Incatenati ai “conti con il passato”
Guido Vitiello commenta sul Corriere della Sera l'insediamento di una nuova "Commissione parlamentare d'Inchiesta sul caso Moro"
La pagina dei commenti del Corriere della Sera pubblica oggi una riflessione di Guido Vitiello che mette in discussione l’ossessivo rapporto con l’indagine sul passato della politica italiana (non quello della Storia, naturalmente, né quello della Giustizia), che ha appena generato una nuova “Commissione parlamentare di inchiesta” sul caso Moro. Il tema è interessante perché spesso l’impressione è che la giusta ricerca di verità condivise su cui fondare il dibattito politico e le contrapposizioni diventi uno slogan pigro che lega gli sviluppi dei tempi contemporanei a “misteri” che riguardano tutt’altra Italia e vengono usati per contrapposizioni sterili.
La nuova commissione d’inchiesta sul caso Moro ha fatto appena in tempo a insediarsi che già si respira un’aria di déjà-vu. Il suo presidente Giuseppe Fioroni ha dichiarato che «si cambia verso solo se si chiudono i conti col passato» ed è la traduzione in lingua renziana di una frase di Sciascia: «Bisogna rifondare la verità se si vuole rifondare lo Stato». Sciascia, però, lo diceva nell’agosto del 1978, a tre mesi dalla morte di Moro. Che lo si ripeta pari pari trentasei anni dopo indica una volontà di riaprire i conti più che di chiuderli e tradisce un rapporto non proprio sano con il passato. Riuscite a immaginare una commissione americana del 2037 sugli attentati del 2001? L’idea che il Paese non possa «cambiare verso» se prima non ha chiarito le puntate precedenti non si applica solo al caso Moro. La si sente ripetere su ciascuno dei luoghi di scavo dell’archeologia giornalistico-giudiziaria italiana, dalla presunta trattativa Stato-mafia alla stagione delle stragi, dal delitto Pasolini alla P2.
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