La vita degli animali di una piccola fattoria argentina, nelle foto oneste e brutali di Alessandra Sanguinetti

Il sesto giorno

Bizzarrie naturali e insoliti musei, parchi, edifici, fotografati da Silvia Camporesi

Mirabolanti luoghi italiani

Lezioni di nuoto fotografate da Larry Sultan a San Francisco, tra gli anni Settanta e Ottanta

Imparare a stare a galla

Foto, immagini d'archivio e testimonianze che parlano dei movimenti migratori al confine con gli Stati Uniti, nelle foto di Lara Shipley


Tracce e storie dal deserto di Sonora

La contaminazione ambientale dei metalli pesanti e gli effetti che ha sulla salute degli abitanti di Cerro de Pasco, in Perù, nelle foto di Stefano Sbrulli

Convivere con una miniera a cielo aperto

Nel progetto "Immortality" di Alessandro Gandolfi, sul tentativo di rallentare l'invecchiamento e farci vivere più a lungo

Alla ricerca della longevità

Tramite le fotografie aeree che Stephen Shore ha scattato con un drone

Topografia del paesaggio americano

Astrid Reischwitz usa tessuti ricamati, foto e oggetti per tessere la sua storia, influenzata dalle donne del piccolo borgo agricolo in cui è cresciuta

Storie dal club del cucito

Nel lavoro di Serena Guerra, che ha creato un racconto epistolare fatto di foto malinconiche e lettere scritte al poeta russo Iosif Brodskij

Venezia come terapia per la fine di una storia

Alessia Nicosia ci ha raccontato come è stato vivere sempre al buio e con una temperatura esterna fino a -80 °C nella base di ricerca Concordia

Nove mesi isolata in Antartide

È vero che si resta ancora coscienti per qualche secondo dopo avere perso la testa? Cosa dice la scienza, e cosa può insegnarci un pollo

Cosa succede dopo la decapitazione

Da gennaio in alcune scuole francesi sarà usato un modello tridimensionale: moltissime persone – uomini e donne – non ne sanno quasi niente

La clitoride, spiegata bene

<p style="text-align: center;"><a href="https://www.ilpost.it/?attachment_id=803309" rel="attachment wp-att-803325"><img class=" wp-image-803325 aligncenter" alt="Menya's Kids - 8" src="https://www.ilpost.it/wp-content/uploads/2014/10/Menyas-Kids-81.jpg" width="60%" srcset="https://www.ilpost.it/wp-content/uploads/2014/10/Menyas-Kids-81.jpg 600w, https://www.ilpost.it/wp-content/uploads/2014/10/Menyas-Kids-81-400x530.jpg 400w" sizes="(max-width: 600px) 100vw, 600px" /></a></p>
<p>Non esiste una statistica ufficiale sul lavoro minorile in Egitto ma le <a href="https://www.lensculture.com/articles/myriam-abdelaziz-menya-s-kids#slide-6">cifre vanno</a> dagli 1,3 ai 3 milioni di bambini. Uno dei posti peggiori in cui molti si trovano a lavorare, spesso già a 7-8 anni, sono le cave di calcare di Minya, una città che si trova a circa 250 chilometri a sud del Cairo, lungo la sponda occidentale del Nilo. Le cave sono oltre 300 e impiegano 15 mila persone, spesso neo-laureati che non riescono a trovare un impiego migliore.</p>
<p>Il lavoro nelle cave è estremamente faticoso e pericoloso per gli adulti, e lo è ancora di più per bambini e adolescenti: devono maneggiare ogni giorno macchinari vecchi e rudimentali, dotati di lame affilate per tagliare la pietra e privi di dispositivi di sicurezza. Incidenti più o meno gravi – a volte anche mortali – accadono ogni giorno, anche a causa dei macchinari elettrici e dei numerosi cavi scoperti. Inoltre la polvere calcarea provoca problemi respiratori e malattie polmonari. A causa delle difficili condizioni molti ragazzini che lavorano nelle cave <a href="http://panorama.madamasr.com/2012/life-in-the-mountains-bosom/">arrivano a dimostrare</a> anche 20 o 30 anni, per la pelle del viso rovinata e ricoperta di rughe. Le ambulanze inoltre non arrivano fino alle cave e nei dintorni ci sono solo ospedali privati; spesso in caso di incidente gli operai rinunciano a fare denuncia a patto che il datore di lavoro paghi le cure. Molti vengono semplicemente licenziati senza alcun tipo di risarcimento.</p>

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<p>Gli orari di lavoro vanno dalle 16 alle tre del mattino in primavera ed estate, e dalle 7 del mattino alle 16 in autunno e inverno, per un guadagno dell&#8217;equivalente di 11 euro a settimana, più di quanto guadagni un muratore o un contadino. Nonostante le cave siano molto pericolose, le famiglie continuano a mandare i bambini a causa della crisi economica e grazie ai buoni stipendi.</p>
<p>Myriam Abdelaziz, una fotografa francese di origine egiziana, ha raccontato nel suo progetto <em><a href="http://www.myriamabdelaziz.com/#!menyaskids/cdz2">Menya’s Kids</a></em> le difficili condizioni di vita e di lavoro dei bambini nelle cave. Abdelaziz aveva ricevuto da una ong internazionale il compito di documentare la situazione delle donne nei dintorni della città, ma poi aveva scoperto l’esistenza delle cave e dei bambini che ci lavorano. Abdelaziz si è laureata all’International Center of Photography di New York nel 2006 e da allora ha pubblicato con importanti testate come <em>Time</em>, <em>Marie-Claire</em>, <em>Newsweek</em>, <em>Smithsonian</em>, <em>Le Monde</em>, <em>Courrier International</em> e <em>The British Journal of Photography</em>. Secondo <em>Lens</em>, un’autorevole rivista di fotografia e fotogiornalismo, Abdelaziz è particolarmente apprezzata per la fotografia documentaristica e al contempo concettuale, e per la sua capacità di raccontare storie con una eccezionale attenzione all’estetica e alla composizione delle immagini. <em>Menya’s Kids</em> si può guardare interamente sul sito di Abdelaziz, dove si trovano anche gli <a href="http://www.myriamabdelaziz.com/">altri suoi lavori</a>.</p>

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Una fotografa francese ha raccontato le condizioni dei bambini che lavorano nelle pericolose cave di calcare in Egitto

I bambini di Minya

I bambini di Minya

I bambini di Minya

I bambini di Minya

I bambini di Minya

I bambini di Minya

I bambini di Minya

I bambini di Minya

I bambini di Minya

I bambini di Minya

I bambini di Minya

I bambini di Minya