La storia degli studenti scomparsi in Messico
A Iguala non si trovano 43 ragazzi arrestati dalla polizia due settimane fa: migliaia di persone accusano il governo locale e i poliziotti di essere collusi con il crimine organizzato
Mercoledì 8 ottobre migliaia di persone hanno manifestato in diverse città messicane per chiedere di sapere la verità sulla sorte dei 43 studenti scomparsi il mese scorso a Iguala, città dello stato di Guerrero a circa 200 chilometri a sud di Città del Messico. Si sono tenute enormi manifestazioni a Città del Messico, Oaxaca, Veracruz, Morelia, Guerrero e anche a San Cristobal de las Casas, dove hanno marciato in silenzio i gruppi di ribelli zapatisti dello stato del Chiapas. La storia della sparizione degli studenti è assurda e ancora poco chiara. Da qualche giorno la comunità locale ha cominciato a organizzarsi in gruppi per cercare casa per casa gli studenti scomparsi. Molti residenti di Iguala accusano la polizia e l’amministrazione di essere coinvolti nella sparizione degli studenti, e di non volere raccontare come sono andate veramente le cose.
Il 26 settembre scorso un centinaio di studenti del primo e del secondo anno della scuola di Ayotzinapa (a pochi chilometri da Chilpancingo, capoluogo dello stato di Guerrero) sono partiti con due autobus in direzione di Iguala, a circa 100 chilometri di distanza. Gli studenti avevano “sequestrato” i due autobus con i rispettivi autisti, come succede piuttosto di frequente in queste zone (“Abbiamo il diritto di mettere al servizio del pubblico questi mezzi”, ha detto uno studente della scuola al quotidiano spagnolo El Pais). L’istituto magistrale Ayotzinapa è un posto particolare: gli studenti che vi accedono provengono per la maggior parte da famiglie contadine che coltivano mais e fagioli, dove l’ideologia rivoluzionaria è ancora piuttosto forte. Le decisioni all’interno dell’istituto si prendono nelle assemblee, dove si vota per alzata di mano e dove si rivendica la lotta operaia e contadina. Lo scontro con il governo locale è molto forte: è alimentato dalla povertà e dalla violenza dello stato di Guerrero e dalla corruzione politica diffusa a tutti i livelli dell’amministrazione.
Il 26 settembre gli studenti sono arrivati alla stazione di Iguala e hanno sequestrato altri tre autobus. Con i cinque autobus hanno preso la strada per uscire dalla città, ma sono stati fermati dalla polizia locale. Alcuni studenti a bordo del primo autobus sono scesi a parlare con i poliziotti e hanno tentato di spostare con la forza la loro automobile che bloccava il passaggio: a quel punto la polizia ha cominciato a sparare contro gli studenti, uccidendone due e ferendone un terzo alla testa. Più di quaranta studenti sono stati arrestati, mentre gli altri sono riusciti a scappare verso le colline. Alcuni sopravvissuti si sono presentati la mattina dopo al commissariato locale per avere informazioni sugli studenti arrestati, senza però ottenere alcun risultato. Un ragazzo del primo anno della scuola Ayotzinapa è andato dal medico legale per riconoscere uno dei cadaveri: era senza faccia, ha raccontato poi il ragazzo. Gli avevano tolto la pelle con un coltello e gli avevano staccato gli occhi.
Da allora degli studenti non si sa più nulla. Sabato 4 ottobre è stata scoperta a Iguala una fossa comune con 28 cadaveri: secondo Iñaky Blanco, procuratore generale di Guerrero, i corpi ritrovati potrebbero essere di alcuni degli studenti spariti la settimana precedente. Diversi esperti forensi messicani insieme ad alcuni antropologi argentini stanno analizzando il DNA, ma per i risultati definitivi potrebbero essere necessari da un minimo di due settimane a un massimo di due mesi. Intanto due membri di un gruppo criminale locale hanno detto che 17 dei 43 studenti scomparsi sono stati uccisi non lontano dal posto dove è stata ritrovata la fossa. Un testimone ha anche detto di avere visto 17 studenti nel cortile della procura di Iguala mentre venivano fatti salire su delle auto della polizia (una telecamera di sorveglianza della procura ha confermato questa testimonianza). Juan Diego Quesada, giornalista di El Pais, ha definito la polizia locale “un corpo controllato dal crimine organizzato messicano”.