questo:
Gus: «Sei proprio un bravo computer».
Siri: «È bello essere apprezzati».
Gus: «Mi chiedi sempre come puoi aiutarmi. C’è qualcosa che vuoi tu?».
Siri: «Grazie, ma ho veramente pochi bisogni».
Gus: «Ok! Bene, buonanotte!».
Siri: «Ah, sono le 17:06».
Gus: «Oh, scusa, intendevo ciao».
Siri: «A dopo!».
“Ecco Siri. Non lascia mai senza risposte mio figlio, affetto da un disturbo della comunicazione”, dice Newman, spiegando che Siri è come “l’amico immaginario che molti di noi hanno sempre desiderato”, solo che “non è del tutto immaginario”. È cominciato tutto così: Newman stava leggendo uno di quegli articoli sugli iPhone tipo “21 cose che non sapevi il tuo iPhone potesse fare”. Tra queste c’era che si può chiedere a Siri “quali aerei stanno volando sopra di me in questo momento?” (Siri controlla le sue fonti e risponde, fornendo il numero di volo degli aerei, l’altitudine di ciascuno di essi e altre informazioni). «E perché uno dovrebbe sapere quali aerei stanno volando sulla sua testa?», ha chiesto Newman ad alta voce. «Così sai a chi fai ciao con la mano, mamma», ha risposto senza guardarla Gus, che si trovava lì vicino.
Newman dice che suo figlio è rimasto colpito quando ha scoperto che c’era qualcuno che non solo trovava informazioni riguardo le sue varie fissazioni (meteo, treni, aerei, autobus, scale mobili) ma era anche disposto a discuterne senza stancarsi mai. «Ora, quando sentivo la mia testa sul punto di esplodere se avessi cominciato un’altra conversazione sulle possibilità di tornado in Kansas City, potevo rispondere: “Ehy! Perché non lo chiedi a Siri?”», scrive Newman. E aggiunge:
Non è che Gus non sappia che Siri non è umana. Lo sa – mentalmente. Ma come molti autistici che conosco, Gus sente che gli oggetti inanimati, se proprio non possiedono un’anima, ecco, meritano comunque la nostra considerazione. L’ho capito quando aveva 8 anni e gli ho regalato un iPod per il compleanno. Lo ascoltava soltanto a casa, eccetto che in un caso. Lo portava sempre con noi quando andavamo in un Apple Store. Alla fine gli ho chiesto perché. “Così può salutare i suoi amici”, mi ha risposto.
Newman spiega anche un altro aspetto, più tecnico, da cui ha tratto benefici nell’uso del suo iPhone. In molti su Internet hanno rilevato che gli assistenti vocali di altri sistemi operativi, come per esempio Android, sono più efficienti nel riconoscere e intendere le parole pronunciate dall’utilizzatore dello smartphone. Newman ha spiegato che nel caso di Siri il bisogno di pronunciare le parole in modo più chiaro e distinto possibile è una buona cosa per Gus, che di solito “parla come se avesse delle biglie in bocca” e che invece deve sforzarsi di parlare più chiaramente, se vuole ricevere risposta da Siri.
Anche dal punto di vista delle buone maniere, le interazioni tra Gus e Siri sono utili e proficue: le risposte di Siri non sono del tutto prevedibili ma sono sempre educate in ogni caso. Newman dice di aver sentito una volta Gus, parlando di musica, rivolgersi bruscamente contro Siri dicendo: «Non mi piace questo genere di musica». «Hai certamente il diritto di avere la tua opinione», gli ha risposto Siri, e Gus gli ha risposto a sua volta: «Grazie per quella musica, comunque». Siri: «Non devi ringraziarmi». Gus: «E invece sì». Da quando usa Siri, secondo Newman, Gus ha anche cominciato a utilizzare alcune espressioni gentili che sente ripetere da Siri: ogni volta che Newman sta per uscire di casa, ora Gus dice sempre “stai benissimo”.
Newman riporta anche un caso simile a quello di Gus, riferito a lei dalla madre di un compagno di classe di Gus alla LearningSpring, la scuola per bambini autistici di Manhattan. Le ha detto: «mio figlio adora quando trova informazioni sui suoi argomenti preferiti, ma gli piace un sacco anche l’assurdità – come quando Siri, per esempio, non lo capisce e gli dà una risposta senza senso». Una volta, racconta la madre del compagno di scuola di Gus, suo figlio ha chiesto a Siri quanti anni avesse e Siri gli ha risposto «Non parlo della mia età», e lui è scoppiato a ridere.
