Cos’è il Sinodo sulla famiglia
È l'assemblea consultiva del Papa, si apre oggi e durerà due settimane: si occuperà, fra le altre cose, di credenti divorziati e coppie gay
Si è aperto oggi in Vaticano il Sinodo dei vescovi, un’assemblea rappresentativa di cardinali e vescovi della chiesa cattolica presieduta dal Papa (è in pratica un organo “consultivo” di cui dispone il Papa). È stato convocato in maniera “straordinaria” da Papa Francesco nell’ottobre del 2013 e avrà come titolo “Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione” (un altro Sinodo “ordinario” che tratterà lo stesso tema è previsto per il 2016). Si concluderà fra due settimane, il 19 ottobre. L’assemblea si occuperà di temi molto delicati per la chiesa, che negli ultimi anni sono stati oggetto di discussione: fra le altre cose, come spiega il documento preparatorio diffuso dalla segreteria del Sinodo, si parlerà del trattamento riservato all’interno della chiesa ai credenti divorziati, dell’atteggiamento da tenere nei confronti delle coppie omosessuali e in generale del rapporto fra chiesa e società sui concetti di famiglia e sessualità. Sarà integrato nella discussione anche un documento contenente le risposte a un “questionario” relativo ai temi del Sinodo inviato nel novembre del 2013 a tutte le parrocchie del mondo.
Il papa ha inaugurato ieri l’apertura del Sinodo con una veglia di preghiera, alla quale stamattina è seguita un’apposita messa tenuta nella chiesa di San Pietro. Durante la veglia di preghiera di ieri sera, il papa ha auspicato che durante il Sinodo si tenga «un confronto sincero, aperto e fraterno» che riesca ad occuparsi «degli interrogativi che questo cambiamento d’epoca porta con sé».
ll Sinodo – parola che viene dal greco syn-hodos, letteralmente “camminare insieme” – è stato istituito nel 1965, viene convocato regolarmente ogni 3-4 anni ed è una specie di assemblea dal potere “consultivo”. Discute di pratiche e dottrine della chiesa riguardo le quali il Papa, al termine della consultazione, pubblica un documento finale. In passato il Sinodo è già stato convocato varie volte in seduta straordinaria: è successo per esempio nel 2010 per discutere della questione del Medio Oriente, e diverse volte nel corso degli anni Novanta per occuparsi di problemi relativi a un singolo continente. Parteciperanno a questo Sinodo, oltre ai 191 vescovi rappresentanti delle varie nazioni in cui è presente la chiesa, 16 “esperti” dei temi che verranno affrontati e 38 uditori, in cui sono compresi i membri di 13 coppie sposate.
Negli ultimi anni, come è noto, la chiesa cattolica e molti suoi fedeli hanno tenuto delle posizione molto rigide sulla maggior parte degli argomenti di cui si tratterà nel Sinodo: la chiesa, e molti dei suoi esponenti, si sono espressi più volte contro la possibilità di abortire, contro il riconoscimento dei diritti per le coppie omosessuali, e contro la possibilità che i credenti divorziati possano ricevere il sacramento dell’eucarestia. L’affermazione di queste posizioni è culminata in una manifestazione chiamata “Family Day” e indetta da molte associazioni cattoliche per il 12 maggio 2007, a Roma, quando l’allora governo di Romano Prodi stava cercando di far approvare una legge sulle unioni civili (poi abbandonata). Alla manifestazione furono presenti diversi politici molto noti, fra cui l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e gli allora ministri del governo di centrosinistra Clemente Mastella e Giuseppe Fioroni.
Recentemente, però, ci sono stati diversi segnali di “apertura” nei confronti di qualcuno di questi problemi, che potrebbero essere il segnale di una differenza di vedute anche molto ampia all’interno della stessa comunità di vescovi e fedeli. All’inizio del 2014, per esempio, è emersa una concezione molto più morbida e comprensiva sulla questione dei fedeli divorziati, contenuta poi in una relazione del cardinale tedesco Walter Kasper, considerato molto vicino a Papa Francesco. Lo stesso Papa Francesco, nel luglio del 2013, aveva detto a un giornalista che la dottrina della chiesa impedisce di «discriminare o emarginare» le persone omosessuali.