iPhone 6 Plus, che non è un telefono
Massimo Mantellini ha passato una settimana col nuovo coso di Apple, quello grande (la padella, dice sua moglie)
di Massimo Mantellini – @mante
L’idea è questa: vado a Milano, salgo all’ultimo piano di un bel palazzo del centro con vista sulla Madonnina, chiacchiero una mezz’ora con due gentili giovanotti venuti appositamente dalla California, poi torno a casa, molto curioso di provare i nuovi iPhone della serie 6. È un giovedì pomeriggio, di lì a poche ore i primi entusiasti inizieranno a mettersi in fila davanti agli Apple Store italiani per il primo giorno di vendita dei nuovi modelli.
Poi lascio passare un po’ di tempo.
In realtà basta qualche ora per capire che su uno dei due nuovi telefoni appena messi in vendita da Apple non c’è moltissimo da dire. Al di là delle informazioni tecniche sul nuovo modello, sulla CPU, la densità dei pixel del nuovo schermo più grande ed altre simili faccende che tutti i siti web ed i quotidiani ripetono a pappagallo, iPhone 6 è semplicemente un nuovo iPhone. Molto bello (molto più bello dei precedenti, secondo me) leggero e velocissimo. Costoso e perfettamente oleato in quella simbiosi fra hardware e software che solo i telefoni Apple sanno avere. iPhone 6 è la continuità tranquilla di un prodotto di grande successo che invecchia bene e che, come è accaduto finora piuttosto regolarmente, migliora nel tempo. Se vi appassionano le guerre di schieramento fra iOS e Android questo è il momento di smettere di leggere per iniziare ad incrociare le lame.
Invece iPhone 6 Plus è un’altra cosa e prenderci le misure risulta complicato fin da subito. Perché un iPhone così grande (dal vivo è molto più grande di come sembri in qualsiasi foto comparativa) è in grado di spiazzare chiunque, di tracciare una linea immediata fra entusiasti e delusi. E infatti – se ci fate caso – le prime recensioni americane su iPhone 6 Plus sono molto polarizzate: da una parte quelli che pensano sia il miglior smartphone di sempre, dall’altra quelli che si precipitano a restituirlo chiedendo di ritornare al modello di più normali dimensioni.
Forse lasciare passare un po’ di tempo è davvero una buona idea.
Così metto la SIM del mio iPhone 5 dentro il Plus, chiudo il mio iPad mini in un cassetto e decido di passare qualche settimana utilizzando solo il nuovo iPhone grande di Apple. Mi interessa capire alcune cose, la più importante delle quali è se il Plus possa sostituire l’accoppiata iPhone / iPad (i miei compagni di viaggio, ogni santo giorno, da un po’ di anni in qua).
Finalmente, complici anche le generose dimensioni dell’apparecchio, la batteria dura tutto il giorno anche in casi di utilizzo intensivo. E la durata della batteria come sappiamo tutti, non è solo una faccenda tecnica. Io ho contato una media di 10-12 ore di utilizzo intenso e continuato (Web, posta, WhatsApp, notifiche, video, poche telefonate) con una sola carica. La batteria del mio iPhone 5, vecchio di un anno e mezzo, dura circa la metà. Così ora posso uscire di casa al mattino con un solo device al posto di due e nessun cavo.
La qualità delle telefonate, anche di questo ci si accorge immediatamente, è molto migliorata: in compenso portare iPhone 6 Plus all’orecchio provoca qualche leggero imbarazzo. Forse è solo la mia personale idea del ridicolo, la stessa che mi impedisce di fare foto in pubblico sollevando al cielo l’iPad. Mia moglie da parte sua non mi aiuta: mi osserva telefonare con il nuovo aggeggio e per sintetizzare dice: “È un po’ come portarsi all’orecchio una padella”. In effetti un po’ è così: in attesa di un mondo, nemmeno troppo inatteso, nel quale tutti quanti telefonino portandosi una padella all’orecchio.
Lo schermo è fenomenale e non fa rimpiangere quello dell’iPad mini. In una sorta di reductio ad minimum io non ho sofferto a suo tempo grandi differenze nel guardare un video passando da iPad ad iPad mini; il passaggio ulteriore da iPad Mini a iPhone Plus continua ad essere abbastanza indolore. Guardare un film, un video da YouTube o un programma TV è quasi ugualmente piacevole. In ogni caso è possibile, mentre sugli iPhone più piccoli secondo me no.
E tuttavia, insinuante, fin dai primi giorni di prove, ogni volta che impugno il nuovo iPhone grande, mi trovo a pensare alla caffettiera del masochista.
