Come sta l’infermiera spagnola malata di ebola
Le sue condizioni sono peggiorate, mentre per ora non risultano altre persone contagiate: ma più di 50 sono tenute sotto controllo
Le condizioni di salute di Teresa Romero, l’infermiera spagnola di 44 anni affetta dal virus ebola, sono peggiorate nelle ultime ore. La notizia è stata data da suo fratello, José Ramón Romero, che ha parlato con alcuni giornalisti all’esterno dell’ospedale Carlos III di Madrid, dove la paziente è ricoverata dallo scorso 6 ottobre. Successivamente anche Yolanda Fuentes, medico presso la clinica, ha annunciato che Teresa Romero è peggiorata, senza però aggiungere altre informazioni per motivi di tutela della privacy della paziente.
Sempre stando a quanto ha detto suo fratello, Teresa Romero è intubata e inizia ad avere difficoltà a respirare autonomamente. Al momento è sotto la sorveglianza di un gruppo di 14 medici, che stanno valutando un cambiamento di terapia nella speranza di rallentare la moltiplicazione del virus, e di aiutare il sistema immunitario della paziente a superare l’infezione. Contro ebola non esistono vaccini né cure, ma solo terapie palliative per ridurre gli effetti del virus (qui è spiegato più estesamente che cosa succede al corpo umano quando viene infettato da ebola).
Il personale medico ha messo sotto osservazione in ospedale sei persone, che sono state a stretto contatto con Romero nei giorni prima che iniziasse ad avere i primi sintomi da ebola. Una di queste è il marito Javier Limón, che per ora non ha però mostrato alcun sintomo riconducibile all’infezione. Altre persone sotto osservazione sono i medici che hanno avuto in cura Romero prima che fosse confermato il contagio da virus ebola.
Per motivi di sicurezza, fino a ora le autorità sanitarie spagnole hanno tenuto sotto controllo altre 50 persone, che possono comunque restare nelle loro abitazioni. I medici controllano due volte al giorno la loro temperatura e verificano l’eventuale insorgenza di sintomi legati a ebola. Dopo il contagio il virus impiega tra i 4 e i 10 giorni prima di manifestarsi attraverso i sintomi. Le osservazioni e le visite dureranno quindi ancora per diversi giorni.
Romero ha contratto il virus ebola mentre all’ospedale Carlos III erano ricoverati due missionari spagnoli, uno contagiato in Sierra Leone e l’altro in Liberia. Entrambi sono morti a causa della malattia. Secondo la ricostruzione ritenuta più attendibile, seppure rivista e corretta alcune volte, Romero sarebbe entrata nella stanza di uno dei missionari in due occasioni: una per cambiargli l’assorbente e le lenzuola del letto, un’altra per pulire la stanza dopo la sua morte. L’infermiera ha detto di non potere escludere di essersi toccata il viso con uno dei guanti usati nella stanza, mentre si stava togliendo la tuta protettiva.
Intanto a Dallas in Texas, dove mercoledì è morto Thomas Eric Duncan – il primo paziente cui era stata diagnosticata la malattia negli Stati Uniti dopo il suo arrivo dalla Liberia – un agente di polizia è stato messo in isolamento per precauzione: aveva visitato la casa di Duncan e potrebbe essere stato contagiato. Gli Stati Uniti hanno annunciato nuove misure di sicurezza agli aeroporti e sono previsti controlli sanitari più accurati per le persone in arrivo dai paesi dell’Africa occidentale dove è stata registrata la maggior parte di casi di ebola fino a oggi, con oltre 3.400 morti. Infine, in Australia un’infermiera tornata da poco dalla Sierra Leone è stata sottoposta a una serie di test in un ospedale del Queensland: aveva riferito di avere la febbre e di non sentirsi molto bene.