Il business delle megachiese in Nigeria
Un lungo articolo di Reuters descrive l'enorme giro di affari e i ricchi parroci di queste strutture da 200mila posti in piedi
Il mese scorso una grande struttura di accoglienza gestita dalla parrocchia della città di Lagos, in Nigeria, è crollata causando la morte di 115 tra fedeli e pellegrini che si trovavano all’interno. Le cause del crollo non sono ancora state chiarite ma il presidente nigeriano Goodluck Jonathan, che era andato subito sul luogo dell’incidente, aveva detto che sarebbe stata aperta un’indagine: alcuni soccorritori avevano detto che il crollo poteva essere stato causato dalla recente costruzione di tre nuovi piani aggiuntivi – sui due già esistenti – senza che venissero rinforzate le fondamenta. L’episodio è stato anche causa di un incidente diplomatico tra Nigeria e Sudafrica, visto che 84 pellegrini erano sudafricani.
L’incidente di Lagos ha fatto parlare diversi giornali internazionali del grande business delle “megachiese” in Nigeria, un genere di struttura per molti versi poco familiare ai fedeli in Italia e in Europa, non abituati a frequentare luoghi di culto da più di 200 mila posti in piedi. Reuters ha spiegato in un articolo quanto sia rilevante per l’economia nigeriana il giro di affari intorno alla costruzione e gestione di questi grandi edifici, a cui prendono parte decine di migliaia di lavoratori, e quanto siano diventate ricche e influenti per la comunità le autorità religiose che se ne occupano. «Almeno sei leader religiosi possiedono jet privati, quindi di soldi ne hanno», ha detto un economista e capo di una società di consulenza a Lagos, Bismarck Rewane, specificando che nessuno sa con esattezza quanti soldi abbiano queste persone, dato che non dichiarano i loro redditi a nessuno.
Nel marzo scorso la Nigeria – un paese con circa 170 milioni di abitanti – ha aggiornato il suo Prodotto Interno Lordo (PIL), che ora è di 510 miliardi di dollari, il più alto tra gli stati africani (ha superato il Sudafrica). Nei calcoli non sono riportate delle voci specifiche riconducibili alle megachiese, la cui principale entrata è rappresentata dalla “decima”, cioè la parte di reddito volontariamente destinata dai contribuenti (l’equivalente del nostro cinque per mille). In quanto organizzazioni caritatevoli, le chiese non sono tenute a compilare dichiarazioni dei redditi: questa esenzione – considerando la grande povertà in cui vivono fasce molto estese della popolazione – è stata recentemente oggetto di grandi controversie. «Utilizziamo i redditi della chiesa per costruire scuole, per soddisfare i bisogni dei poveri», ha detto David Oyedepo, vescovo della Cappella dei Vincitori, una delle parrocchie più frequentate.
Con un patrimonio netto stimato intorno ai 150 milioni di dollari, Oyedepo era risultato il più ricco in una lista dei cinque parroci più ricchi in Nigeria, pubblicata dalla rivista americana Forbes nel 2011. In quella lista, con un patrimonio stimato tra i 10 e i 15 milioni di dollari, c’era anche padre T.B. Joshua, la cui parrocchia gestiva la grande struttura crollata a Lagos nel settembre scorso. Uno degli altri parroci della lista, padre Chris Oyakhilome, fu al centro di un’indagine della Commissione per i reati economici e finanziari (EFCC) e fu accusato di aver riciclato in conti bancari esteri 35 milioni di dollari di contributi versati dai fedeli della sua parrocchia: lui negò tutto e il caso fu chiuso per mancanza di prove. Oyakhilome è inoltre il proprietario di una società editrice di giornali e riviste, che gestisce anche un canale televisivo.
Oyedepo, il parroco più ricco secondo la classifica di Forbes, è il capo di una parrocchia che dà lavoro a più di 18 mila persone, anche in migliaia di piccole filiali fuori dal paese, e ha la sede principale in una specie di campus da circa 43 chilometri quadrati, con un’università, due grandi foresterie, ristoranti, e una chiesa da 50 mila posti a sedere (in piedi ce ne entrano quasi 250 mila). Ogni domenica Oyedepo pronuncia dei sermoni seguitissimi, trasmessi anche su enormi megaschermi all’esterno della chiesa. «Come potete vedere, tutto quello che quest’uomo tocca si trasforma in oro», ha detto Akinwumi Adesina, ministro dell’agricoltura nigeriano in un discorso tenuto durante una grande festa per il 60esimo compleanno di Oyedepo, a cui hanno partecipato tra gli altri l’ex presidente nigeriano Olusegun Obasanjo e l’ex capo dell’esercito Yakubu Gowon.
Un funzionario dell’Ufficio di Statistica nazionale, che ha voluto rimanere anonimo, ha detto che nel calcolo del PIL della Nigeria i patrimoni delle chiese sono considerati come “non-profit”, e ricadono sotto la voce “altri servizi”: secondo gli ultimi dati, quella voce contribuisce al PIL per il 2,5 per cento, esattamente quanto il settore finanziario. Un ex banchiere che lavorava alla Nigeria United Bank for Africa ha detto a Reuters che cinque anni fa i gestori di una chiesa, dopo avere in precedenza chiesto un prestito obbligazionario, cominciarono a versare 5 milioni di dollari a settimana in vista di un grande investimento nel settore immobiliare (alla fine la banca rifiutò per motivi etici, ha detto l’ex banchiere, che non ha voluto rendere pubblico il suo nome).
Altre fonti utilizzate da Reuters hanno confermato che le parrocchie nigeriane fanno spesso investimenti del genere, sia nel paese che all’estero. Nel 2009, tramite un conto fiduciario, un parroco investì 18 milioni di dollari in azioni della banca commerciale nigeriana Finbank, che aveva da poco evitato il fallimento e che poi si unì al gruppo nigeriano First City Monument Bank (FCMB), con sede a Lagos.
La Synagogue Church of All Nations (SCOAN) a Lagos.
(PIUS UTOMI EKPEI/AFP/Getty Images)