La guerra contro l’IS ora ha un nome
Si chiama “Inherent Resolve”, hanno detto gli Stati Uniti, che non hanno trovato di meglio
Dopo circa due mesi dall’inizio degli attacchi aerei contro lo Stato Islamico (IS), il dipartimento della Difesa statunitense ha dato un nome all’operazione militare contro il gruppo: “Inherent Resolve” (difficilmente traducibile in italiano dandogli un senso: potrebbe essere una cosa come “Soluzione dedicata”). La decisione è stata comunicata dal colonnello Edward Thomas, portavoce del generale Martin Dempsey, capo dello stato maggiore congiunto delle forze armate statunitensi. Thomas non ha specificato altro: per esempio non ha spiegato ai giornalisti come mai ci è voluto così tanto tempo a trovare un nome all’operazione, e perché alla fine è stato scelto un nome che – stando a quanto scrisse il Wall Street Journal a inizio ottobre – era stato già bocciato da diversi funzionari del dipartimento della Difesa.
La questione del nome da dare alla guerra all’IS era diventata di una certa rilevanza da qualche settimana. Gli Stati Uniti hanno infatti una lunga tradizione nel dare nomi alle loro operazioni militari, soprattutto quando si tratta di piani estesi e con tempi di battaglia previsti lunghi, come nel caso della guerra all’IS. In particolare a partire dagli anni Novanta le amministrazioni americane cominciarono a scegliere nomi in codice che avessero primariamente lo scopo di condizionare la percezione dell’opinione pubblica nei confronti di una guerra (l’operazione con cui invasero Panama nel 1989, per esempio, fu rinominata in un secondo momento con “Operation Just Cause”, “Operazione Giusta Causa”).
Il Comando Centrale degli Stati Uniti, ovvero l’organo responsabile degli interessi americani in 27 paesi che si estendono dal Corno d’Africa fino all’Asia Centrale, ha spiegato così le ragioni della scelta del nome “Inherent Resolve” per l’operazione militare contro l’IS in Siria e Iraq:
«Secondo i funzionari di CENTCOM, il nome INHERENT RESOLVE vuole riflettere la decisione risoluta e il profondo coinvolgimento degli Stati Uniti e dei suoi paesi alleati della regione e nel mondo nello scopo di eliminare il gruppo terroristico ISIL [l’acronimo usato dall’amministrazione americana per riferirsi allo Stato Islamico, ndr] e la minaccia che lo stesso pone all’Iraq, alla regione e alla più ampia comunità internazionale. È anche il simbolo della volontà e della dedizione dei membri della coalizione nel lavorare in maniera molto stretta con i nostri amici nella regione e applicare tutte le dimensioni necessarie del potere nazionale – diplomatica, informativa, militare, economica – per indebolire e distruggere l’ISIL».
Il nome “Inherent Resolve” era stato in precedenza scartato da alcuni funzionari del dipartimento della Difesa per diverse ragioni, fra cui il fatto che non evocava in maniera abbastanza diretta il Medio Oriente e che non indicava in maniera efficace l’estesa coalizione che è stata messa in piedi contro l’IS. Nelle ultime settimane, comunque, la questione del nome era stata presa un po’ in giro anche da alcuni importanti giornali americani. Il blog del Washington Post “In the Loop”, per esempio, aveva detto ai lettori di fare loro delle proposte: tra i nomi che avevano riscosso più successo c’era “Where’s My Humvee” (“Dov’è il mio Humvee”, cioè il veicolo militare da ricognizione dell’esercito americano), nome che si riferiva ironicamente al fatto che molte armi americane che furono date all’esercito iracheno dopo l’invasione del 2003 si trovano ora in mano all’IS (il nome preferito dalla redazione del Post era invece stato proposto da un lettore del Wall Street Journal: “Operation Tentative Ambivalence”, traducibile più o meno in italiano con “Operazione ambivalenza esitante”).