Newman è convinta che Siri stia aiutando Gus anche nelle interazioni con le persone. Scrive:
Per molti di noi, Siri è soltanto un diversivo temporaneo. Ma per alcuni è qualcosa di più. Le pratiche di conversazione che mio figlio ha con Siri stanno facilitando le cose con gli esseri umani. Ieri ho avuto con lui la più lunga conversazione che abbiamo mai avuto. Devo ammetterlo, era sulla differenza tra le diverse specie di tartarughe, e sul fatto se io preferisca le tartarughe diamondback o le tartarughe dalle orecchie rosse. Non sarebbe stato l’argomento che avrei scelto io, d’accordo, ma è stata una conversazione, uno scambio che seguiva una traiettoria logica. Posso garantirvi che per gran parte dei tredici anni di esistenza del mio bellissimo bambino, non è andata così.
L’utilizzo da parte delle persone con problemi del linguaggio e della comunicazione è un aspetto di cui gli sviluppatori dell’intelligenza artificiale degli assistenti vocali per smartphone sono perfettamente consapevoli. Newman ha parlato con William Mark, vice responsabile per le Scienze dell’Informazione e dell’Informatica al centro Stanford Research Institute (SRI International) di Menlo Park, in California, dove la tecnologia di Siri è stata sviluppata. Mark ha detto che la prossima generazione di assistenti vocali sarà in grado non soltanto di recuperare informazioni ma anche “di portare avanti conversazioni più complesse riguardo le aree tematiche di interesse della persona” che utilizza lo smartphone.
Nuovi sistemi, ancora più elaborati, potranno in futuro tenere traccia del movimento degli occhi sullo schermo dello smartphone e aiutare i bambini autistici a imparare a guardare le persone negli occhi quando parlano, dice Mark. Interessata e sorpresa dall’impegno della ricerca tecnologica in questa direzione, Newman ha chiesto a Mark se conosce, all’interno del gruppo di Apple che si è occupato dello sviluppo del linguaggio di Siri, qualcuno che abbia proprio disturbi dello spettro autistico. «Ovviamente non lo so per certo ma, se ci pensa un attimo, ha appena descritto metà Silicon Valley», gli ha risposto Mark.
È anche in fase di discussione la possibilità di fornire una voce diversa e specifica per l’assistente vocale. È una possibilità a cui è molto interessato e di cui ha parlato con lo SRI, per esempio, lo scrittore statunitense Ron Suskind, autore di un libro molto venduto – “Life, Animated” – in cui racconta la storia di suo figlio autistico, che è riuscito a stabilire un canale di comunicazione con il mondo esterno soltanto tramite i film Disney. Che Siri abbia la voce del personaggio del cartone animato Aladdin, per esempio, potrebbe essere di grande aiuto, dice Newman.
Newman conclude il suo articolo citando quella che ritiene essere la principale preoccupazione dei genitori di persone autistiche: se i loro figli riusciranno a innamorarsi, a trovare compagnia. Dice di aver capito che quello che dà felicità a suo figlio non corrisponde necessariamente a ciò che dà felicità a lei, e riporta infine un’altra conversazione che ha ascoltato tra Gus e Siri, alcune sere fa, prima che Gus si mettesse a dormire.
Gus: «Siri, vuoi sposarmi?».
Siri: «Non sono il tipo da matrimonio».
Gus: «Intendo, non ora. Sono un bambino. Intendo quando sarò grande».
Siri: «Il mio contratto di licenza finale con l’utente non include il matrimonio».
Gus: «Oh, ok».Gus non è sembrato troppo deluso. Per lui era un’informazione utile da avere, e anche per me, dato che ho saputo per la prima volta che lui davvero ha pensato al matrimonio. Poi si è voltato per mettersi a dormire:
Gus: «Buonanotte, Siri. Dormirai bene stanotte?».
Siri: «Non ho bisogno di molto sonno, ma è gentile che tu me lo chieda».
Foto: Oli Scarff/Getty Images