I ladri di sabbia
Lo sviluppo immobiliare ne esige sempre di più e in molti paesi rubarla è diventato un lavoro, anche a costo di erodere i litorali
Con il recente grande sviluppo immobiliare in Asia e in Africa, e la continua costruzione di grattacieli e palazzi nel mondo, la domanda di sabbia è cresciuta vertiginosamente: un bene che potrebbe sembrare infinito sta invece esaurendosi in fretta – si usa anche per produrre chip e telefoni cellulari – e rubarla è diventato un lavoro.
A Capo Verde, un arcipelago di dieci isole maggiori e otto isolotti disabitati di origine vulcanica a circa 600 chilometri ovest dalle coste del Senegal, il problema sta diventando particolarmente serio, secondo un articolo dello Spiegel. Ci sono ancora litorali intatti, ma sono principalmente quelli dei grandi hotel che ospitano turisti stranieri: il resto del lungomare è stato ed è saccheggiato dai capoverdiani, un secchio di sabbia alla volta. Approfittando della bassa marea infatti, i capoverdiani arrivano con pale e secchi e raccolgono più sabbia possibile da rivendere: molte persone non hanno un lavoro e questo è meglio di niente. Ci sono sia giovani che cinquantenni, sia uomini che donne: rubano la sabbia tutti i giorni finché c’è la bassa marea, tranne la domenica («perché la domenica si va in chiesa», dicono). Quando vanno via si lasciano dietro sassi sparsi e buche profonde anche due metri. Il fenomeno della sparizione della sabbia non riguarda solo Capo Verde, ma sta diventando globale ed è già un problema in molte parti del mondo, tra cui Kenya, Nuova Zelanda, Giamaica e Marocco.
Nel 2012 solo in Germania sono stati estratti 235 milioni di tonnellate di sabbia e ghiaia: il 95 per cento è stato utilizzato per l’industria delle costruzioni. Il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) ha stimato che il consumo globale di sabbia arriva a 40 miliardi di tonnellate in un anno, di cui 30 miliardi effettivamente usati: una quantità che sarebbe sufficiente per costruire un muro di 27 metri per 27 attorno al mondo. A marzo 2014 l’UNEP ha pubblicato un rapporto secondo cui «la sabbia sta venendo estratta a un ritmo molto più alto di quanto si rinnovi» e «la sabbia è molto più rara di quanto si possa pensare».
La popolazione di Capo Verde sta imparando nel modo peggiore cosa succede quando la sabbia comincia a scomparire. L’oceano si sta avvicinando sempre più alle case dei capoverdiani, erodendo velocemente la poca sabbia rimasta, e alcune case sono già crollate poiché le fondamenta sono diventate instabili. Gli abitanti hanno chiesto aiuto al governo, che ha costruito un muro in calcestruzzo lungo il litorale. Il problema è elevato nelle città povere di Capo Verde, dove i ladri prendono la maggior parte della sabbia che poi rivendono. Lo stesso accade a Hong Kong, a Singapore, in Indonesia e in Cambogia.
Nel 2012 un’associazione per la tutela dell’ambiente, Global Witness, ha diffuso delle immagini satellitari che mostravano come Singapore abbia espanso il suo territorio del 22 per cento negli ultimi cinquant’anni. L’associazione ha poi fornito prove che la sabbia utilizzata nell’espansione di Singapore arriva da paesi come Vietnam, Indonesia e Malesia, e che in buona parte è stata estratta illegalmente.
Molti paesi hanno vietato l’estrazione della sabbia, e Capo Verde fa parte di questi dal 2002: ma il divieto non ha fermato i furti. La polizia pattuglia i litorali e ogni tanto arresta qualcuno, ma le pene sono troppo poco severe (ventiquattr’ore in carcere) e la disoccupazione troppo alta per mettere un freno al problema in generale.