Come va il Washington Post di Bezos?
Bene, secondo i commenti su diversi siti e giornali concorrenti, compreso il New York Times: e progetta maggiori integrazioni con Amazon
Il Washington Post è lo storico quotidiano della capitale degli Stati Uniti ed è uno dei giornali più famosi e autorevoli del mondo che, negli anni, si è costruito una solida reputazione soprattutto grazie a inchieste importanti e affidabili (a partire dal caso Watergate) e che ha vinto ben 60 premi Pulitzer. Negli ultimi anni, però, la sua fama è diminuita a tal punto da diventare il classico esempio, scrive il New York Times, del «primo della classe» che si trasforma in un emarginato. Ultimamente, il Washington Post era stato accusato di aver abbassato la qualità dei suoi articoli, Vanity Fair l’aveva definito un «simbolo del declino», New Republic aveva scritto che si trattava ormai «di un giornale allo sbando».
Poi, nell’agosto del 2013 Donald Graham, appartenente alla famiglia che controllava il giornale da quattro generazioni e amministratore delegato di Washington Post Company – società che ora ha un nuovo nome, Graham Holdings – ha accettato di vendere per 250 milioni di dollari il giornale al fondatore e amministratore delegato della società di e-commerce Amazon, Jeff Bezos (la vendita è stata completata nell’ottobre dello stesso anno). La vendita è stata la notizia più clamorosa nel settore degli ultimi tempi, descritta come un caso in cui i successi dell’economia digitale sembravano andare in soccorso delle crisi dei media tradizionali. Poco più di un anno dopo, le cose sembrano in effetti cambiate e in meglio, come notano diversi articoli su siti e giornali concorrenti. E come dice ora in un articolo sul New York Times l’esperto di innovazione e media David Carr, il Washington Post pare tornato ad essere «un problema» per i suoi principali concorrenti.
Questa risalita è legata a diversi motivi riconducibili a loro volta (e in gran parte) sia a Jeff Bezos, che ha creato un clima di fiducia e ottimismo, sia al direttore Martin Baron (in carica dalla fine del 2012) ritenuto un «ottimo giornalista», un «uomo brillante che crede nel potere della notizia», che ha una lunga esperienza e un’influenza positiva sulla redazione (le parole sono di Tom Rosenstiel, direttore esecutivo dell’American Press Institute, importante organizzazione statunitense che si occupa di ricerca, formazione e giornalismo).
Dal punto di vista dei contenuti, il giornale è tornato ad essere luogo di importanti inchieste, come quella che ha esposto i problemi del Secret Service dopo la recente intrusione di un uomo alla Casa Bianca e che ha concorso alle dimissioni della direttrice Julia Pierson; o quella che ha portato alla condanna per corruzione dell’ex governatore della Virginia, Bob McDonnell; o quella che ha fatto vincere al giornale (insieme al Guardian) il Pulitzer per il lavoro sui documenti rivelati da Edward Snowden sulle attività della NSA (il cosiddetto Datagate).
I cambiamenti più importanti dal punto di vista non strettamente giornalistico hanno riguardato (e così i progetti futuri) soprattutto l’online. L’obiettivo di Bezos, spiega un articolo di BusinessWeek, è quello di integrare Amazon e Washington Post. Una delle ultime novità sarà quella di installare gratuitamente sulla prossima generazione di Kindle prodotti da Amazon un’applicazione per la lettura di un magazine con una selezione di articoli e fotografie dal quotidiano. I nuovi lettori di ebook usciranno entro la fine dell’anno, mentre per gli altri sistemi operativi concorrenti l’applicazione sarà a pagamento. Di questa strategia (quella cioè di migliorare e aumentare il traffico dei lettori online) fanno parte anche una serie di accordi con diversi giornali locali per usare parte dei contenuti digitali del Washington Post sui rispettivi siti web.
In più sono state assunte nuove persone (come Kerry Lauerman, ex redattore capo di Salon.com) per lavorare su «iniziative incentrate sulla rapida crescita di lettori da dispositivi mobili» e all’interno della redazione sono stati integrati degli sviluppatori di nuovi software. Non è comunque tutto positivo, dice il New York Times: a settembre è stata annunciata ad esempio l’intenzione di voler eliminare benefit pensionistici e sanitari per un certo numero di lavoratori della testata, ma un centinaio di persone sono state comunque assunte. Comunque sia, secondo gli ultimi dati, nel mese di luglio, i visitatori unici mensili al Washington Post sono cresciuti del 63 per cento rispetto all’anno precedente arrivando ormai ad essere più 39 milioni.