Si vota in Bosnia ed Erzegovina
Un paese diviso, in una brutta situazione economica e con uno dei sistemi politici più complicati del pianeta (per dire: oggi si eleggono tre presidenti)
Oggi si vota per le elezioni generali in Bosnia ed Erzegovina, uno dei paesi con la più complicata struttura politica del mondo. Gli abitanti del paese eleggeranno tre presidenti (esatto: tre) che si alterneranno alla presidenza ogni otto mesi per i prossimi quattro anni. Saranno anche rinnovati la camera bassa del parlamento, i parlamenti delle due “entità” in cui è diviso il paese e i loro rispettivi presidenti. Attualmente al parlamento c’è una maggioranza relativa di centro sinistra e il governo è guidato da Vjekoslav Bevanda, del partito conservatore Unione Democratica Croata di Bosnia ed Erzegovina. I seggi chiuderanno alle 19 ora locale (è uguale a quella italiana). Secondo Agence-France Presse i primi risultati dovrebbero arrivare attorno a mezzanotte.
Chi e cosa si elegge, messo in ordine
Partiamo dai tre presidenti: la Bosnia ed Erzegovina è divisa in tre principali gruppi etnico-linguistici-religiosi: i bosgnacchi (musulmani), i croati (cattolici) e i serbi (ortodossi). Ognuna di queste tre componenti elegge un presidente che a turno, per otto mesi, esercita il suo mandato nel corso di quattro anni. I presidenti nominano il primo ministro che deve ricevere la fiducia della camera bassa, che sarà eletta con il voto di oggi: in che modo sarà eletta, è spiegato con la questione delle “entità”, in cui è diviso il paese.
La Bosnia ed Erzegovina è divisa nella Federazione della Bosnia ed Erzegovina – abitata in prevalenza da bosgnacchi e croati – e nella Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina – abitata in prevalenza da serbi. Due terzi dei 42 membri della camera bassa vengono eletti dalla Federazione e un terzo dalla Repubblica. Queste due entità sono il risultato degli accordi di pace di Dayton del 1995 che misero fine alla guerra etnico-religiosa cominciata in Bosnia ed Erzegovina nel 1992. A complicare ulteriormente le cose c’è anche una terza “entità”, il distretto di Brčko, ricavato prendendo del territorio da entrambe le entità, ma supervisionato da un rappresentante internazionale, l’Alto Rappresentante, nominato dal gruppo di 55 paesi e agenzie internazionali che promossero gli accordi di pace del 1995. Di fatto, la Bosnia ed Erzegovina è un paese a sovranità limitata: la comunità internazionale è in attesa di una serie di miglioramenti negli indicatori di democraticità del paese per rimuovere la sua tutela, che è stata spesso molto pesante.
Un po’ di cose sulle elezioni e sulla campagna elettorale
Questo sistema particolarmente complicato ha portato a una certa disaffezione al voto da parte dei bosniaci (alle ultime elezioni hanno votato il 50 per cento degli abitanti del paese) e ad una grossa frammentazione del panorama politico. Per i tre posti da presidente ci sono 17 candidati mentre per le elezioni alla camera bassa si sono presentati 65 partiti diversi riuniti in 25 coalizioni. A causa del sistema proporzionale è molto difficile prevedere quale tra queste forze otterrà il numero maggiore di voti (e in ogni caso, quasi certamente il governo che nascerà dovrà essere un governo di coalizione). Molto probabilmente i risultati migliori saranno ottenuti dai partiti etnici (come il Partito d’Azione Democratica, principale partito bosgnacco, e la croata Unione Democratica Croata di Bosnia ed Erzegovina), cioè quelli mirati esplicitamente a raccogliere i voti di uno dei gruppi religiosi o linguistici in cui è diviso il paese. Ad esempio, l’Unione per un futuro migliore, guidata dall’imprenditore nel settore delle comunicazioni Fahrudin Radoncic, è un partito che cerca esplicitamente di raccogliere il voto dei musulmani.
Il tema principale della campagna elettorale è stata la stagnazione nella quale si trova il paese da oramai quindici anni. La disoccupazione è stabile al 25 per cento mentre l’amministrazione pubblica e la classe politica sono spesso accusate di inefficienza e corruzione. Lo scorso febbraio nel paese ci sono state delle proteste piuttosto violente, che però non hanno portato a un cambiamento nella classe politica. Le varie forze politiche hanno promesso di migliorare la situazione economica nazionale, mentre la campagna elettorale è stata segnata da numerose accuse reciproche di nazionalismo. I serbi sono stati accusati di aver ospitato alcuni nazionalisti cosacchi russi durante le celebrazioni della Seconda guerra mondiale, mentre alcuni musulmani bosgnacchi sono stati accusati di essere partiti per andare a combattere in Siria accanto ai jihadisti.