Cerco di scacciare l’idea in nome di una nuova abitudine ancora da perfezionare: prendo altro tempo, ma ogni giorno quell’immagine torna a farmi visita. La Caffettiera del Masochista non è solo il titolo della traduzione italiana di un vecchio libro di Donald Norman sull’usabilità ma è anche, soprattutto, il più famoso degli oggetti impossibili inventati da Jacques Carelman.
iPhone 6 Plus è difficile da maneggiare con una sola mano. Non solo per me che ho mani piccole ma per chiunque. Nonostante l’elegante scorciatoia software del doppio tap sul bottone “Home” (Norman credo apprezzerà) che avvicina al nostro pollice opponibile le icone più lontane, l’impugnatura a una sola mano non è per nulla naturale, nemmeno dopo molti giorni di prove. Gli eleganti bordi arrotondati in alluminio e il modesto spessore fanno il resto (della caffettiera), tanto che il Plus necessita quasi in maniera assoluta di una cover che ne migliori la presa. Non casualmente le cover Apple in silicone e pelle sono molto ben fatte e assolvono egregiamente il compito. Senza cover il Plus è un oggetto bellissimo ma scivoloso come una saponetta bagnata da quasi 1000 euro lasciata sul bordo della vasca.
Piano piano, giorno dopo giorno, comincio a pensare che iPhone Plus non sia un telefono.
La fotocamera è in ogni caso stupefacente, l’autofocus è velocissimo (usa una nuova tecnologia che si chiama “Focus Pixel”), la resa con poca luce molto migliorata. E con questo il secondo dubbio amletico che mi ero tenuto per questa prova sembrerebbe definitivamente risolto. Con iPhone 6 (l’ottica, a parte lo stabilizzatore, è la medesima su entrambi i modelli) non c’è più alcuna ragione per portare in giro, oltre al telefono, anche una fotocamera compatta. Almeno per me, utente medio dalle medie aspettative.
Tornando alla Caffettiera del Masochista durante i primi giorni di utilizzo dell’iPhone 6 Plus continuo a pensare che se da quella caffettiera mi verso il caffè bollente sulle mani la colpa deve essere mia.
Come scrive Norman nel suo libro, in una parte che sembra sia stata pensata per me, è la congiura del silenzio:
Poiché ognuno percepisce la colpa come propria, nessuno vuole ammettere di avere difficoltà con un oggetto così comune. Ciò crea una congiura del silenzio, mantenendo i sentimenti di colpa e di incapacità nella cerchia degli utenti inconsapevoli.
(“La Caffettiera del Masochista”, Giunti Editore, p. 50)
La frase di Norman, scritta nel 1988, è invecchiata molto rapidamente. Oggi non esiste più la congiura del silenzio, esiste semmai la congiura delle folle che è il suo esatto opposto. Tutti su Internet esprimono pareri su qualsiasi cosa e la difficoltà maggiore è quella di scegliere la fazione alla quale iscriversi: i privati sensi di colpa nei confronti degli oggetti sbagliati quasi non esistono più (in compenso sono molto aumentati i pubblici biasimi anche per gli oggetti giusti).
Così mentre cerco di capire in rete se anche altri hanno i miei stessi problemi mi sta sfuggendo il centro della mia relazione con iPhone 6 Plus che non riguarda tanto il fatto che sia un oggetto sbagliato (come le mie sensazioni cercano di raccontarmi da giorni), ma che semplicemente si tratta di un oggetto diverso.
L’intimità tecnologica sarà uno dei temi centrali della discussione pubblica dei prossimi anni ma benché il suo centro pulsante riguardi i computer indossabili (e ahinoi più avanti forse anche quelli impiantabili) la sua storia è già silenziosamente iniziata qualche anno fa. Il telefono cellulare, che da quando è connesso a Internet estraiamo dalla tasca centinaia di volte al giorno, con i suoi paradigmi di portabilità e aderenza al nostro corpo (alle nostre mani certamente ma anche alle nostre tasche) è silenziosamente già diventato una parte di noi. È un’estensione non umana ma che il nostro corpo e la nostra mente riconoscono come adeguata.
E allora semplicemente, il dubbio che mi porto dietro da qualche settimana, se l’iPhone grande sia giusto o sbagliato per me, se io debba preferire quello al più “normale” iPhone 6, riguarda semplicemente i confini di questa intimità. Adoro il Plus, lo trovo formidabile, ma se conosco me stesso un oggetto simile non potrà diventare parte di me, esattamente come non lo è diventato negli anni il portatile dal quale sto scrivendo. Non si tratta di un giudizio di valore ma della descrizione di un perimetro all’interno del quale alcuni oggetti della nostra vita acquistano un nuovo status.
iPhone 6 e iPhone 6 Plus si assomigliano ma sono oggetti non paragonabili. E non esiste definizione peggiore di phablet per confonderci le idee al riguardo. Perché quella brutta parola descrive una continuità inesistente. iPhone 6 è una protesi tecnologica del nostro corpo, imperfetta come si addice ai tempi, iPhone 6 Plus è un’altra cosa, un oggetto affascinante ma fuori dal perimetro della nostra intimità.
Così, ora il dubbio principale di questa non recensione, cioè provare a capire quale dei due nuovi telefoni di Apple sia più adatto a me, si è trasformato definitivamente in una domanda senza risposta.